Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Tributarista Trapani

Sentenza

Le agevolazione del credito d'imposta (L.388/00) si applicano anche nel caso di ...
Le agevolazione del credito d'imposta (L.388/00) si applicano anche nel caso di assunzione di familiari (nella fattispecie il padre del datore di lavoro).
Cassazione civile  sez. trib.   
Data:     17/04/2013 ( ud. 20/03/2013 , dep.17/04/2013 ) 
Numero:     9298
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                             SEZIONE TRIBUTARIA                          
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. MERONE     Antonio                          -  Presidente   -  
    Dott. CHINDEMI   Domenico                    -  rel. Consigliere  -  
    Dott. SAMBITO    Maria Giovanna Concetta          -  Consigliere  -  
    Dott. CARACCIOLO Giuseppe                         -  Consigliere  -  
    Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi                  -  Consigliere  -  
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso 22569/2008 proposto da: 
    AGENZIA   DELLE  ENTRATE  in  persona  del  Direttore  pro   tempore, 
    elettivamente  domiciliato  in ROMA VIA  DEI  PORTOGHESI  12,  presso 
    l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e  difende  ope 
    legis; 
                                                           - ricorrente - 
                                   contro 
                    P.M.T., elettivamente domiciliato in  ROMA  VIA  F. 
    DENZA 20, presso lo studio dell'avvocato DEL FEDERICO LORENZO, che lo 
    rappresenta  e  difende  unitamente all'avvocato  LAURA  ROSA  giusta 
    delega in calce; 
                                                     - controricorrente - 
    avverso  la sentenza n. 82/2007 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST.  di 
    PESCARA, depositata il 21/06/2007; 
    udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 
    20/03/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI; 
    udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. 
    SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso. 
                     


    Fatto

    La Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, con sentenza n. 82/09/2007, depositata il 21.6.2007, accoglieva l'appello proposto da P.M.T. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pescara n. 83/04/2005, annullando l'avviso di recupero del credito d'imposta, per l'anno di imposta 2004, per l'incremento dell'occupazione L. n. 388 del 2000, ex art. 7, ritenendo mancare un espresso divieto della legge agevolatrice in relazione all'assunzione di un familiare (padre), negando l'applicazione analogica dell'art. 62 T.U.I.R., ritenendo i prospetti paga prodotti idonei a superare la presunzione di gratuita del lavoro del familiare, evidenziando anche, ai fini di tale presunzione, la mancanza di prova del requisito della convivenza. Proponeva ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:

    a) violazione della L. n. 388 del 2000, art. 7, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 62, commi 2 e 3, nonchè dell'art. 12 preleggi, comma 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, ritenendo applicabile alla fattispecie l'art. 62 Tuir e non essendo agevolabile, in base a tale normativa, l'assunzione di un familiare.

    b) violazione dell'art. 2094 c.c., e, in subordine art. 2697 c.c., omessa o efficiente motivazione, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in mancanza dei requisiti normativi per qualificare il rapporto di lavoro come subordinato, non avendo la CTR adeguatamente motivato al riguardo avendo fatto riferimento alla sola esistenza dei prospetti paga.

    L'intimato si è costituito con controricorso nel giudizio di legittimità.

    Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.3. 2013, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
    Diritto
    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. In ordine logico va esaminata, preliminarmente, l'eccezione formulata nel controricorso relativa alla inammissibilità del ricorso dell'agenzia per difetto di procura. Tale rilievo è infondato.

    Ai sensi del D.Lgs. n. 300, art. 72, il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato costituisce una mera facoltà per l'Agenzia, la quale, in assenza di una specifica disposizione normativa, deve richiederlo in riferimento ai singoli procedimenti - anche se non è necessaria una specifica procura -, non essendo a tal fine sufficiente l'eventuale conclusione di convenzioni a contenuto generale tra l'Agenzia e l'Avvocatura (Cass. Sez. U, Sentenza n. 3118 del 14/02/2006).

    Essendosi l'Avvocatura generale dello Stato costituita per la cassazione della sentenza impugnata deve implicitamente ritenersi che sia stato richiesto dall'Agenzia il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato.

    2. Il primo quesito di diritto risulta, dovendosi disattendere le contrarie argomentazioni al riguardo, sufficientemente chiaro, e formulato, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (Corte Cass. SU 30.10.2008 n. 26020; id. SU 2.12.2008 n. 28536; id. sez. lav.

