Contributo unificato - Agente della riscossione - Procedimento relativo alla riscossione mediante ruoli a mezzo di cartella di pagamento e misure cautelari - Prenotazione a debito - Esclusione
COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE FOGGIA - Sentenza 31 ottobre 2012, n. 184
Oggetto della domanda, svolgimento del processo e motivi della sentenza
Equitalia SUD SpA, con sede in Roma, Agente della riscossione, tra le altre, per la provincia di Foggia, elettivamente domiciliata in Foggia alla via S. Pellico n. 32 presso lo studio dell'avv. V. C., rappresentata e difesa dall'avv. M. N. con studio in Bari, deposita, in data 14.05.2012, ricorso, tempestivamente e ritualmente proposto, nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze-Dipartimento delle Finanze Direzione della Giustizia Tributaria- presso la sede di Roma e presso l'Avvocatura dello Stato, sede di Bari; il ricorso risulta spedito mediante raccomandate del 26/04/2012, a mezzo Poste Italiane, con prova di consegna avvenuta, rispettivamente, il 30/04/2012 e il 27/04/2012; l'atto impugnato è un invito al pagamento, prot. n. 2362 del 24/02/2012, notificato il 27/02/2012 dalla Commissione Tributaria Regionale-Sezione Staccata di Foggia, per un importo totale di € 1.500,00, per omesso pagamento del contributo unificato e maggiorazione per omessa indicazione del valore della lite in calce al ricorso in appello RGA 4622/2011, depositato il 28/12/2011.
Eccepisce la ricorrente illegittimità della richiesta di pagamento per mancata indicazione delle modalità di impugnazione, precisando che la giurisdizione spetta alle commissioni tributarie, ex artt. 2, comma 1, e 19 lett. d) dlgs. n. 546/92, presentando il contributo unificato tutte le caratteristiche del tributo, come confermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 5/05/2011, n.9840, sulla scorta delle indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 73/2005 e con l'ordinanza n. 164/2010; precisa, altresì, la ricorrente che l'invito è atto autonomamente impugnabile, poiché specifica le concrete ragioni per le quali il pagamento viene richiesto, in conformità all'indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza, sez. V, n. 15946 del 6/07/2010; nel merito eccepisce infondatezza della richiesta di pagamento; quanto alla mancata dichiarazione del valore della controversia se è vero che per mero errore l'indicazione era stata omessa in calce all'atto di appello, nella contestuale nota d'iscrizione a ruolo, però, era stata selezionata la voce "prenotazione a debito" con indicazione del predetto valore e nessuna segnalazione, peraltro doverosa, di anomalia era stata fatta al portatore dell'atto da parte dell'addetto preposto; quanto al dovere di versare il contributo si tratta di richiesta infondata in fatto e in diritto poiché Equitalia Sud S.p.A. è ammessa alla procedura di prenotazione a debito; per i processi in cui è parte l'Agente della Riscossione trovano applicazione, infatti, l'art. 157 T.U. e l'art. 48 dpr. n. 602/73 che parlano di prenotazione a debito del contributo unificato per la procedura esecutiva relativa a tutte le entrate iscritte a ruolo e per il procedimento di riscossione coattiva; gli agenti della riscossione, pertanto, sono ammessi alla prenotazione a debito del contributo unificato nell'ambito di tutti i giudizi laddove siano comunque originati dal "procedimento di riscossione coattiva " ivi compresi i processi tributari; allega sul punto tre sentenze della C.T.P. di Caserta ritenute esaustive. Conclude in via principale, previa sospensione, per l'annullamento dell'atto impugnato, poiché privo delle indicazioni per l'impugnativa, e in via gradata per eventuale rimessione in termini e per l'infondatezza del richiesto pagamento, con discussione in pubblica udienza e V. di spese. Nulla agli atti per la parte resistente e l'Avvocatura dello Stato. In data 25/06/2012, con ordinanza n. 154/03/12, viene disposta la sospensione dell'atto impugnato, in assenza della parte convenuta.
