Il medico è convenzionato? Non paga Irap. Si alla restituzione delle somme versate in autoliquidazione.
Comm. trib. reg. Palermo, (Sicilia), sez. XXIX, 03/12/2015, (ud. 19/10/2015, dep.03/12/2015), n. 4995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI PALERMO
VENTINOVESIMA SEZIONE
riunita con l'intervento dei Signori:
ZINGALE PINO - Presidente
LENTINI GERLANDO - Relatore
LAPORTA ADRIANA - Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sull'appello n. 5893/2011 depositato il 27/10/2011
- avverso la sentenza n. 215/2010 Sez:3 emessa dalla Commissione Tributaria Provincia di TRAPANI
contro:
S.G.
VIA (omissis...) 91027 P.
difeso da:
AVV. CUTI LAURA
VIA (omissis...) 90100 PALERMO
e da
AVV. PITRUZZELLA DOMENICO
VIA (omissis...) 90144 PALERMO
proposto dall'appellante:
AG. ENTRATE DIR. PROVIN. UFF. CONTROLLI TRAPANI
Atti impugnati:
DINIEGO RIMBORSO IRAP 2003
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Avverso il silenzio/rifiuto dell'istanza di rimborso IRAP, spedita con raccomandata (omissis...), per gli anni 2003,2004,2005 e 2006, ricorreva il contribuente S.G., esercente l'attività di medico pediatra convenzionato con il S.S.N., chiedendo il rimborso dei versamenti autoliquidati e volontariamente versati in autotassazione negli anni sopra indicati, sostenendo la loro illegittimità anche con riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 156/2001 che aveva deciso la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 446 del 1997.
Il ricorso accolto con sentenza resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Trapani, su gravame dell'Ufficio, è in trattazione avanti questa CTR perché l'impugnata decisione, per la dedotta unica eccezione, sia riformata con l'adozione delle seguenti conclusioni: " accogliere il presente appello e, per gli effetti, riformare la sentenza impugnata; - condannare, ex art. 15 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la controparte al pagamento delle spese processuali ".
Si costituisce il contribuente per dedurre infondato l'appello e conclude per la conferma della sentenza impugnata e la condanna dell'A.F. alle spese del giudizio.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'IRAP non colpisce né il reddito (nelle sue diverse definizioni: reddito-entrata, reddito-prodotto, reddito-consumo), né il consumo, né il patrimonio: il suo presupposto consiste "... nell'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi".
La Circolare Ministeriale n. 141/1998 ha riconosciuto che "l'obiettivo che il legislatore ha inteso perseguire è quello di escludere dall'ambito di applicazione del tributo tutte quelle attività che, pur potendosi ricondurre astrattamente all'esercizio d'impresa, di arti o professioni, non sono tuttavia esercitate mediante un'organizzazione autonoma da parte del soggetto interessato".
La Corte Costituzionale con la sentenza 21 maggio 2001, n. 156 ha affermato che il presupposto che giustifica il prelievo IRAP non sussiste nel caso di un'attività professionale svolta in assenza di elementi di organizzazione, in quanto "... risulterà mancante il presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive (con conseguente inapplicabilità dell'imposta stessa.
L'IRAP non è un'imposta sui redditi ma un'imposta che colpisce con carattere di realità un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell'attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione. Essa, dunque, non colpisce il reddito personale del contribuente, bensì il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. Mentre l'elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa d'impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l'attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un'attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitale o lavoro altrui".Nessuna sentenza è riuscita a confondere così tanto gli operatori come quella della Corte Costituzionale sull'IRAP (n. 156/2001), riguardante la soggezione dei lavoratori autonomi al tributo. La sentenza ha dato origine a un infinito contenzioso, con sentenze da parte della Corte di Cassazione tutte "costituzionalmente orientate" ma spesso di segno opposto. La questione ruota attorno al fumoso concetto di autonoma organizzazione, che deve sussistere in capo al lavoratore autonomo affinché scatti il presupposto impositivo IRAP. Ancora una volta, la Corte di Cassazione ha cambiato idea (in senso favorevole per il contribuente) per quanto concerne la debenza del tributo per i professionisti (in particolare i medici) che si avvalgono di un dipendente part-time.
Si pensava che la questione fosse risolta con la sentenza del Collegio di Piazza (omissis...) a Sezioni Unite che ha avuto modo di affermare: "in tema di IRAP, l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzate riferibili ad altrui responsabilità e interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che costituiscono nell'attualità il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle predette condizioni" (SS.UU. n. 12108 del 2009 e Cass. n. 8556 del 2011).
