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Sentenza

Condono per definire gli omessi e tardivi versamenti: se si paga solo la prima r...
Condono per definire gli omessi e tardivi versamenti: se si paga solo la prima rata e non le successive c'è la decadenza del beneficio.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 13 marzo - 24 aprile 2013, n. 9996
Presidente Cicala – Relatore Caracciolo

Fatto e diritto

La CTR di Napoli ha accolto l'appello della "Cerrone Legnami srl" - appello proposto contro la sentenza n. 155/04/2007 della CTP di Salerno che aveva respinto il ricorso del predetto contribuente - ed ha così annullato l'avviso di diniego di condono per IVA - IRPEF relative all'anno 2002 con cui l'Agenzia aveva - sulla premessa della decadenza dall'istanza di definizione agevolata ai sensi dell'art. 9 - bis della legge n.289 del 2002 per effetto del pagamento delle sole prime rate dell'importo rateizzato dovuto per la definizione agevolata- avvisato di voler recuperare integralmente le somme non pagate od omesse (coi relativi interessi e sanzioni).
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che, nulla prevedendo espressamente l'art.9 bis circa le conseguenze del mancato pagamento nei termini previsti dalla norma, doveva darsi rilievo alla ratio della disposizione, omogenea ed integrativa rispetto alle altre della stessa disciplina di legge, nelle quali è espressamente confermata l'efficacia dell'istanza di definizione, sicché - nella specie di causa - perteneva all'Ufficio soltanto la facoltà di iscrizione a ruolo delle rate non versate e della sanzione del 30% sui soli residui importi non pagati. L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all'art. 376 cpc - può essere definito ai sensi dell'art. 375 cpc.
Infatti, con il motivo di censura (rubricato come: "Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 bis della legge n. 289/2002 - art. 360 n. 3") la ricorrente si duole in sostanza che il giudice di appello abbia ritenuto sufficiente il pagamento di alcune delle rate dell'importo dovuto per la definizione agevolata, con conseguente inefficacia del provvedimento di revoca (o diniego di efficacia) dell'istanza di definizione dei pagamenti ritardati o omessi. Il motivo è fondato e da accogliersi.
Invero, con indirizzo condivisibile e qui puntualmente applicabile per l'identità di fattispecie, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che: "Il condono previsto all'art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell'imposta e degli interessi od, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell'ipotesi di cui all'art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, in ordine alla determinazione del "quantum", esattamente indicato nell'importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all'art. 4, il condono è condizionato dall'integrale pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se integrale, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l'adempimento delle successive" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20745 del 06/10/2010).
Non resta che concludere che la sentenza di appello, che non si è conformata ai predetti principi, merita senz'altro la cassazione, sicché poi la Corte potrà decidere la controversia nel merito, non apparendo necessari ulteriori accertamenti.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 1.800,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Avv. Antonino Sugamele

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