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Sentenza

I prelievi ingiustificati dei piccoli artigiani in banca non sono ricavi in nero...
I prelievi ingiustificati dei piccoli artigiani in banca non sono ricavi in nero
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 18 maggio – 5 ottobre 2017, n. 23162
Presidente Cappabianca – Relatore La Torre

Ritenuto in fatto

L'Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 102/2/11, dep. il 14 luglio 2011, che su ricorso contro avviso di accertamento basato su indagini bancarie in assenza di documentazione contabile, per IVA, Irpef, Irap anno 1999 proposto da R.I., esercente attività di assemblaggio articoli per l'infanzia, senza dipendenti, presso l'abitazione della madre, ha accolto parzialmente l'appello del contribuente, "riducendo il maggior reddito accertato ai fini di tutte le imposte accertate, relative sanzioni e interessi". In particolare la C.T.R., preso atto che l'accertamento era stato legittimamente condotto sulla base di verifica dei movimenti bancari in assenza di contabilità, e confermato l'accertamento sulla base dei versamenti bancari, ha accolto la domanda del contribuente relativa alla esclusione dei prelievi bancari dai ricavi di esercizio.
R.I. è rimasto intimato.

Considerato in diritto

1. Col primo motivo del ricorso l'Agenzia delle entrate deduce violazione di legge, degli artt. art. 32 comma 1 n. 2 del dpr. 600/73; art. 51 comma 2 n. 1 dpr 633/72; artt. 2697, 2727, 2729 c.c.; lamenta, con riferimento all'IRAP, che spettava al contribuente la dimostrazione che i beneficiari dei prelevamenti erano estranei all'attività d'impresa.
2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge, dell'art. 51, comma 2 n. 2 dpr. 633/72 e artt. 6 e 8 d.lgs. 471/97, per avere la C.T.R., con riferimento all'IVA, totalmente annullato il recupero degli acquisti senza fattura, in mancanza della prova richiesta e non fornita dal contribuente, così esonerandolo dalla sanzione per omessa regolarizzazione degli acquisti senza fattura nonostante la sussistenza della violazione.
3. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati e vanno respinti.
3.1. Premesso che la C.T.R., con accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha qualificato il contribuente, in base alle caratteristiche della sua attività, lavoratore autonomo, le censure sono infondate alla luce della sentenza 24 settembre 2014, n. 228, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, qualificando la presunzione posta dalla citata norma (Cass. n. 23041 del 2015), essendo definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva, spostandosi, quindi, sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi (v. Cass. n. 23041 del 11/11/2015, n. 12781 del 21/06/2016).
3.2. Data l'estensione al caso in esame degli effetti della pronuncia di incostituzionalità dell'art. 32 d.P.R. 600/73, costituendo l'efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale principio generale (che trova un unico limite, non ricorrente nel caso di specie, nei rapporti esauriti in modo definitivo), il ricorso va rigettato e va corretta la motivazione della sentenza impugnata nei termini di cui sopra.
4. Nulla sulle spese, non avendo l'intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Avv. Antonino Sugamele

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