    25.3.2009 n. 7197 id. 3^ sez. 25.5.2010 n. 12712).

    Va, preliminarmente, rilevato che la dedotta mancanza di prova della subordinazione del sig. P.S. nel giudizio di appello non costituisce domanda nuova trattandosi di mera difesa, rientrante nell'ambito della originaria domanda proposta.

    La questione controversa concerne, con riferimento al primo motivo, l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 62 T.u.i.r. nella parte in cui esclude la deducibilità dal reddito delle somme corrisposte per prestazioni lavorative al familiare dell'imprenditore.

    Va, al riguardo rilevato che l'art. 62, comma 2 del T.u.i.r., applicabile "ratione temporis", prevede che "non sono ammesse deduzioni a titolo di compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta dall'imprenditore, dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti, nonchè dai familiari partecipanti all'impresa di cui all'art. 5, comma 4. I compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti".

    Il successivo, temporalmente, L. n. 388 del 2000, art. 7, testualmente recita:"Ai datori di lavoro, che nel periodo compreso tra il 1 ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003 incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato è concesso un credito di imposta. Sono esclusi i soggetti di cui all'articolo 88 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917".

    Il criterio sistematico di interpretazione consente l'applicazione alla agevolazione del credito d'imposta, previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 7, anche nel caso di assunzione di familiari (nella fattispecie il padre del datore di lavoro).

    Va, anzitutto, rilevato che tale ultima normativa è successiva al D.P.R. n. 917 del 1986, e prevede l'esclusione solamente per i soggetti di cui all'art. 88 del T.u.i.r., senza alcuna menzione all'art. 62, che prevede limitazioni in merito all'assunzione dei familiari.

    La normativa sugli incentivi per la nuova occupazione elenca requisiti soggettivi e oggettivi tassativi ai fini della fruizione dei benefici, senza alcun riferimento alla esclusione dSell'agevolazione per l'assunzione dei familiari, dovendosi desumere "a contrario" e non sia esclusa la possibilità di godere dell'agevolazione per l'assunzione dei familiari.

    Per altro, diversa è la "ratio" delle due normative.

    Mentre l'art. 62 T.u.i.r. esenta da tassazione in capo al lavoratore le somme non ammesse in deduzione dal reddito del datore di lavoro, l'agevolazione per l'incentivo dell'occupazione, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 7, assume la veste di credito d'imposta, senza incidere nella determinazione del reddito d'impresa.

    4. In relazione al secondo motivo va rilevata la inammissibilità della formulazione del motivo "multiplo" con cui si deduce violazione di legge e difetto di motivazione.

    Mentre il vizio di falsa applicazione della legge si risolve in un giudizio sul fatto contemplato dalle norme di diritto positivo applicabili al caso specifico (con la correlata necessità che la sua denunzia debba avvenire mediante l'indicazione precisa dei punti della sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse, fornita dalla giurisprudenza di legittimità e/o dalla dottrina prevalente), il vizio relativo all'incongruità della motivazione comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e sussiste solo qualora il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l'individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione, ragion per cui tra le due relative censure deducibili in sede di legittimità non vi possono essere giustapposizioni. Da ciò consegue che il ricorrente non può denunciare contemporaneamente la violazione di norme di diritto e il difetto di motivazione, attribuendo alla decisione impugnata un'errata applicazione delle norme di diritto, senza indicare la diversa prospettazione attraverso la quale si sarebbe giunti ad un giudizio sul fatto diverso da quello contemplato dalla norma di diritto applicata al caso concreto, perchè la deduzione di questa deficienza verrebbe, nella realtà, a mascherare una richiesta di diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, (ex multis, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10295 del 07/05/2007 (Rv. 596657).

    Nel caso di specie, comunque, vengono dedotte censure di merito ad una sentenza logicamente correttamente motivata, in ordine alla prova della subordinazione del sig. P.S. alle dipendenze del figlio, avendo la CTR effettuato uno specifico accertamento in fatto sulla sussistenza del rapporto di subordinazione del padre, ritenuto provato anche dalla documentazione prodotta giudizio (buste paga da cui risulta che P.S. percepiva uno stipendio e i relativi contributi).

    Le ulteriori questioni proposte nel controricorso rimangono assorbite.

    Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.

    La particolarità della questione costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso, dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

    Così deciso in Roma, il 20 marzo 2013.

    Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2013
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza