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Sentenza

Contraddittorio e obbligatorietà nel diritto tributario....
Contraddittorio e obbligatorietà nel diritto tributario.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 28 febbraio - 5 giugno 2013, n. 14144
Presidente Merone – Relatore Crucitti

Ritenuto in fatto

A seguito di controllo automatizzato dei dati indicati nel modello unica 2000, presentato per l'anno 1999, da E.E. s.r.l., l'Ufficio comunicava alla contribuente l'evidenziazione di un'imposta a debito maggiore di quella dichiarata ai fini Irpeg, di un omesso versamento di ritenute alla fonte applicate su redditi di lavoro autonomo e di un minor credito d'imposta a titolo di Iva; con la stessa comunicazione venivano, altresì, liquidati interessi e sanzioni ed invitata la ricorrente a fornire chiarimenti.
Veniva, quindi, notificata cartella di pagamento avverso la quale E.E. s.r.l. proponeva ricorso nei confronti dell' Agenzia dell' Entrate e del Concessionario per la riscossione per la provincia di Agrigento.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso riconoscendo solo la riduzione di un terzo delle sanzioni irrogate.
L'appello proposto dalla Società avverso detta sentenza veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale di Palermo, con sentenza n.8/24/07, depositata il 13.2.2007.
In particolare, i Giudici di appello rigettavano l'eccezione di mancato rispetto dei termini di liquidazione dei tributi ex artt.36 bis d.p.r. 600/73 e 54 bis d.p.r. n.633/72 ritenendola strumentale e non comportante, comunque, la nullità dell'iscrizione a ruolo che risultava effettuata nei prescritti termini di decadenza. Ritenevano, ancora, che la riduzione dei termini per gli eventuali chiarimenti avrebbe potuto comportare al limite, nella ricorrenza dei presupposti, l'esclusione delle sanzioni.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione E.E. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, affidandosi a quattro motivi, successivamente illustrati con il deposito di memoria ex art.378 c.p.c.
Ha resistito con controricorso Agenzia delle Entrate.
Serit Sicilia s.p.a.-agente della riscossione per la provincia di Agrigento non ha svolto attività difensiva.

