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Sentenza

Padre regala l'azienda agricola al figlio e poi gli vende i terreni. Per il Fisc...
Padre regala l'azienda agricola al figlio e poi gli vende i terreni. Per il Fisco è una cessione di azienda. Il vantaggio tributario è indebito.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 30 ottobre - 24 luglio 2013, n. 17965
Presidente Pivetti – Relatore Iofrida

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 65 del 20/7/2006, depositata in data 24/10/2006, la Commissione Tributaria di secondo grado di Trento Sez. 1 accoglieva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 6/3/2006, dalla Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cles, avverso la decisione n. 82/02/2005 della Commissione Tributaria Provinciale di Trento, che aveva, riuniti distinti procedimenti di impugnazione, annullato due avvisi, notificati nel maggio 2005 a S.F., di liquidazione in rettifica dell'imposta di registro relativa ad una, ritenuta, unitaria operazione di trasferimento, da padre a figlio, di un'azienda agricola, realizzatasi, al fine di evitare l'applicazione delle imposte, di registro ed ipotecaria, nella misura ordinaria, con una cessione dei soli beni mobili organizzati per l'esercizio dell'azienda agricola (animali, quote latte e varie attrezzature) a titolo gratuito, in data 11/6/2002, e con un contratto di compravendita dei terreni e di un edificio adibito a fienile, a distanza di tre anni, in data 24/3/2005; quest' ultimo contratto, in tal modo, era divenuto in effetti assoggettabile, anziché alla applicazione delle imposte di registro ed ipotecaria in misura ordinaria, alle agevolazioni fiscali di cui alla L. n. 604/1954 a favore della piccola proprietà contadina (imposta ipotecaria e di registro in misura fissa).
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il gravame dell'Agenzia delle Entrate, in quanto riteneva artificiosa e perpetrata con intento elusivo, a danno dell' Erario, la scissione del negozio, del 2002, di cessione dell'azienda, costituita dai soli beni mobili, e di quello, del 2005, di vendita dei terreni, a fronte della unitarietà del progetto di cessione dell' azienda, dimostrata dalla continuità, da parte dell'acquirente, dell'allevamento degli animali e dell'azienda, dal 2002 al 2004 (epoca nella quale erano stati stipulati contratti di locazione e di comodato relativi ai terreni, tra terzi ed il F.S., "che non risultava fosse proprietario o conduttore di terreni o di altri beni immobili, all'epoca della cessione a titolo gratuito e sino al giugno 2004", cosicché doveva dedursi che egli avesse necessariamente utilizzato i fondi paterni per assicurare la continuità dell'azienda agricola), attività il cui collegamento funzionale con il terreno non poteva essere scisso.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione il S., deducendo quattro motivi di ricorso per cassazione, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.360 n. 3 c.p.c. (Motivo 1, in relazione all'art.2555 c.c., per avere i giudici tributari ritenuto non realizzata, con l'atto del 2002, una effettiva cessione a titolo gratuito dell'azienda agricola, in difetto di donazione della totalità dei beni, laddove è possibile il trasferimento anche di una parte dei beni aziendali destinati alla gestione produttiva, pur occorrendo per l'esercizio dell'attività l'apporto di beni ulteriori; Motivo 4, in parte, in relazione all'art.20 T.U. Imposta Registro n. 131/1986 ed alla applicazione dell'imposta secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente), e per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, ex art.360 n. 5 c.p.c. (Motivo 2, in relazione al ritenuto venire meno dell'unitarietà dell'azienda ceduta in assenza dei beni essenziali rappresentati dai terreni; Motivo 3, in relazione alla conseguente configurabilità di una donazione di soli beni mobili, non idonei a rappresentare un'azienda e di una successiva compravendita di alcuni terreni di proprietà del S.E.; Motivo 4, in parte, per avere i giudici tributari omesso di considerare i numerosi elementi offerti in prova contraria all'assunto dell' Amministrazione finanziaria, quali il notevole lasso di tempo trascorso tra i due atti, la cessazione della qualifica di imprenditore agricolo in capo al cedente e le mutate condizioni patrimoniali dell'acquirente l'azienda) . Ha resistito l'Agenzia delle Entrate con controricorso, anche eccependo l'inammissibilità dei motivi relativi a vizi motivazionali della sentenza impugnata, per difetto dei cd. momenti di sintesi, prescritti dall'art.366 bis c.p.c.