In data 2/10/2012 risulta acquisita agli atti, come trasmessa dalla Segreteria della C.T.R. della Puglia - Sezione Staccata di Foggia, una nota, prot. n. 10258 del 13/06/2012, del Ministero dell'Economia e delle Finanze-Dipartimento delle Finanze-Direzione della Giustizia Tributaria, indirizzata all'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari e p.c. alla C.T.R. della Puglia, concernente il ricorso in esame. La causa chiamata all'udienza pubblica odierna, assente la parte convenuta, è decisa in camera di consiglio.
Osserva preliminarmente il Collegio: Costituzione del convenuto
La nota ministeriale del 13/06/2012, peraltro non indirizzata a questa commissione, appare irritualmente acquisita agli atti del fascicolo e non può essere considerata come una valida costituzione in giudizio della parte resistente, poiché da questa non disposta; della stessa, pertanto, il collegio non terrà alcun conto, ragione per la quale non occorre differire l'udienza e concedere alla ricorrente termini per controdeduzioni. Giurisdizione.
E' pacifica la giurisdizione della commissione tributaria, ex art. 2 dlgs. n. 546/92, in ordine alla presente controversia, come statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9840/2011 e dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 73/2005, che hanno riconosciuto la natura di entrata tributaria del contributo unificato ( cfr. da ultimo anche SS.UU. Cass. n. 5994/2012). Impugnabilità dell'invito.
L'art. 248 T.U. n. 115/2002 dispone che l'ufficio notifichi l'invito al pagamento dell'importo dovuto con espressa avvertenza che in mancanza si procederà ad iscrizione a ruolo; l'atto opposto, in conformità al modello ministeriale di cui all'allegato A alla circolare n. 1/DF del 21/09/2011 del Ministero dell'Economia e delle Finanze, contiene effettivamente l'invito perentorio e motivato al pagamento di una ben individuata somma a titolo di contributo unificato e relativa maggiorazione, con ammonimento che in mancanza di adempimento sarà attivata la riscossione mediante iscrizione a ruolo, con addebito di interessi decorrenti dalla data di deposito dell'atto cui si collega il pagamento delle spese di giustizia; indipendentemente dalla denominazione usata e dalla mancata indicazione del termine e delle forme per l'impugnazione, pertanto, l'invito contiene una pretesa tributaria ben definita ed è qualificabile come avviso di accertamento o di liquidazione ai sensi dell'art. 19 dlgs n. 546/92; costituisce, ormai, ius receptum, per la Suprema Corte ( cfr. SS.UU. n. 16676/05, nn. 16293, 16429, 11076 e 11077/2007, e Cass. n. 18008/06, n. 21045/07, n.10672/09, n. 15946/10, nn. 8033 e 28006/11, n.7344/12) a partire dalla sentenza n. 313/1985 della Corte Costituzionale, e, quindi, ben prima della generalizzazione ed ampliamento della giurisdizione tributaria, come l'interpretazione estensiva sia perfettamente compatibile con il principio di tassatività degli atti impugnabili di cui al catalogo ex art. 19 cit.; anzi di recente (Cass. n. 7344/2012) la Suprema Corte sembra orientata ad ammettere anche l'interpretazione analogica (nel senso di impugnabilità anche degli atti vicini oltre che di quelli omologhi); inoltre, richiamando il proprio precedente di cui alla sentenza n. 21045/2007, mostra anche di ritenere, a vantaggio dei ricorrenti, che al riconoscimento dell'impugnabilità di un atto, ancorché non espressamente contemplato nell'elenco e che esprima una compiuta pretesa impositiva, in presenza di un interesse a ricorrere, deve essere attribuita natura di facoltà e non di onere, con conseguente mancata cristallizzazione di tale pretesa in caso di omessa impugnazione nel termine di cui all'art. 21 dlgs. n. 546/92.
In conclusione sul punto l'invito in esame risulta autonomamente impugnabile poiché reca una pretesa, certa e definita, suscettibile di produrre una lesione diretta e immediata della posizione soggettiva della ricorrente, che è costretta al pagamento spontaneo o all'assoggettamento alla riscossione a mezzo ruolo, situazione quest'ultima, sia procedurale che sostanziale, singolare per l'Agente della Riscossione, in capo al quale, così, sicuramente va riconosciuta la sussistenza dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.
Tutto ciò premesso osserva il Collegio che il ricorso risulta infondato, in fatto e in diritto, e deve essere respinto, con conferma della piena legittimità dell'atto impugnato.
L'eccezione principale di nullità per mancata indicazione delle modalità di impugnazione, infatti, è priva di pregio, soprattutto in un caso, come quello di specie, in cui il ricorso risulta rituale e tempestivo. La giurisprudenza di legittimità, invero, ha sempre affermato (cfr. Cass. n. 3865/2002, n. 14482/03, n. 12070/04, n. 7339/08, n. 23010/09) che alla mancata o erronea indicazione nell'atto impugnabile della c.t.p. competente, delle forme o del termine e delle modalità per proporre ricorso, di cui agli artt. 19, secondo comma, dlgs. n. 546/92 e 7 legge n. 212/2000, non segue la nullità di esso, ma, soltanto, la mancata decorrenza del termine stesso per l'impugnazione o l'eventuale rimessione in termini del contribuente in caso di errore scusabile; la nullità per tali omesse o incomplete indicazioni, infatti, non è una conseguenza prevista dal legislatore, né è assistita da alcuna altra sanzione, trattandosi, piuttosto, di semplice irregolarità, avendo le predette norme come scopo soltanto quello di agevolare il compito del contribuente che voglia impugnare l'atto; sul ricorrente grava l'onere di individuare l'organo giurisdizionale, onere che è autonomo e prescinde da eventuali obblighi, non sanzionati, posti a carico di altri.
Venendo al punto centrale della presente controversia, che la ricorrente costruisce come subordinata di merito, osserva il collegio che la convinzione di Equitalia Sud SpA, espressa nel ricorso, che agli agenti della riscossione sia consentita la prenotazione a debito del contributo unificato nell'ambito di tutti i giudizi, ivi compresi i processi tributari, "laddove siano comunque originati dal procedimento di riscossione coattiva" è errata e infondata. Da un lato, infatti, i procedimenti originati da quelli della riscossione coattiva non possono che svolgersi avanti al giudice ordinario, e, dall'altro, non risultano norme che dispongano in tal senso. Non lo sono di certo le uniche norme esplicitamente invocate dalla ricorrente, cioè l'art. 157 dpr. n. 115/2002 e l'art. 48 dpr. n. 602/73.
L'art. 157 cit, rubricato Spese processuali della procedura esecutiva attivata dal concessionario per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo, al primo comma stabilisce: "In applicazione dell'articolo 48 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per la procedura esecutiva relativa a tutte le entrate iscritte a ruolo, il concessionario annota come prenotati a debito il contributo unificato, le spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio e i diritti di copia. " L'art. 48 cit., rubricato Tasse e diritti per atti giudiziari, al primo comma recita: "Le tasse e i diritti per atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva sono ridotti alla metà e prenotati a debito per il recupero nei confronti della parte soccombente, quando questa non sia il concessionario ".
Entrambe le norme fanno preciso ed esclusivo riferimento alle procedure esecutive e al procedimento di riscossione coattiva, e non già a tutte le attività del concessionario.
Si tratta, con tutta evidenza, di quei procedimenti che l'art. 2, comma primo, seconda parte, dlgs. n. 546/92, esclude dalla giurisdizione tributaria in quanto "controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del dpr 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica. ".
