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Sentenza

L’atto impositivo deve indicare le norme attributive del potere di rettifica....
L’atto impositivo deve indicare le norme attributive del potere di rettifica.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 28 febbraio - 7 maggio 2013, n. 10584
Presidente Cicala – Relatore Bognanni

Svolgimento del processo

1. L'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio n. 6/40/10, depositata il 4 febbraio 2010, con la quale, rigettato l'appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l'opposizione di P.D., esercente la professione di veterinario, inerente all'avviso di accertamento relativo all'Irpef, Irap ed Iva per il 2002, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che l'atto impositivo non era adeguatamente motivato, in quanto non era dato rilevare quale metodo fosse stato seguito nella rideterminazione del reddito, senza che il semplice richiamo allo studio di settore potesse ritenersi sufficiente in ordine al ricarico applicato. P.D. resiste con controricorso, svolgendo a sua volta quello incidentale sulla base di un unico motivo, ed ha depositato memoria.

Motivi della decisione

2. Innanzitutto va rilevato che entrambi i ricorsi vanno riuniti ex 335 cpc, essendo stati proposti avverso la medesima decisione.
3. Inoltre va pure esaminata l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso per tardività, sollevata dal controricorrente, giacché esso era stato proposto il 22.3.2011, nonostante che il termine fosse scaduto il giorno precedente.
Essa infondata, posto che l'atto impugnativo risulta proposto tempestivamente, dal momento che all'anno successivo alla pubblicazione della sentenza devono al riguardo aggiungersi il mese  e 16 giorni relativi alla sospensione del termine per il precedente periodo feriale, che è appunto di gg. 46 e non invece 45.
3. Inoltre va esaminata l'altra questione proposta dal contribuente in ordine alla inammissibilità del ricorso per mancanza di autosufficienza del medesimo.
Anche tale censura è priva di fondamento, atteso che la ricorrente ha enunciato compiutamente in fatto e diritto le ragioni dei propri assunti, senza necessità di acquisire elementi di sostegno negli atti del processo.
A) Ricorso principale
4. Tutto ciò premesso, col secondo motivo, che viene esaminato prima, stante il suo carattere preliminare, la ricorrente denunzia violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che l'accertamento si basava sul metodo analitico-induttivo, senza che avesse rilievo la esatta indicazione delle norme applicate, ma solo la sostanza dell'atto, posto che P.D. aveva dichiarato un reddito molto basso a fronte di quello determinato con lo studio di settore per la professione di veterinario, in ordine anche al monte orario, con la conseguenza semmai che doveva essere poi il contribuente a fornire la prova del proprio assunto.
Il motivo va condiviso, atteso che in tema di accertamento induttivo dei redditi, l'Amministrazione finanziaria può - ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 - fondare il proprio accertamento sia sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili
Avv. Antonino Sugamele

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