Giustizia tributaria sia considerata degna quanto le altre. XXXI Congresso Nazionale Forense.
Tumietto: giustizia tributaria sia considerata degna quanto le altre
XXXI Congresso Nazionale Forense, intervento del presidente Uncat 22.11.2012
Cari colleghi,
Porto al congresso il saluto dell'associazione degli avvocati tributaristi
Come sapete non siamo molto numerosi nel complesso dei componenti l'avvocatura, ma stiamo crescendo perché anche gli avvocati stanno iniziando ad interessarsi di questo tipo di problemi non solo come contribuenti ma anche come operatori.
In campo fiscale abbiamo molti problemi irrisolti che stanno caratterizzando in senso molto negativo il rapporto tra i contribuenti e la pubblica amministrazione; abbiamo, infine, una magistratura che sta operando, a nostro sommesso avviso, invasioni di campo, grazie anche alla sostanziale paralisi delle forze politiche, la cui inettitudine e incapacità di svolgere il proprio fondamentale ruolo sta creando drammatici problemi all'intero paese.
Per questo motivo credo che l'avvocato non possa più limitarsi a discutere di interpretazioni di norme, ma debba ora uscire allo scoperto diventando un soggetto attivo, critico e propositivo in merito a quanto accade nel sistema fiscale italiano.
E parto ad esprimere il mio dissenso da alcuni recenti interventi di primari rappresentanti della magistratura, sia delle commissioni tributarie che della Cassazione, ad incontri organizzati da noi o dal Cnf.
La funzione primaria della magistratura é di interpretare ed applicare le leggi promulgate dal Capo dello Stato dopo l'approvazione parlamentare.
Questo fondamentale compito non autorizza la magistratura a sostituirsi all'inerzia del parlamento, creando con interpretazioni forzate categorie di diritto che entrano nel mondo giuridico dalla finestra della interpretazione giurisprudenziale invece che dalla porta della legge parlamentare.
Vorrei ricordare che un elemento fondamentale delle leggi è che esse entrino in vigore prima che i fatti a cui si applicano vengano commessi.
Utilizzare lo schema della interpretazione giurisprudenziale, che improvvisamente ed ad anni di distanza dai fatti, stravolge le convinzioni sulla base delle quali il contribuente ha operato, è semplicemente inaccettabile.
La certezza del diritto, categoria scolastica sostanzialmente abolita, deve quanto meno essere temperata dalla consapevolezza di quelle cognizioni che, al momento dei fatti, il contribuente aveva o avrebbe potuti logicamente avere.
Non è umanamente possibile richiedergli di anticipare quella che sarebbe stata l'evoluzione giurisprudenziale a dieci o quindici anni di distanza.
Altro inaccettabile presa di posizione è il ritenere che, nell'applicazione della norma al caso concreto si debba tener conto degli intessi erariali, guardando con particolare favore al rischio di perdita di gettito da parte dello stato.
Vorrei ricordare al proposito una frase di John Rawls, autore che è stato molto citato in un recente convegno dall'allora presidente del consiglio superiore della giustizia tributaria, dott.ssa Gobbi.
""La giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero. Una teoria, per quanto semplice ed elegante, deve essere abbandonata o modificata se non è vera. Allo stesso modo, leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e ben congegnate, devono essere riformate o abolite se sono ingiuste. Ogni persona possiede un'inviolabilità fondata sulla giustizia, su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri."
La ripartizione dei poteri dello stato è una garanzia fondamentale di tutela per i cittadini, un elemento irrinunciabile della democrazia.
La libertà economica personale vale quanto la libertà dai ceppi, l'una supporta l'altra.
Non per nulla la storia ci insegna che nelle dittature, entrambe venivano messe da parte, elementi fastidiosi per il governante di turno.
La crisi dello stato è un fatto assolutamente veritiero, mi sembra sotto gli occhi anche del cittadino più disattento, ma questa crisi non si risolve con la diminuzione dei diritti del singolo, diritti che sono alla base del contratto e del consenso sociale.
Due parole sulla giustizia tributaria.
A dimostrazione del nostri rispetto per i giudici tributari, abbiamo più volta richiesto che una tale fondamentale funzione venga svolta da giudici professionali.
Occorre prendere atto che sia la complessità della materia che le conseguenza infauste per il contribuente di certi giudizi, non permettono più di rinviare la soluzione di questo problema.
Abbiamo detto molte volte e lo ripetiamo ora, che il diritto tributario ha due componenti, una giuridica ed una economica e che sia il difensore che il giudice non possono averne una sola, a secondo della matrice da cui provengono.
Come Uncat abbiamo preso atto di questa realtà, lavorando per ottenere la specializzazione degli avvocati e per formare quelli di loro che si vogliono dedicare al diritto tributario in modo tale che essi siano in grado di prestare con la necessaria preparazione il loro compito.
L'università dovrebbe finalmente prendere atto della assurdità di una rigida separazione tra il mondo giuridico e quello contabile e capire che vanno formati avvocati capaci di analizzare un bilancio societario e commercialisti capaci di comprendere cosa sia la procedura e la rilevanza delle eccezioni preliminari e procedurali.
La stessa considerazione vale per il giudice tributario.
La decisione di prendere per le CT regionali giudici da altri settori della giurisdizione è un errore logico, perché ritarderà il lavoro delle giurisdizioni da cui questi giudici provengono e non darà alcun vantaggio a quella tributaria in mancanza di corsi di formazione obbligatoria nella materia.
Siamo, in sostanza, di fronte a un mondo che cambia con molta rapidità, ma alcune istituzioni sembrano non rendersene conto.
Noi chiediamo fermamente che la giustizia tributaria sia considerata degna delle altre giurisdizioni dello Stato e si prenda finalmente atto che i giudici tributari devono essere selezionati con un rigoroso processo di formazione.
I poteri concessi alla Agenzia delle Entrate e ai vari esattori sono ormai così penetranti che solo il ricorso a una magistratura sensibile e preparata può dare una garanzia minima al contribuente che i suoi diritti non siano calpestati nel supremo interesse dell'incasso del credito erariale, ma nel totale disinteresse se questo credito sia dovuto e dei danni conseguenti che l'incasso o le azioni cautelari od esecutive possono creare.
Ribadiamo con forza che la lotta all'evasione è un fatto sacrosanto, ma che la creazione di imponibili con ardite interpretazioni della legge o negando al contribuente diritti dalla legge stessa concessi, sulla base di una visione molto stretta della norma, creano disaffezione, disistima e, al peggio, incentivano l'evasione.
Infine, dobbiamo ribadire con forza che il problema dell'evasione fiscale è un male italiano tanto quanto la convinzione della classe politica di poter sperperare senza rispetto e senza conseguenze negative le risorse messe a sua disposizione per la gestione del Paese.
Dobbiamo impegnarci, come cittadini e come legali, a promuovere nel paese il ritorno alla dignità delle istituzioni e al dovere civico di contribuire alle spese dello Stato, lavorando perché quest'ultimo e il cittadino si confrontino su un piano di parità e, nel caso di contrasti, possano ricorrere a una magistratura preparata, indipendente e qualificata.
Ricordo che Einaudi, a proposito delle leggi fiscali, diceva che esse dovevano essere poche, durature nel tempo e comprensibili.
(Avv. Patrizio Tumietto, presidente Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi)
24-11-2012 11:46
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