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Sentenza

Il diritto al rimborso delle imposte pagate in eccedenza viene prescritto dopo 2...
Il diritto al rimborso delle imposte pagate in eccedenza viene prescritto dopo 2 anni dalla mancata indicazione in dichiarazione
Cass. civ., sez. VI-T, ord. 18 ottobre 2022, n. 30503

Presidente Luciotti – Relatore Putaturo Donati Viscido di Nocera

Rilevato in fatto che:

- l'Agenzia delle entrate, in persona del Presidente pro tempore, propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, aveva rigettato l'appello proposto nei confronti di Algio s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 475/05/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Avellino di accoglimento del ricorso della contribuente avverso diniego di rimborso Iva per l'anno 2013;

- la CTR, per quanto di interesse ha osservato che anche l'errata indicazione del credito Iva nella dichiarazione per il 2013 (non nel pertinente campo del modulo ai fini del rimborso ma in quello relativo alla richiesta di utilizzazione del credito in compensazione o in detrazione nell'anno successivo), purché risultante dalla documentazione contabile, doveva ritenersi quale istanza di rimborso soggetta alla prescrizione decennale e non al termine D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, con conseguente tempestività della istanza presentata il 5.12.2017; era infondata la doglianza dell'Ufficio in ordine all'origine dell'eccedenza Iva chiesta a rimborso, essendo stata la sussistenza del credito già valutata dal giudice di primo grado e avendo l'appellante riproposto la medesima contestazione senza alcun vaglio critico della decisione di primo grado; anche, la censura relativa alla natura di società di comodo della contribuente risultava priva di qualsiasi prova;

- la contribuente è rimasta intimata;

- sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

Considerato in diritto che:

- con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, per avere la CTR ritenuto erroneamente tempestiva l'istanza di rimborso Iva presentata il 5 dicembre 2017, oltre il termine biennale di cui all'art. 21 cit., in relazione al credito maturato nel 2013, esposto nella dichiarazione presentata per quell'anno, il 16.4.2014, nel rigo RX45, relativo alla utilizzazione dello stesso in compensazione o detrazione nell'anno successivo e non già nel rigo RX44 denominato "Importo di cui si chiede il rimborso", non manifestando alcuna volontà di ottenere il rimborso dell'eccedenza Iva;

- con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per avere la CTR disatteso le censure dell'appellante Agenzia - concernenti l'assunta insussistenza del diritto al rimborso della contribuente e la dedotta esistenza delle condizioni per qualificare la società come c.d. di comodo- con una motivazione apparente limitandosi a motivare per relationem riportandosi alla sentenza del giudice di primo grado senza esternare le ragioni della decisione e l'iter logico-giuridico sotteso ad essa;

- con il terzo motivo, si denuncia, in subordine, la violazione e falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, e del D.L. n. 138 del 2011, art. 2, commi da 36 decies a duodecies, per avere la CTR erroneamente ritenuto inapplicabile alla contribuente, quale società in perdita sistematica, la disciplina delle società c.d. di comodo implicante limitazioni all'utilizzo e rimborso del credito Iva;

- il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti;

- la giurisprudenza più recente, ma ormai consolidata, di questa Corte è nel senso che, in tema di IVA, l'esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendosi solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, attraverso lo strumento della rettifica della dichiarazione cfr. Cass. 30 settembre 2011, n. 20039). Ove il credito di imposta sia già desumibile dalle dichiarazioni del contribuente e non sia contestato dall'Amministrazione finanziaria, non è infatti necessaria una specifica istanza di rimborso, che costituisce solo il presupposto di esigibilità per l'avvio del relativo procedimento, per cui non trova applicazione il termine biennale di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, ultima parte, ma solo quello di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c., atteso che l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso (v. Cass. sez. 5, n. 5938 del 2019; Cass. sez. 5 n. 4559 del 22/02/2017 Rv. 643105 - 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20678 del 01/10/2014 Rv. 632503 - 01; Cass. 27 marzo 2013, n. 7706; 11 settembre 2012, n. 15229). Siffatta impostazione è coerente con la giurisprudenza formatasi con riferimento alle imposte sui redditi, in base alla quale qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d'imposta non occorre, da parte sua, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento, ma egli deve solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione (l'interpretazione seguita e', altresì, coerente con la disciplina unionale secondo cui le misure adottate dagli Stati membri per l'adempimento degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, nonché per assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e per evitare frodi non possono mai porre in discussione il diritto alla detrazione dell'I.v.a. (cfr. Corte Giust. 8 maggio 2008, Ecotrade);