Il cit. dpr. n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) disciplina, infatti, al Titolo I (Riscossione delle imposte) i versamenti diretti (capo I artt. da 1 a 9) e la riscossione mediante ruoli ( artt. da 10 a 44-bis e, in particolare, la consegna del ruolo al concessionario -art. 24- e la cartella di pagamento e relativa notifica -artt. 25 e 26-); al Titolo II (Riscossione Coattiva) le disposizioni generali (capo I artt. da 45 a 48-bis) e l'espropriazione forzata (capo II, sez. I, II, III e IV). La terminologia, sempre coerente, usata dal legislatore, pertanto, ha un significato univoco e ben preciso e distingue, tra le attività del concessionario, la riscossione delle imposte mediante ruoli a mezzo cartella esattoriale (art.25), dalla riscossione coattiva mediante espropriazione forzata (art. 49 e art. 50 rubricato termine per l'inizio dell'esecuzione). E' pacifico che le controversie concernenti la riscossione a mezzo cartella esattoriale, nonché quelle relative all'iscrizione di ipoteca sugli immobili e al fermo di beni mobili registrati, introdotte nel catalogo degli atti impugnabili dall' art. 35, comma 26-quinquies, di n. 223/06, appartengono, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, e 19 dlgs. n. 546/92, alla cognizione del giudice tributario, mentre gli atti relativi alle procedure esecutive e alla riscossione coattiva appartengono alla cognizione del giudice ordinario, ed è solo per queste ultime che le norme in esame prevedono la prenotazione a debito. Il fatto che sia per lo più il ruolo, ora anche l'accertamento esecutivo, il titolo costitutivo per la riscossione coattiva vera e propria, non comporta l'automatica estensione, dopo l'introduzione del contributo unificato anche nel processo tributario con l'art. 37 di. n. 98/2011, della prenotazione a debito originariamente prevista per le procedure esecutive anche alle procedure di riscossione a mezzo ruolo e a quelle relative all'iscrizione ipotecaria e al fermo amministrativo, costituenti autonome misure cautelari alternative all'espropriazione forzata vera e propria (cfr. Cass. SS. UU. ordinanza n. 14831/08 e n. 10234/2012).
Ritiene il collegio, invero, che le disposizioni in esame del T.U. sulle spese di giustizia che contemplano la prenotazione a debito, abbiano natura puntuale e speciale, e delineano un sistema che non appare incompiuto o lacunoso, dal punto di vista applicativo, e, quindi, bisognevole di integrazioni in via di interpretazione estensiva e/o analogica. Se è vero che tutti i procedimenti in questione fanno capo allo stesso soggetto, l'agente della riscossione, che è portatore di interessi anche economici in merito, è altrettanto vero che si può sostenere che non sussiste identità di ratio tra quelli che si svolgono avanti al giudice ordinario e quelli tipici del processo tributario; gli atti dell'espropriazione forzata, infatti, presuppongono l'esistenza del titolo esecutivo, il processo tributario, invece, è teso ad accertarne l'esistenza, la legittimità e la definitività.
Non si può presumere, in altri termini, che il legislatore della manovra correttiva del 2011 non fosse a conoscenza del significato proprio e della portata degli artt. 157 cit. e 2, primo comma, dlgs. n. 546/92, quando, tra i numerosi ritocchi operati sul cit. T.U. con il comma 6 dell'art 37 cit. di n. 98, non ha ritenuto di inserire anche una modifica che prevedesse l'ammissione alla prenotazione a debito anche per le procedure, che necessariamente precedono, e non seguono come erroneamente affermato nel ricorso, l'espropriazione forzata, e cioè quelle di riscossione a mezzo ruolo e cautelari, tipiche proprio del processo tributario, investito dalla riforma. Non si può trascurare, inoltre, che secondo quanto previsto dall'art. 3, d.l. n. 203/2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248/2005, a decorrere dal 1° ottobre 2006 è stato soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale di riscossione, e, a partire dalla stessa data, le relative funzioni sono state attribuite all'Agenzia delle Entrate che le esercita mediante Riscossione SpA, oggi Equitalia SpA.
