Accertamento con adesione: non si sospende il termine di impugnazione a seguito di istanza poi rinunziata dal contribuente.
CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA DEL 12 OTTOBRE 2012, N. 17439
sul ricorso 24182-2010 proposto da:
(X) srl [......], in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in [......], presso lo studio dell'avvocato (..), rappresentata e difesa dall'avvocato (..) giusta procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
Agenzia delle Entrate [......], in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in [......], presso [......], che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
nonché contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze [......];
- intimato -
avverso la sentenza n. 93/07/2009 della Commissione Tributaria Regionale di Milano del 2/07/09, depositata il 14/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2012 dal Consigliere Relatore Dott. (..);
è presente il P.G. in persona del Dott. (..).
La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. (..), letti gli atti depositati
Osserva
La CTR di Milano ha respinto l'appello della “(X) srl” – appello proposto contro la sentenza n. 71/01/2008 della CTP di …… che aveva respinto il ricorso proposto dalla predetta società – ed ha così confermato l'avviso di accertamento per IVA relativa all'anno 2000 a seguito della notifica del quale la contribuente aveva presentato istanza di accertamento per adesione, istanza poi rinunciata prima del decorso dei 90 giorni previsti dalla legge per l'espletamento della procedura.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo (per quanto qui ancora interessa) che il ricorso avverso il provvedimento impositivo fosse stato tardivamente proposto, in virtù della somma dei giorni decorsi prima dell'inizio della procedura di accertamento con adesione e di quelli decorsi dopo la rinuncia alla stessa, atteso che la sospensione dei termini per ricorrere, connessa alla semplice presentazione della domanda, “viene meno allorché in modo espresso o comunque inequivocabilmente quella domanda viene revocata, non essendo più sorretta dalla volontà del contribuente di proseguire le trattative”.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
L'Agenzia si è difesa con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c..
Infatti, con il motivo unico di impugnazione (improntato alla violazione dell'art. 6 del DLgs. 218/1997, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. ) la ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello abbia applicato all'ipotesi della “rinuncia al contraddittorio relativo all'istanza” la fattispecie normativamente prevista della impugnazione dell'atto impositivo, la quale ultima (secondo il disposto del comma 3 dell'art. 6 dianzi menzionato) “comporta rinuncia all'istanza”. In tal modo, invece, il contribuente aveva dichiarato di rinunciare al contraddittorio e non alla sospensione “automatica” del termine per impugnare.
La doglianza appare inammissibile, alla luce della pregressa giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2857 del 24/02/2012; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3762 del 09/03/2012) secondo la quale:”In tema di accertamento con adesione, la sospensione del termine di impugnazione dell'atto impositivo per 90 giorni conseguente alla presentazione dell'istanza di definizione da parte del contribuente, così come previsto dall'art. 12 del DLgs. 19 giugno 1997, n. 218, non è interrotta dal verbale di constatazione del mancato accordo tra questi e l'Amministrazione finanziaria, poiché, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, diretta a favorire il più possibile la composizione amministrativa della controversia, deve ritenersi che solo l'univoca manifestazione di volontà del contribuente possa escludere irrimediabilmente tale soluzione compositiva, attraverso la proposizione di ricorso avverso l'atto di accertamento, oppure di formale ed irrevocabile rinuncia all'istanza di definizione con adesione, facendo perciò venir meno la sospensione del temine di impugnazione. Ne consegue che, quando, nel corso del procedimento di definizione, sia intervenuto solo un verbale di constatazione di mancato accordo, ma non anche un provvedimento di rigetto dell'istanza, il ricorso del contribuente è tardivo solo se proposto oltre i 150 giorni dalla notifica dell'atto impositivo, ossia tenendo conto sia dei 60 giorni ordinariamente previsti per la presentazione del ricorso, sia dell'intero termine di sospensione di 90 giorni”.
La pronuncia qui impugnata, che si è puntualmente attenuta a questi principi (senza che il ricorso abbia addotto ragioni che giustificano un mutamento di indirizzo), non merita dunque la cassazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità ai sensi dell'art. 360-bis.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 7.000,00 oltre spese prenotate a debito.
30-11-2012 09:51
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