Motivi della decisione

Prescindendo dai profili di inammissibilità del ricorso, per difetto del quesito di diritto (quanto ai motivi secondo, terzo ed alla parte del Motivo 4, in cui si lamenta violazione ex art.360 n. 3 c.p.c.) e del cd. momento di sintesi, prescritti dall'art.366 bis c.p.c, operante essendo stata depositata la sentenza nell'ottobre 2006, il ricorso è infondato nel merito. Con riguardo al primo motivo, non vi è stata, nella decisione della C.T.R., violazione del disposto dell'art.2555 c.c., avendo i giudici tributari soltanto ravvisato nel caso in esame, esercitando i poteri di interpretazione delle convenzioni intercorse tra le parti, ai sensi degli artt. 1362 e segg. cod. civ., nonché ai sensi dell'art.20 T.U. Imposta di Registro, un contratto a formazione progressiva, o, quanto meno, un oggettivo collegamento strutturale e funzionale tra gli atti stipulati, a distanza temporale l'uno dall'altro, dalle parti, tale da configurare, ai fini dell'imposta di registro, secondo il criterio dettato dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, una effettiva sostanziale unitarietà del fenomeno negoziale. Nel primo atto, del 2002, vi era stata una cessione di una parte dei beni costituenti l'azienda, atto giuridicamente in sé valido (Cass. 21481/2009), essendo configurabile la cessione d'azienda anche nel caso in cui il complesso degli elementi trasferiti non esaurisca i beni costituenti l'azienda o il ramo ceduti, qualora gli stessi conservino un residuo di organizzazione che ne dimostri l'attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all'esercizio dell'impresa, dovendo comunque trattarsi di un insieme organicamente finalizzato "ex ante" all'esercizio dell'attività d'impresa, ma, in concreto, attuato con l'intento elusivo di perseguire un vantaggio fiscale altrimenti non dovuto, stante la mancanza della componente essenziale costituita dai terreni, sui quali si svolgeva e si è svolta, con continuità, dal 2002, l'attività produttiva, la cui proprietà è stata formalmente trasferita, all'acquirente l'azienda agricola, soltanto nel 2 005, al fine di conseguire le agevolazioni fiscali previste dalla L. n. 604/1954 a favore della piccola proprietà contadina.
I motivi secondo e terzo sono del pari infondati, non sussistendo vizi motivazionali nella sentenza impugnata. Invero, gli elementi offerti dal contribuente non erano idonei a confutare la ricostruzione dell'operazione effettuata dall'Amministrazione finanziaria, in quanto non spiegavano, come ribadito in sentenza, il dato fattuale, accertato, della non disponibilità, in capo al S., prima del 2004 (epoca di stipula a parte del medesimo, cessionario dell'azienda agricola, di contratti di comodato e locazione di terreni con terzi) di altri terreni sui quali svolgere l'attività aziendale ed in primis quella di allevamento del bestiame, esercitata comunque con continuità sin dal 2002.
Anche il quarto motivo, involgente sia vizio di violazione di norma di diritto sia vizio motivazionale, è infondato.
Recita l'art.20 T.U. Imposta Registro: "1.l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente".
Detta norma (cfr, Cass. 2713/2002, conforme 14900/2001) attribuisce prevalenza, ai fini dell'interpretazione degli atti registrati, alla natura intrinseca ed agli effetti giuridici degli stessi sul loro titolo e sulla loro forma apparente, vincolando l'interprete a privilegiare il dato economico reale rispetto ai dati giuridico-formali formalmente enunciati, anche frazionatamente in uno o più atti, e perciò il risultato di un comportamento sostanzialmente unitario rispetto ai risultati parziali e strumentali di una molteplicità di comportamenti formali. Così, una pluralità di negozi, strutturalmente e funzionalmente collegati al fine di produrre un unico effetto giuridico finale, vanno considerati, ai fini dell'imposta di registro, come un fenomeno unitario, anche in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva. Proprio in relazione a fattispecie di trasferimento immobili e cessione di azienda con atti separati, si è evidenziato (Cass. 10660/2003} che "In tema di interpretazione degli atti ai fini