Occorre verificare, quindi, se alla ricorrente, che non ha speso alcuna argomentazione in proposito, in tale nuova veste di agente della riscossione, ente strumentale di Agenzia pubblica, può applicarsi l'art. 158 T.U. che prevede la prenotazione a debito delle spese nei processi in cui è parte l'amministrazione pubblica ammessa a tale procedura. Per il combinato disposto dell'art. 11 e dell'art. 3, comma 1, lettera q), cit. T.U., W amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito" è l'amministrazione dello Stato o altra amministrazione pubblica ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito. Dalla definizione del predetto art. 3 T.U. resta confermato che solo il legislatore, con propria espressa, puntuale e insindacabile decisione, e non certo l'interprete, può disporre l'ammissione alla prenotazione a debito per le pubbliche amministrazioni; in mancanza il contributo unificato deve essere corrisposto.
Il problema si è posto per le Agenzie fiscali ( Entrate, Dogane e Territorio) di cui al dlgs. n. 300/99, cui è demandata la gestione dei tributi erariali, che il Ministero delle Finanze e dell'Economia, al punto 7 della circolare n. 1/DF del 21/09/2011, ha così equiparato ai Ministeri. Successivamente è intervenuto il legislatore che, con la legge di conversione del 26/04/2012, n. 44, ha modificato il comma 5 dell'art. 12 del d.l. 02/03/2012, n. 16, sancendo espressamente l'applicabilità dell'art. 158 cit. T.U. alle predette Agenzie fiscali. Nulla il legislatore, in tale occasione, ha disposto in merito a Equitalia SpA che, allo stato della normativa vigente, non può, quindi, neanche essere considerata come amministrazione pubblica ammessa per legge alla prenotazione a debito.
Per chi, come lo stesso gruppo Equitalia, afferma la natura pubblica del nuovo ente, essendo neutrale il modello societario scelto rispetto alle finalità che con lo stesso si intendono perseguire, ed essendo esplicita l'equiparazione ai soggetti pubblici, in tema di norme sulla privacy, disposta dal comma 29 del cit. art. 3, di n. 203/2005, l'omissione del legislatore non può non assumere valenza decisiva per la risoluzione della questione in esame; nel senso, cioè, di una pacifica presa d'atto dell'infondatezza della pretesa avanzata.
Per chi sostiene il contrario, argomentando dal modello societario prescelto della s.p.a., tipico del diritto privato, resta confermato, comunque, che non esiste alcuna norma che ammetta la ricorrente, nella qualità, alla prenotazione a debito del contributo unificato avanti al giudice tributario.
Per completezza d'indagine, ma sempre in attinenza al tema, rileva il collegio che, in calce al ricorso introduttivo del presente giudizio, Equitalia Sud SpA ha indicato il valore della controversia ai fini della richiesta prenotazione a debito ai sensi degi artt. 11 e 12 dpr. n. 115/2002, e, conseguentemente, non ha pagato il cu. dovuto; il fatto conferma che la ricorrente, come rappresentata e difesa, si rapporta erroneamente alle norme citate e sopra esaminate.
Avanti a questa commissione provinciale, infatti, Equitalia Sud SpA ha assunto la veste di ricorrente e inesorabilmente, come un qualsiasi contribuente, attesa la natura impugnatoria del processo tributario, ha chiesto al giudice adito l'annullamento, e non certo la conferma, dell'atto impositivo opposto ritenuto illegittimo. Si tratta, quindi, di una attività di difesa del proprio bilancio che si pone esattamente agli antipodi della tipica attività di adiectus solutionis causa, che è volta, invece, all'acquisizione, anche forzosa, di entrate all'Erario. La veste di attore-ricorrente avanti alla c.p.t. comporta sempre, anche per l'agente della riscossione, soggetto, come si è visto, non ammesso per legge alla procedura di prenotazione a debito, l'obbligo di pagamento del contributo unificato; e ciò non tanto e non solo perché nel caso di specie l'invito impugnato non è oggettivamente atto dell'esecuzione coattiva, ma soprattutto perché l'attività svolta non è diretta alla riscossione di un tributo ma al suo annullamento, il che comporta il venir meno di ogni ratio sottesa alle funzioni per le quali unicamente è prevista la procedura di prenotazione a debito.