-la Corte ha specificato che per la domanda di rimborso dell'eccedenza d'imposta è sufficiente la manifestazione di una volontà diretta all'ottenimento del rimborso mediante la compilazione nella dichiarazione annuale del quadro "RX4", anche se non accompagnata dalla presentazione del modello ministeriale "VR", cui è subordinata l'esigibilità del credito (cfr. Cass. 9 ottobre 2015, n. 20255; Cass. 15 maggio 2015, n. 9941; Cass. civ., 28 giugno 2018, n. 17151; Cass. n. 1146 del 2018; n. 24006 del 2019);

- peraltro, il quadro RX4 contiene due possibili destinazioni del credito IVA: la compensazione/detrazione ovvero il rimborso, sicché la volontà del contribuente di esercitare il diritto al rimborso, con conseguente prescrizione decennale del credito, deve essere chiaramente manifestata nella dichiarazione annuale, con la compilazione del quadro RX4 nella parte relativa al rimborso;

- invero, si è chiarito che "la domanda di rimborso del credito IVA deve essere tenuta distinta da quella di compensazione dell'imposta con altro debito fiscale, sicché, laddove l'istanza del contribuente sia formulata in termini di compensazione, e non denoti l'inequivocabile volontà di ottenere il rimborso del credito (mediante l'indicazione del credito nel quadro "RX4" nella dichiarazione annuale), non si applica il termine ordinario decennale di prescrizione, bensì quello di decadenza biennale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2" (Cass. n. 30168 del 22/11/2018; Cass. n. 19764 del 22 settembre 2020);

- quindi il principio secondo cui il rimborso di eccedenze di imposta relative a imposte sui redditi può essere richiesto entro il termine decennale di prescrizione, opera nel caso in cui il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d'imposta, indicando l'opzione per il rimborso dell'eccedenza di imposta. In questo caso non trova applicazione, ai fini dell'ammissibilità dell'istanza di rimborso del relativo importo, il rispetto del termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, perché in tal caso l'amministrazione deve ritenersi edotta della richiesta di rimborso per effetto della presentazione della dichiarazione, senza che sia necessaria una apposita istanza (Cass., Sez. U., 7 febbraio 2007, n. 2687; Cass., Sez. V, 17 giugno 2009, n. 14025; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2014, n. 21734). In assenza della indicazione della relativa richiesta nella dichiarazione dei redditi, l'amministrazione finanziaria non può ritenersi edotta della volontà del contribuente di ottenere il rimborso dell'eccedenza di imposta in luogo dell'utilizzo della stessa in compensazione (Cass., sez. 6-5, n. 20696 del 30 settembre 2020);

- nella specie, la ricorrente ha riprodotto, per specificità, copia della dichiarazione del periodo di imposta dell'anno 2013, dalla quale risulta l'indicazione del credito nel quadro RX al rigo RX45 - quale casella relativa alla utilizzazione in compensazione o in detrazione - e non già al rigo RX44 - quale sezione preposta all'indicazione dell'importo di cui si chiede il rimborso;

- nella sentenza impugnata, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere non applicabile il termine di decadenza di cui all'art. 21 cit., anche nel caso di indicazione del credito di imposta, nella dichiarazione per il 2013, non nel campo del modulo ai fini del rimborso (RX44) ma in quello dell'utilizzazione del credito in compensazione o in detrazione (RX45) nell'anno successivo, atteso che, in tal modo, alla luce della giurisprudenza richiamata, la contribuente non ha espresso la volontà di chiedere il rimborso del credito d'imposta, avendo soltanto indicato che il credito sarebbe stato utilizzato mediante compensazione/detrazione;

- ne consegue che, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR, trova applicazione non già l'ordinario termine di prescrizione decennale ma - così come evidenziato dall'Agenzia delle entrate - il termine di decadenza biennale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, pacificamente decorso alla data della presentazione dell'istanza di rimborso;

- in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; la sentenza impugnata va cassata e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell'originario ricorso della contribuente;

- si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dei gradi di merito, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso della controricorrente; condanna la società contribuente al pagamento in favore dell'Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4.100,00, per compensi oltre spese prenotate a debito.
Avv. Antonino Sugamele

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