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Sentenza

 Gli avvocati che aderiscono al concordato preventivo biennale continuano a ver...
Gli avvocati che aderiscono al concordato preventivo biennale continuano a versare i contributi sulla base del reddito effettivamente prodotto. È quanto chiarisce Cassa Forense con un avviso pubblicato sul proprio sito, per gli iscritti che decidono di aderire al CPB entro il prossimo 31 ottobre.
Cos’è il CPB

Introdotto dagli articolo 6 e seguenti del Dlgs n. 13/2024, in attuazione della legge delega per la riforma fiscale, il concordato preventivo biennale, si ricorda, è una sorta di “patto con il fisco” che consente per due anni di pagare le tasse sulla base di una proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate, in virtù dei dati a disposizione dell’amministrazione e dei redditi dichiarati dal contribuente.

L’opzione si rivolge sia ai soggetti che applicano gli ISA che ai forfettari (prima per un anno, poi a regime per due). Chi aderisce alla proposta di CPB, in buona sostanza, accede a specifici benefici premiali ed è escluso dagli accertamenti tributari.

L’adesione alla proposta di CPB va effettuata entro il 31 ottobre 2024, ovvero entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi per il periodo di imposta 2023.

I chiarimenti della Cassa sul CPB

Alla luce di quanto premesso, Cassa Forense ritiene di dover fornire un chiarimento ai propri iscritti. Nell’avviso l’ente previdenziale degli avvocati specifica che “il decreto 13/2024, che ha introdotto il concordato preventivo biennale, all’articolo 30 prevede che: «Gli eventuali maggiori o minori redditi ordinariamente determinati, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rilevano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi nonché dei contributi previdenziali obbligatori»”. Proprio tale inciso, spiega ancora la Cassa, ha spinto l’Adepp, l’associazione che rappresenta le Casse di previdenza dei professionisti, a fare un comunicato per chiarire che, sul fronte previdenziale, “questa norma non si possa applicare agli enti di previdenza cosiddetti privatizzati, perché oltre a lederne l’autonomia potrebbe incidere sulla stabilità finanziaria”.

“I Presidenti delle Casse di previdenza private aderenti ad Adepp – si legge infatti nel comunicato ufficiale - confermano che il concordato previsto dal D.Lgs. 13/2024 non produce alcun effetto in ordine agli obblighi contributivi cui sono assoggettati i propri iscritti”.

Ciò in quanto “la disposizione di cui all’art. 30, se applicata alle Casse, si rivelerebbe lesiva dell’autonomia gestionale, organizzativa e contabile di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 509/94 anche in virtù della circostanza che la gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di lungo periodo mediante l’adozione di provvedimenti coerenti con gli equilibri di bilancio, come anche sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 7/2017”.

Da qui, la chiosa dei professionisti secondo cui “anche sulla base della giurisprudenza consolidatasi nel corso degli anni – la disposizione contenuta nell’art. 30 del decreto 13/2024, non è applicabile alle Casse - ferma restando la possibilità per ogni singolo Ente di assumere una propria e autonoma decisione in merito”.
Avv. Antonino Sugamele

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