Anche in punto di fatto, inoltre, l'eccezione risulta infondata; la ricorrente, infatti, essendone onerata, non ha provato che l'appello aveva ad oggetto un procedimento dell'esecuzione (e neanche lo ha semplicemente affermato nel ricorso), non avendo prodotto copia del predetto atto né della sentenza appellata. Precisa, in proposito, il Collegio che nessun potere istruttorio officioso, inquisitorio e/o acquisitivo, può essere utilizzato nel caso in esame alla luce del secondo comma del vigente art. 111 Costituzione sul ed. giusto processo e dopo l'abrogazione, ad opera del d.l. n.203/2005, del terzo comma dell'art. 7 dlgs. n. 546/92. La Corte di Cassazione, infatti, ha sempre precisato (cfr. n. 8439/2004, n. 10267/2005) che i poteri istruttori ex art. 7 cit. non hanno la funzione di sopperire al mancato assolvimento dell'onere probatorio delle parti, non potendo alterare la parità tra le stesse, come prescritto dal principio costituzionale, e vanno esercitati solo in caso di impossibilità, nel caso insussistente, di esibire documenti risolutivi in possesso dell'altra parte. Parimenti non provata risulta l'eccezione circa la supposta avvenuta indicazione nella nota di iscrizione a ruolo, non allegata al ricorso, del valore della causa; la mancata formulazione di una richiesta subordinata di rideterminazione della misura dovuta a titolo di contributo unificato, inoltre, comporta la conferma dell'importo di € 1.500,00, essendo pacifica, poiché ammessa dalla ricorrente, l'omessa indicazione del valore della lite in calce al ricorso in appello, valore, allo stato, ancora ignoto.
Il collegio, infine, rileva che le sentenze allegate al ricorso, pure condivisibili, non si attagliano al caso in esame; anzi la lettura delle stesse ha prodotto la tesi del tutto errata, contenuta nel ricorso, che i giudizi avanti alle commissioni tributarie possano essere originati dal procedimento di riscossione coattiva che, ovviamente, non può che seguire, e non certo precedere, la notifica del ruolo e della cartella di pagamento; gli inviti al pagamento impugnati avanti alla C.T.P. di Caserta, infatti, risultano notificati, dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in relazione al procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo, ex art. 548 c.p.c, per il quale è stata riconosciuta l'applicabilità dell'art. 48 cit. dpr. n. 602/73, in quanto procedimento originato in occasione e in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva. La controversia sottesa all'atto di appello per il quale il cu. in esame è stato richiesto, invece, pende avanti al giudice tributario, al quale, ed è questo il punto centrale della questione, non spetta la cognizione in materia di esecuzione coattiva. Potrebbe, in tesi, anche accadere che la c.t.p. non abbia rilevato il difetto di giurisdizione, oppure abbia ammesso, ai sensi del terzo comma art. 19 dlgs.n 546/92, un ricorso avverso un pignoramento non preceduto dalla notifica della cartella esattoriale; fuori dal caso di scuola, però, i procedimenti che, normalmente, vedono impegnato l'agente della riscossione avanti al giudice tributario, come convenuto o primo appellante, concernono la notifica di cartelle esattoriali, di fermi amministrativi e di iscrizioni ipotecarie; nessuno di essi è riconducibile alla nozione di procedura esecutiva o di procedura coattiva. Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Pronunciando sul ricorso R.G.R 1489/12 la Commissione così ha deciso: "Rigetta il ricorso. nulla per le spese."
09-11-2012 00:42
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