dell'applicazione dell' imposta di registro, il criterio fissato dall'art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dell'intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti comporta che, nell'imposizione di un negozio, deve attribuirsi rilievo preminente alla sua causa reale e alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche se mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali, cosicché nessun valore preminente può essere attribuito alla diversità di oggetto e di causa relativi a due contratti, per negare il loro collegamento e consentire un intento elusivo di una fattispecie tributaria" (la controversia fiscale concerneva due atti di alienazione, uno di vendita di immobile e l'altro di cessione di azienda, in ordine ai quali l'Ufficio finanziario, per la strumentante del bene immobile all'impresa esercitata in esso dalla venditrice, assumeva il collegamento negoziale elusivo della disciplina tributaria della cessione di azienda, che il giudice di merito aveva escluso con la sentenza cassata dalla Corte con rinvio per la violazione delle regole interpretative enunciate)(cfr. anche Cass.9162/2010 e Cass.15192/2010) .
In sostanza, proprio nell'applicazione dell'imposta di registro, la tecnica antielusiva di riqualificare i negozi giuridici elusivi, in modo da fare emergere, al di là dell'apparenza formale, il vero negozio posto in essere dalle parti, ed, in particolare, di tenere conto non dei singoli contratti isolatamente presi, tutti finalizzati ad un dato risultato, ma dell'intera operazione, trova fondamento nell'art.20 T.U. Imposta Registro.
In generale, poi, il ricorso ad una frammentazione di forme contrattuali, riconducibili ad un'unitaria operazione, al fine, esclusivo o meglio essenziale, di ottenere agevolazioni o vantaggi fiscali, si traduce in una pratica elusiva, in ordine alla quale trova applicazione il concetto di abuso del diritto, elaborato dalla giurisprudenza comunitaria, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio di imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici, ed impone al giudice tributario di considerare l'operazione come un tutto unitario, nella sua essenza, prescindendo dall'accertamento della simulazione o del carattere fraudolento (Cass. Trib. 20398, 22932/2005; Cass.Trib. 21221/2006) . Il divieto dell'abuso del diritta, integrante un principio generale antielusivo dell' ordinamento, ricavabile anche, per i tributi diversi dall'IVA, non armonizzati, non contenenti disposizioni espressamente o con ratio antielusiva, dai principi costituzionali della capacità contributiva e della progressività dell' imposizione, comporta l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di fare discendere dall' operazione elusiva (Cass.3.U. 30055/2008). Sì è cosi affermato che, mentre incombe sull'Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, incombe sul contribuente l'onere di provare l'esistenza di valide ragioni economiche alternative o concorrenti con carattere non meramente marginale o teorico (S.U.30057/2008; Cass. Trib. B772, 10257 e 27646/2008; Cass.Trib. 1465/2009).
Ora, nella fattispecie, i giudici tributari, facendo corretta applicazione dell'art.20 T.U. Imposta Registro e del principio generale sopra richiamato ed interpretando unitariamente l'operazione di trasferimento dell'azienda, attuata attraverso distinti negozi in successione nel tempo, sulla base dei dati fattuali emergenti, con logico ed esaustivo ragionamento, hanno ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento con i quali l'Ufficio ha "correttamente assolto l'obbligo istituzionale dì contestate al S. l'intento di ottenere contributi e/o agevolazioni fiscali e di applicare l'imposta di sua competenza agli atti in esame".
La Corte rigetta il ricorso.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012, attuativo della prescrizione contenuta nell'art.9, comma 2°, d.l. 1/2012, convertito dalla L. 271/2012 (Cass. S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi € 7.400,00, a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.
Avv. Antonino Sugamele

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