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Sentenza

Senza residenza niente benefici prima casa. La dimora saltuaria nell'immobile no...
Senza residenza niente benefici prima casa. La dimora saltuaria nell'immobile non equivale a residenza.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 29 maggio - 17 luglio 2013, n. 17440
Presidente Merone – Relatore Sambito

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 68/01/08 depositata l'11 settembre 2008, la Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, in riforma della decisione della CTP, ha accolto il ricorso proposto da C.R. avverso l'avviso di liquidazione per il recupero delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale, versate in misura ridotta, ex art. 1 nota II bis lett. c del dPR n. 131 del 1986, oltre interessi e sanzioni, non avendo il contribuente rispettato l'impegno a stabilire la residenza anagrafica nel Comune, ove era ubicato l'immobile acquistato entro il termine di diciotto mesi. I giudici d'appello hanno ritenuto che il contribuente aveva dimostrato di aver effettivamente trasferito la sua residenza nella casa acquistata godendo delle agevolazioni, anche se, trattandosi di un immobile in fase di ristrutturazione, non vi dimorava stabilmente, e non aveva potuto avere il suggello ufficiale da parte del Comune.
L'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza con tre motivi. Il contribuente resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Va, anzitutto, disattesa l'eccezione d'inammissibilità del ricorso, per difetto di jus postulandi: non è, infatti, necessario il rilascio in favore dell'Avvocatura dello Stato di una specifica procura riferita al singolo giudizio, essendo applicabile anche all'ipotesi, qui ricorrente - per effetto del richiamo all'art. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, contenuto nell'art. 72 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 - di patrocinio facoltativo e non obbligatorio dell'Avvocatura dello Stato, la disposizione dell'art. 1, comma 2 del R.D. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato (cfr. Cass. SS.UU. 23020/05, Cass. n. 11227/2007, n. 3427/2010).
2. Col primo motivo, la ricorrente deduce, ex art 360, 1° co, n. 3 cpc, la violazione dell'art 21 della L n. 1034 del 1971, in relazione al disposto di cui all'art. 2, co 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, affermando che i giudici d'appello avevano disapplicato il provvedimento emanato dal Comune in cui era sito l'immobile acquistato, senza averne il potere, né poteva essere utilizzata la possibilità di accertamento incidentale, in assenza di impugnazione da parte del contribuente. In conclusione, prosegue la ricorrente, la Commissione di secondo grado, accertando incidentalmente "che il contribuente risiedeva nel Comune di Penna (a differenza di quanto accertato dal Comune medesimo) ha di fatto disapplicato il provvedimento emanato dal Comune in questione", ed, in conseguenza, errato nell'annullare “il provvedimento di liquidazione dell'imposta ed irrogazione delle sanzioni". 3. Rigettata l'eccezione d'inammissibilità del motivo che, contrariamente a quanto genericamente dedotto dal contro ricorrente, è dotato di idoneo quesito, il motivo è fondato per le considerazioni che seguono. 4. Va, anzitutto, ribadito che al giudice tributario - non diversamente dal giudice ordinario – è inibito conoscere principaliter degli atti e provvedimenti amministrativi, e di pervenire ad una decisione di annullamento degli stessi, ostandovi il chiaro disposto della L. n. 2248 del 1865, art. 4, ma ciò non toglie che il medesimo giudice ha il potere di disapplicare non solo gli atti amministrativi generali ed i regolamenti, cui si riferisce l'art. 7, co 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma anche, in forza del principio generale di cui all'art. 5 della citata L. n. 2248 del 1865 e dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, gli atti amministrativi ritenuti illegittimi, costituenti il presupposto dell'atto impositivo impugnato, che siano stati, in qualche modo, investiti dai motivi di censura da parte del contribuente (cfr. Cass. S.U. 6265/06, Cass. 5929/07, n. 9631/2012). 5. Tanto premesso, va rilevato che la ritenuta effettività del trasferimento di residenza del contribuente, a prescindere dalle risultanze anagrafiche, non comporta gli effetti che i giudici di secondo grado, implicitamente disapplicandole, hanno tratto in riferimento all'agevolazione connessa con l'acquisto della prima casa. 6. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, i benefici fiscali per l'acquisto della prima casa spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base alle risultanze anagrafiche, di risiedere (o di lavorare) nel comune dove ha acquistato l'immobile, senza che a tal fine possano essere prese in considerazioni situazioni di fatto contrastanti con le risultanze dette (v. per tutte Cass. n. 1173/2008); un simile principio è dettato in chiara funzione antielusiva, per la considerazione che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato certo, certificativo della situazione di fatto enunciata nell'atto di acquisto (cfr., da ultimo, ord. 1530 del 2012).
7. L'impugnata sentenza che non si è attenuta al suddetto principio va cassata, restando assorbiti i motivi secondo e terzo, coi quali è stato dedotto vizio di motivazione, in relazione alla prova dell'avvenuto trasferimento di fatto della residenza. 8. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può esser decisa nel merito, ex art 384 cpc col rigetto del ricorso introduttivo, non avendo il contribuente trasferito la residenza anagrafica nel Comune dove è ubicato l'immobile nel termine di diciotto mesi.
9. Si ravvisano giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.
Avv. Antonino Sugamele

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