Considerato in diritto

1. Con il primo motivo -rubricato "violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dell'art.36 bis del d.p.r. 600/73, dell'art.54 bis d.p.r. 633/72 e degli artt.17 e 25 d.p.r. n.602/73 (art.360 n. 3 c.p.c.)"- la ricorrente -premesso che nel caso di specie, avente ad oggetto imposte relative all'anno 1999, il ruolo era stato reso esecutivo in data 20.12.2002 e la cartella notificata il 9.12.2003- deduce la violazione delle norme in tema di liquidazione dei tributi in quanto, a suo dire, l'Amministrazione, nel procedere alla liquidazione in data 9.8.2002, avrebbe superato il termine indicato, dagli artt.36 bis e 54 bis citati in rubrica, per la liquidazione (da effettuarsi entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all' anno successivo). Detto termine, rilevava la ricorrente, trattandosi di società di capitali scadeva tra la data di approvazione del bilancio ed il 15.11.2011.
Ancora, secondo la prospettazione difensiva, in mancanza di un preciso termine decadenziale per la notificazione della cartella di pagamento, il termine stabilito dall'art.17 del d.p.r. n.602/73, vigente ratione temporis (31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione), doveva intendersi riferito all'intero procedimento di riscossione e non solo all'apposizione del visto di esecutorietà sul ruolo onde nello stesso termine avrebbe dovuto notificarsi la cartella di. pagamento. Con la conseguenza che, nella specie, la notificazione della cartella effettuata il 9.12.2003 era avvenuta oltre il suddetto termine (31.12.2002).
1.1. L'eccezione di inammissibilità del motivo, sollevata in controricorso, siccome prospettante tre diversi quesiti è infondata avendo la ricorrente articolato i quesiti non alternativamente ma in conseguenza diretta della deduzione in motivo di tre distinte violazioni di legge.
2. Il motivo è, invece, infondato.
2.1. In ordine alla questione relativa al termine per procedere alla liquidazione dei tributi questa Corte (Cass.n.952 4/2009; id.n.11444/11; id. n. 7 899/2012. ) ha già affermato il principio, cui si ritiene dare continuità, secondo cui il termine stabilito nell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (nel testo, applicabile "ratione temporis", introdotto dall'art. 1 del d.P.R. 27 settembre 1979, n.506), entro il quale l'Amministrazione Finanziaria deve provvedere alla liquidazione dell'imposta, ha natura ordinatoria secondo l'interpretazione, avente efficacia retroattiva, che ne ha dato l'art. 28, primo comma, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Ne consegue che il credito esposto in dichiarazione non si consolida con lo spirare del predetto termine o perché l'Amministrazione abbia omesso dì procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito nell'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973.
2.2. Anche in ordine alla dedotta violazione di legge relativa ai termini di notificazione della cartella va rilevato l'orientamento di questa Corte, dal quale il Collegio non intende discostarsi, secondo cui in tema di riscossione delle imposte sui redditi, l'art. 1 del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, convertito con modificazioni nella legge 31 luglio 2005, n. 156-emanato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.280 del 2005 di declaratoria di incostituzionalità dell'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, che ha fissato, al comma 5-bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni ed ha stabilito all'art. 5-ter, sostituendo il comma 2 dell'art. 36 del d. lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, che per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle ancora non definite con sentenza passata in giudicato (Cass. n. 2212 del 31/01/2011) Ed ancora che: "in tema di riscossione dell'IVA, il termine di decadenza previsto per eseguire la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001 scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in quanto deve applicarsi la disciplina generale dettata dall'art. 1, commi 5 bis e 5 ter, del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, come introdotti dalla legge di conversione del 31 luglio 2005, n. 156, anche al dichiarato fine di conseguire "la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto", mentre non può invocarsi il più breve termine quadriennale, previsto dall'art. 57 del d.P.R. del 26 ottobre 1972, n. 633, per la notifica degli avvisi di rettifica e di accertamento in materia di IVA, giacché il rinvio ad esso, non previsto dalla legge, determinerebbe un'anticipata consumazione del termine di decadenza che il legislatore del 2005 ha inteso evitare, con disposizioni ritenute compatibili con la Costituzione dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 11 del 2008 e nell'ordinanza n.178 del 2008, ed in linea con l'esigenza posta dalla sesta Direttiva 77/388/CEE di evitare forme di rinuncia generale ed indiscriminata al potere di verifica e di rettifica da parte dell'Amministrazione finanziaria in materia di IVA (Cass.n.15786/2012).
2.3. Ne consegue, nel caso di specie, la correttezza della sentenza impugnata che ha ritenuto rispettati i termini di decadenza.
3. Con il secondo motivo sì deduce la violazione o falsa applicazione dell'art.36 bis comma 3 del d.p.r. 29.9.1973 n.600 e dell'art.54 bis comma 3 d.p.r. 633/72 dell'art.2 del d.lgs. 1997 n.462 e dell'art.6 comma 5 della legge n.27.7.2000 n.212. In particolare, secondo la prospettazione difensiva -nella specie, come incontestato dalla controparte- alla società sarebbe stato impedito di fornire chiarimenti e di produrre l'eventuale documentazione relativa ai versamenti contestati, con illegittima contrazione del termine ultimo di trenta giorni dalla comunicazione, conseguente violazione dell' art.6 della legge n.27,7.2000 n.212 ed illegittimità dell'iscrizione a ruolo.
3.1. Il motivo è infondato, alla luce del principio, costantemente ribadito da questa Corte, per cui in tema di riscossione delle imposte, l'art. 6, comma quinto, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l'obbligo del contraddittorio preventivo in tutti ì casi in cui sì debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto "qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione", situazione, quest'ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (Cass. n. 8342 del 25/05/2012 n. 26316 del 2010, n. 7536 del 2011). Né d'altra parte, a fronte del contenuto della comunicazione (riportata in ossequio al principio di autosufficienza in seno ai ricorso) effettuata dall'Ufficio è stata dedotta la ricorrenza, nella specie, di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione.