Sulla scia di tale importante sentenza si era generata un'equazione che portava a riconoscere la sussistenza dell'autonoma organizzazione, e quindi la riconducibilità delle attività professionali nell'ambito applicativo IRAP, ogniqualvolta ci fosse la presenza di personale, anche part time con mansioni di segretariato e persino con funzioni meramente accessorie di pulizia (Cass. 3676/2007 - 5012/2007 - 187472/2008 - 21563/2010 - 11892/2012 e 14034/2012).
Con una serie di sentenze del tutto innovative i Giudici della Suprema Corte si discostano dall'orientamento finora seguito ritenendo che il fatto che un medico dia lavoro a un dipendente part time non implica l'obbligo di assoggettamento ad IRAP. Il piccolo professionista è infatti tenuto al pagamento del tributo solo nel caso in cui la sua organizzazione sia "un elemento potenziatore ai fini della produzione di reddito." Interessanti le motivazioni che hanno portato i Giudici di legittimità a scardinare l'equazione che addebitava l'IRAP ai professionisti con una segreteria part-time alle dipendenze, in quanto per i medici di base convenzionati con si S.S.N i giudici hanno ritenuto che:
"... la presenza di un solo dipendente part-time addetto allo studio non costituisce di per sé un elemento tale da concretizzare il presupposto di autonoma organizzazione" (Cass. 17755 del 27/06/2013);
"E' una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997 non può non ravvisare l'organizzazione in una capacità produttiva che, pur non essendo necessariamente compiutamente autonoma (nel senso di derivare da strutture autosufficienti), deve pur sempre essere impersonale aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista, tale da garantirgli una quota aggiuntiva di profitto." (Cass. Sentenze n. 22020 e 22022 del 25/9/2013).
Il cambio di rotta della Cassazione, da sempre convinti che l'organizzazione di studio con un unico dipendente con funzioni di segretaria per gli appuntamenti non determini di per sé un potenziamento della capacità produttiva, ma sia invece solo una comodità per i clienti, o un mero costo spesso rimborsato dall'ASL, in quanto il reddito è predeterminato in ragione del numero dei mutuati.
La linea di demarcazione, quindi, si fa sempre più sottile e la valutazione sempre più complessa. Sono gli stessi giudici di legittimità ad ammetterlo convinti, comunque, che non esista alcuna alternativa possibile e che l'interpretazione formulata è quella che conduce a "razionalità costituzionale (ed economica i due profili sono strettamente connessi) l'imposizione".
Stando così le cose, si può concludere affermando che è soggetto passivo dell'IRAP chi si avvale, nell'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, di una struttura organizzata in un complesso di fattori che per numero, importanza e valore economico siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo svolgersi (si veda Cassazione 30753/11). Il lavoratore autonomo può essere escluso, invece, quando il risultato economico trovi ragione esclusivamente nell'auto-organizzazione del professionista o, in ogni caso, quando l'organizzazione da lui predisposta (in cui si comprende il personale) abbia incidenza marginale e non richieda necessità di coordinamento (si veda la sentenza della Cassazione 13326/13).
Nel caso oggetto dell'appello della AdE il contribuente libero professionista non è tenuto a pagare l'IRAP perché non è un contribuente costituito in impresa ma è un convenzionato, con il servizio sanitario nazionale, che usufruisce della presenza nello studio di medicina pediatrica di dipendente (possibilmente part-time) che non è elemento sufficiente a determinare la soggezione dei contribuente all'IRAP.
Il principio risulta supportato oltre che dalle sentenze sopra riportate anche di altre due sentenze della Cassazione recenti, una, la n. 8921/2014, l'altra n. 1662/2015.
In conclusione, il motivi unico del ricorso di appello deve essere rigettato, per quanto di ragione. e la sentenza della CTP va confermata per intero.
Le spese di questo giudizio, per la soccombenza, vanno poste a carico dell'AdE e liquidate come in dispositivo.
La Commissione
PQM
P.Q.M.
Rigetta l'appello dell'Agenzia delle Entrate.Condanna l'Ufficio alle spese del giudizio che liquida in € 1.500,00 oltre gli accessori dovuti per legge.
Così deciso in Palermo il 19 ottobre 2015.
17-08-2016 15:33
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