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Sentenza

L'acquisto di una villa con piscina non rientra nelle ipotesi di acquisto con al...
L'acquisto di una villa con piscina non rientra nelle ipotesi di acquisto con aliquota IVA agevolata perchè bene di lusso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 16 settembre – 27 ottobre 2015, n. 21908
Presidente Iacobellis – Relatore Conti

In fatto e in diritto

L'Agenzia delle Entrate di Catania procedeva al recupero della maggiore IVA per la decadenza delle agevolazioni fiscali fruite da B.M.G. e A.S. in relazione all'acquisto della prima casa all'interno del complesso (…).
La contribuente impugnava l'atto innanzi al giudice di primo grado il quale, in relazione alle perizie giurate dei tecnici prodotte dalla contribuente, riteneva non ricorrenti le caratteristiche di cui agli artt. 4 e 6 del Decreto del Ministero dei lavori pubblici del 2.8.1969.
L'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate veniva rigettato dalla CTR della Sicilia con sentenza n. 127/34/13, depositata il 12.3.2013. Il giudice di appello rilevava che erano assenti le caratteristiche delle abitazioni di lusso previste dal D.M. 2.8.1969, non raggiungendo l'immobile la superficie di mq. 240 nè la cubatura di mc. 2000. Aggiungeva che nel caso di decadenza delle agevolazioni in relazione all'assenza dei presupposti di legge il responsabile non era l'acquirente ma il cedente. Peraltro, la CTR di Palermo, con sentenza n. 19/34/13, depositata il 14.1.2013, si era pronunciata in favore della società costruttrice del complesso, annullando l'avviso di accertamento nei confronti della stessa. Pertanto, occorreva conformarsi a detta decisione.
L'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Hanno resistito con controricorso i contribuenti.
Con il primo motivo l'Agenzia deduce la violazione del DPR n. 131/1986, Tariffa 1, art. 1, nota 2 bis, l. n. 408/1949 e successive modifiche, della I. n. 35/1960 e successive modifiche, del dl. n. 1150/1967, conv. nella l. n. 26/1968 e del D.M. 2 agosto 1969.
Con il secondo motivo si deduce il difetto di motivazione della sentenza impugnata, precisando che la CTR non aveva esaminato tutti i profili connessi al carattere di lusso degli immobili richiamati nell'avviso di accertamento. In particolare, secondo l'Ufficio l'avviso di accertamento aveva indicato una serie di requisiti che rendevano l'abitazione di lusso e precisamente che ciascuna villa era dotata di piscina unitamente ad altre caratteristiche correlate alla cubatura ed estensione delle abitazioni.
Con il terzo motivo si deduce la violazione del DPR n. 131/1986, Tariffa 1, art. 1, nota 2 bis l. n. 408/1949, della I. n. 35/1960 e del d.l. n. 1150/1967, conv. nella l. n. 26/1968 e del D.M. 2 agosto 1969. Viene lamentata l'erroneità della decisione nella parte in cui aveva affermato che il responsabile non era l'acquirente ma il cedente, dovendosi ricondurre all'acquirente del bene il recupero dell'IVA indebitamente calcolata nell'atto di compravendita. L'Agenzia chiedeva riunirsi il procedimento con quello definito con sentenza n. 19/34/13, depositata il 14.1.2013, citata nella sentenza impugnata.
Le parti contribuenti hanno dedotto l'infondatezza delle censure ed hanno depositato memoria.
Occorre premettere che non ricorrono i presupposti per la riunione invocati dall'Agenzia risultando definiti i giudizi richiamati dalla stessa con ordinanze di questa Corte nn. 4722 e 4724 del 2015.
Occorre premettere che secondo il Collegio il ricorso non può essere ritenuto manifestamente inammissibile per mancata impugnazione di un capo autonomo della decisione. E' vero che la CTR, ha evidenziato che altra decisione della commissione tributaria della Sicilia, decidendo il ricorso pronunziato nei confronti della società costruttrice del complesso immobiliare, lo aveva annullato. Ma tale circostanza unitamente a quella che aveva indotto lo stesso giudice a conformarsi a tale pronunzia non costituisce una ragione autonoma della pronunzia che ha invece escluso il carattere di lusso del compendio immobiliare delle parti controricorrenti.
Parimenti infondata risulta la dedotta inammissibilità dell'impugnazione in relazione alla definitività delle pronunzie rese da questa Corte in vicende secondo le parti controricorrenti sovrapponibili a quella qui in esame. Ed invero, proprio la lettura delle ordinanze n. 4722/2015 e 4724/2015 di questa stessa sezione rende evidente l'assenza dei presupposti per ritenere non solo che vi sia stato un accertamento di fatto vincolante nel caso qui in esame ma, ancora prima, che vi fosse perfetta coincidenza fra le vicende definite con le decisioni anzidette e quella odierna.
Ciò posto, occorre esaminare con priorità per ragioni di natura logica il secondo motivo che risulta fondato e assorbe l'esame del primo motivo.
L'Agenzia ricorrente, riproducendo l'atto di appello proposto innanzi alla CTR all'interno del ricorso, ha evidenziato di avere esposto fra le altre doglianze, anche la questione relativa all'esistenza, a servizio dell'immobile dei contribuenti, anche di una piscina ad uso esclusivo della superficie di mq 89.Orbene, tale elemento, in astratto idoneo a configurare il carattere di lusso di un'abitazione ai sensi del DM 2.8.1969 art. 4, è stato totalmente pretermesso dalla CTR che si è unicamente incentrata, per escludere il carattere lussuoso dei beni, sulla superficie dell'immobile e sulla sua cubatura.
Anche il terzo motivo di ricorso è fondato.
Giova rammentare, come puntualmente esposto dall'Agenzia ricorrente nel motivo di censura, che in forza della nota Il-bis dell'art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR n. 131/86 l'acquirente, in sede di rogito notarile, richieda l'applicazione del beneficio fiscale in oggetto e renda un'apposita dichiarazione circa la sussistenza dei requisiti previsti. Il comma 4 stabilisce poi che, in caso di dichiarazione mendace, l'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti debba recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l'imposta calcolala in base all'aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione dell'aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30% della differenza medesima.
Orbene, la CTR, nel ritenere che in caso di assenza dei presupposti relativi al carattere di lusso l'errore determinerebbe unicamente la responsabilità del cedente che ha fatturato in modo errato l'operazione commerciale, tralascia di considerare il fermo orientamento di questa Corte secondo il quale in tema di IVA, nel caso in cui la cessione di una casa di abitazione di lusso venga assoggettata, usufruendo indebitamente dell'agevolazione per la prima casa, all'lVA con aliquota del 4%, ai sensi del disposto del n. 21) della parte seconda della Tabella A allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in luogo di quella ordinaria del 20%, l'Ufficio emette l'avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta direttamente nei confronti dell'acquirente dell'immobile medesimo, in quanto l'applicazione dell'aliquota inferiore da parte del venditore dell'immobile è derivata da una dichiarazione mendace dell'acquirente, la quale istituisce - ai sensi dell'art. 1 della nota II-bis della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, richiamato dalla seconda parte del predetto punto n. 21), - un rapporto diretto tra l'acquirente stesso e l'Amministrazione finanzaria- cfr. Cass. n. 26259/2010; Cass n. 10807/2012.
Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalle parti controricorrenti a sostegno della correttezza della pronunzia in parte qua, vanno accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il primo e la sentenza impugnala va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
Accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il primo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Avv. Antonino Sugamele

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