4. Con il terzo motivo -rubricato "violazione o falsa applicazione di norme di diritto e precisamente dell'art.12 del d.p.r. 29.9.1973 n.602, degli artt.1 e 2 del d.m. n.321/1999 e dell'art.7 della legge 27.7.2000 n.212, si deduce l'illegittimità dell'iscrizione a ruolo per violazione delle norme indicate in rubrica siccome contenente a) l'erronea indicazione dell' ente creditore nel Ministero dell' Economia laddove era, invece, l'Agenzia delle Entrate, b) un'insufficiente indicazione al precedente atto di accertamento e degli organi innanzi ai quali era possibile ricorrere; c) l'omessa indicazione degli elementi richiesti dall'art.7 dello Statuto del contribuente.
4.1. Il motivo, parzialmente carente di specificità, non riportando, se non per stralci il contenuto degli atti sui quali fonda il gravame, è, comunque, infondato. L'errata indicazione quale ente creditore del Ministero delle Finanze in luogo della succeduta Agenzia delle Entrate appare, invero, irrilevante attesa la pacifica successione ex lege della seconda al primo in materia fiscale. Mentre in ordine alla dedotta carenza di motivazione questa Corte ha già avuto modo di affermare che " in tema di riscossione delle imposte sul reddito, per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, ex art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non è indispensabile l'indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell'accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l'indicazione di circostanze univoche ai fini dell'individuazione di quell'atto, così che resti soddisfatta l'esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non è di ostacolo la previsione contenuta negli artt. 1, comma 2 e 6, comma 1 del D.M. Finanze 3 settembre 1999, n. 321 (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente notificato, richiede l'indicazione degli "estremi di tale atto e la relativa data di notifica"), in quanto essa va letta in combinato disposto con le di poco successive norme primarie contenute, prima in via generale nello Statuto del contribuente (art. 7, comma 3, della L. 27 luglio 2000, n. 212) e poi, con specifico riferimento ai ruoli ed alle cartelle, nel d.lgs 26 gennaio 2001 n. 32 (art. 8, comma 1, lett. a) che ha modificato gli artt. 1 e 12 del d.P.R. n. 602 cit.), che si limitano a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano soltanto "il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa (Cass. n.11466/2011). E nella specie, per come rilevato dalla stessa ricorrente, l'iscrizione a ruolo si riferiva al "controllo automatizzato della dichiarazione Unico/2000 presentata per il periodo di imposta 1999, effettuato ai sensi dell'art.36 bis del d.p.r. n. 600/1973 e/o dell'art.54 bis del d.p.r. n. 633 del 1972" mentre la cartella conteneva l'indicazione della comunicazione, ben conosciuta dalla ricorrente, con conseguente non necessità della sua allegazione. Infine, tutte le ulteriori doglianze riferite ad asserite omissioni o incompletezze contenute nell'opposta cartella non possono essere esaminate da questa Corte per difetto di specificità del motivo, non essendo stato riportato in ricorso il contenuto dell' atto impugnato.
4. Il quarto motivo -con il quale sì deduce la nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell'art. 360 n.4 c.p.c, per omessa pronuncia su un motivo su cui poggiava la domanda di riforma della sentenza di primo grado e di annullamento dell'iscrizione a ruolo in violazione dell'art.112 c.p.c- è inammissibile.
4.1 II motivo, infatti, non riporta neppure per stralcio i passi dell'atto di appello ove sarebbero stati formulati i motivi il cui esame sarebbe stato omesso dalla Commissione Tributaria Regionale. Né può soccorrere alla ricorrente la diversa qualificazione giuridica del vizio di legittimità come "error in procedendo" -in relazione al quale la Corte è anche "giudice del fatto", potendo accedere direttamente all' esame degli atti processuali del fascicolo di merito-, atteso che come è stato ripetutamente affermato anche in quel caso si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l'ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell'ambito di quest'ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali (cfr. Corte cass. IlI sez. 23.1.2006 n. 1221; id. sez. lav. 7.3.2006 n. 4840; id. V sez. ord. 23.7.2009 n. 17253), essendo pertanto tenuta la parte ricorrente ad indicare gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame, affinché il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Corte cass. sez. lav. 21.5.2004 n. 9734; id. sez. lav. 23.3.2005 n. 6225) . Né può ritenersi ostativa alla verifica preliminare di ammissibilità del motivo la rilevabilità ex officio della nullità processuale in ogni stato e grado del giudizio (in quanto, nella specie, riconducibile ai limiti dell'esercizio della "potestas judicandi"), atteso che ove il rilievo officioso sia determinato, non da vizi di nullità inerenti gli atti processuali concernenti il giudizio di legittimità (ricorso, sentenza impugnata, controricorso, ricorso incidentale) direttamente sottoposti all' esame della Corte, ma da vizi di nullità afferenti atti processuali dei precedenti gradi di giudizio di merito -in ordine ai quali il rilievo officioso della Corte non può che essere sollecitato dall'impulso di parte attraverso il necessario esercizio del potere di allegazione-, la indagine ed il controllo su tali atti potranno essere svolti dalla Corte, non in base a qualsiasi generica deduzione di nullità, formulata dalla parte in termini meramente assertivi, ma -in conformità al requisito di autosufficienza del ricorso che trova fondamento normativo nell'art. 366 co 1 n. 6) c.p.c- soltanto a seguito di una specifica allegazione dei fatti processuali e dunque di una completa ricostruzione della vicenda processuale attraverso la trascrizione del contenuto di quegli atti che, in relazione alla sequenza processuale, consentono di fornire una chiara rappresentazione del vizio denunciato (cfr. Corte cass. sez, lav. 20.5.2008 n. 12746 che subordina il rilievo di ufficio delle nullità al rispetto del principio di autosufficienza del ricorso).
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
6. In ossequio al principio di soccombenza la ricorrente va condannata alla refusione in favore dell'Agenzia delle Entrate dei compensi di lite liquidati come in dispositivo sulla base dei parametri fissati dal D.M.n.140/2012.
7. Non vi è pronuncia sulla riguardo all'intimata Serit Sicilia s.p.a. che non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione in favore dell'Agenzia delle Entrate dei compensi di lite che si liquidano in complessivi euro 8.000, oltre spese prenotate a debito.
Avv. Antonino Sugamele

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