Non e' deducibile il costo dell'incremento del canone di fitto d’azienda se non vi e' una scrittura privata registrata che lo preveda.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 12 giugno – 17 settembre 2014, n. 19593
Presidente Cappabianca – Relatore Federico
Svolgimento del processo
La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con la sentenza indicata in epigrafe - rigettando l'appello della contribuente Cisette s.rl. e dichiarando inammissibile l'appello incidentale proposto dall'Agenzia delle Entrate - confermava integralmente la sentenza di primo grado che, in controversia avente ad oggetto avviso di accertamento ai fini IPERG ed ILOR per l'anno 1996, aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente, mantenendo l'atto impositivo, esclusivamente, in ordine al disconoscimento di costi per incremento del canone di fitto di azienda (aumentato dall'0,5% e al 2% del volume di affari) siccome non previsto da scrittura privata registrata e, quindi, privo di data certa.
In particolare, per quello che qui interessa, il Giudice di appello, rilevato che tra le due società (locatrice e locataria) vi erano legami, per essere i rispettivi legali rappresentanti parenti, riteneva che l'aumento del canone, oltre a non apparire suffragato dalle risultanze di bilancio nè dalla nota integrativa, avesse finalità elusiva quale risultante anche da altri elementi (quali il fatto che la pattuizione integrativa era stata sottoscritta in data 31.12.2006 con decorrenza dal 1.1.1996 e che il verbale di assemblea fosse stata redatto il 30.12.1996 mentre tale aumento non era stato registrato sul libro giornale).
Avverso la sentenza Cisette s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, resistito dall'Agenzia delle Entrate con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4, per avere il Giudice di appello mutato la causa petendi, ovvero rigettato l'appello, sulla base di una rilevata elusione fiscale che non era stata oggetto nè dell'avviso di accertamento nè delle questioni introdotte in giudizio dalle parti. In particolare, la ricorrente - rilevato che l'atto impositivo impugnato aveva, per quello che qui interessa, recuperato a tassazione costi per fitti passivi ritenuti indeducibili per mancanza del requisito della certezza (il relativo contratto non era registrato ed era privo di data certa e gli incrementi dei fitti non erano, comunque, previsti in contratto) - deduce come il Giudice di appello avesse motivato la decisione argomentando la legittimità della pretesa fiscale con l'elusività della operazione (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37 bis) sulla quale non risultava basato l'avviso di accertamento nè le parti avevano disquisito.
2. Con il secondo motivo - rubricato violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis in riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 - la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la C.T.R. pugliese applicato, nella specie, la norma indicata in rubrica il cui ambito di operatività è limitato alle operazioni nominate dal comma 3 tra le quali non rientra quella oggetto di rilievo.
3. Entrambi i motivi vanno disattesi per difetto di conferenza con il decisum.
A parte il richiamo al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis operato dal Giudice di appello al fine di ulteriormente 1 ribadire l'indeducibilità del costo, oggetto di rilievo, siccome finalizzato a intento elusivo, la sentenza impugnata, in coerenza con il contenuto dell'avviso di accertamento e delle questioni dibattute tra le parti, è fondata, anche, su diversa ed autonoma ratio decidendi, idonea a sorreggere la motivazione, laddove viene accertata la mancanza di certezza della spesa che, come espressamente statuito in sentenza, "non appare suffragata dalle risultanze contabili del bilancio al 31/12/ 1996 nè dalla nota integrativa".
3. Con il terzo motivo si denuncia la sentenza impugnata di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere ritenuto indeducibile il costo con motivazione illogica e contraddittoria, proprio perchè risultante dal bilancio e dalla nota integrativa e senza esaminare altri documenti seppur essenziali per la soluzione del caso e ritualmente acquisiti al giudizio.
3.1. Il motivo va incontro alla sanzione di inammissibilità. Lo stesso, infatti, non è corredato dal necessario, a pena di inammissibilità ex art. 366 bis c.p.c. - (applicabile al ricorso per essere stata la sentenza impugnata depositata il 9.10.2007), momento di sintesi che espliciti chiaramente le ragioni per le quali la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria. Ma, ancor prima, il mezzo difetta di specificità non riportandosi il contenuto del bilancio e della nota integrativa mentre si indicano altri documenti che la C.T.R. non avrebbe esaminato (fattura e verbale di assemblea), atti dei quali, al contrario, la Commissione regionale pugliese tiene conto ritenendoli, comunque, non fondanti a fronte delle diverse emergenze documentali (quale, tra le altre, la mancata registrazione dell'operazione sul libro giornale).
3.2. Non sussiste, pertanto, il dedotto vizio motivazionale laddove il motivo, sotto tale profilo, appare teso, inammissibilmente, ad una rivisitazione dell'accertamento in fatto compiuto dal primo Giudice.
In conclusione il ricorso va rigettato e la ricorrente, soccombente, condannata alla refusione in favore dell'Agenzia delle Entrate delle spese del grado come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione in favore dell'Agenzia delle Entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 6.000,00 oltre spese prenotate a debito.
21-09-2014 14:50
Richiedi una Consulenza