Le società non operative.
Cass. civ. Sez. V, 01-02-2019, n. 3063
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico - Presidente -
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere -
Dott. NONNO Giacomo Maria - Consigliere -
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia - Consigliere -
Dott. ANTEZZA Fabio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11352/2012 R.G. proposto da:
AZIENDA AGRARIA GRANCIARE s.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), sita in (OMISSIS) (Terni), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Gabriele Amadio e Guido Fiorentino, presso il cui studio ha eletto domicilio (in data 4 luglio 2014, l'Avv. Guido Fiorentino deposita comunicazione di trasferimento del proprio studio);
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Umbria n. 175/04/2011, pronunciata il 7 novembre 2011 e depositata il 21 novembre 2011;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 dicembre 2018 dal Consigliere Antezza Fabio;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Zeno Immacolata, che ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo di ricorso;
udito, per il ricorrente, l'Avv. Guido Fiorentino, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente (l'A.E.) l'Avv. Rocchitto Gianmario (dell'Avvocatura Generale), che ha insistito nel controricorso.
Svolgimento del processo
1. L'AZIENDA AGRARIA GRANCIARE s.r.l. (di seguito, anche: "GRANCIARE s.r.l.") ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe di accoglimento dell'appello proposto dall'A.E. avverso la sentenza dalla CTP di Terni (n. 158/04/2009). Quest'ultima, a sua volta, aveva accolto l'impugnazione del ricorrente avverso avviso di accertamento IRES 2006 (n. (OMISSIS)), notificato a novembre 2008.
2. La complessità della ricostruzione dei fatti di causa ne impone una puntuale loro sintesi (per quanto emerge dalla sentenza impugnata oltre che dal ricorso, dal controricorso e dagli atti e documenti in essi riportati e da essi richiamati oltre che depositati).
3. L'AZIENDA AGRARIA GRANCIARE s.r.l. il 20 novembre 2001 si iscrisse quale operatore agrituristico (L.R. Umbria 14 agosto 1997, n. 28, ex art. 8) ed ottenne la certificazione di abitabilità dei locali, inerenti la detta attività agrituristica, il 30 maggio 2006. Dopo circa due mesi di sottoposizione a verifica fiscale, il 22 dicembre 2006 fu emesso e notificato al contribuente PVC. In particolare, per l'Amministrazione finanziaria, con riferimento all'attività agrituristica la contribuente risultava essere una società "non operativa", ai sensi della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30 (nella sua formulazione ratione temporis applicabile), con conseguente necessità di ripresa a tassazione a fini IRES 2006).
GRANCIARE s.r.l., il successivo 20 febbraio 2007, chiese l'autorizzazione comunale allo svolgimento di attività agrituristiche (ottenuta il 24 luglio 2007) ed il 9 marzo 2007 chiese la relativa autorizzazione sanitaria alla competente ASL, che ottenne il 16 luglio 2007.
Il 10 aprile 2007 il contribuente propose istanza di disapplicazione della disciplina antielusiva in materia di società c.d. "non operative", ai sensi della citata L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis. In tale sede la società dedusse che l'attività agrituristica a quella data non aveva avuto ancora inizio in forza di ampi lavori di ristrutturazione ed in ragione del rilascio della relativa abitabilità solo in data 30 maggio 2006, essendo ancora in attesa del "nullaosta della ASL di competenza e del Comune di (OMISSIS), necessario all'avvio dell'attività suddetta" (per quanto emerge da quanto letteralmente riportato nel controricorso).
L'istanza in oggetto (c.d. "interpello disapplicativo") fu rigettata (il 5 luglio 2007), per l'insussistenza dei relativi presupposti di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis. Il 24 settembre 2008 l'A.E. invitò il contribuente ad esibire la documentazione necessaria per il c.d. "test di operatività" della società, sempre ai sensi del citato art. 30. Il successivo mese di novembre 2008, l'Amministrazione finanziaria notificò l'avviso di accertamento IRES 2006 (con il quale fu accertato un reddito positivo pari ad Euro 125.441,00, con recupero delle imposte oltre interessi e sanzioni).
4. Non andato a buon fine anche l'attivato procedimento di accertamento con adesione, il contribuente impugnò l'avviso di accertamento innanzi al Giudice tributario.
In tale sede, GRANCIARE s.r.l., non contestando la dedotta non operatività della società, dedusse, per quanto ancora rileva ai presenti fini, che essa fosse dovuta ai ritardi nel rilascio delle autorizzazioni amministrative integranti, quindi, oggettiva situazione tale da rendere impossibile il conseguimento del reddito, come contemplato dalla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis.
5. La CTP di Terni accolse l'impugnazione, ritenendo la mancanza delle pur richieste autorizzazioni una oggettiva situazione tale da rendere impossibile il conseguimento dei ricavi minimi previsti dall'art. 30.
Per quanto emerge dalla parte motiva della sentenza, riportata negli atti di parte, il Giudice di primo grado argomentò in ragione della documentazione prodotta ed inerente le scansioni temporali relative alle istanze di autorizzazione presentate dal contribuente ed alle risposte dell'amministrazione, come innanzi indicate (nei precedenti punti).
6. L'A.E. propose appello avverso la sentenza di primo grado, accolto dalla CTR con la sentenza oggetto di attuale ricorso per cassazione.
Sulla base della ricostruzione di cui innanzi, fondante l'accoglimento in primo grado, la Commissione regionale ritenne difatti insussistente l'oggettiva situazione alla base dell'impossibilità del conseguimento dei ricavi di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis, ferma restando la non contestata, anzi pacifica, non operatività della società con riferimento all'esercizio dell'attività agrituristica, perlomeno con riferimento all'anno 2006, oltre che la non contestata applicazione dei parametri per la determinazione del c.d. "reddito figurativo" (di cui al medesimo art. 30).
In forza del rilascio dell'agibilità dei locali per l'esercizio dell'attività di agriturismo in data 30 maggio 2006, rilevò il Giudice di secondo grado, la contribuente avrebbe potuto chiedere l'autorizzazione amministrativa all'esercizio della detta attività, cosa che invece fece solo il 20 febbraio 2007 (cioè dopo la notificazione del PVC conclusivo dell'accertamento).
Sicchè, accertata l'insussistenza di una stasi procedimentale, non addebitabile al contribuente, inerente le autorizzazioni amministrative necessarie per l'esercizio dell'attività in oggetto, la CTR riformò la sentenza di primo grado ritenendo insussistenti impedimenti oggettivi alla stregua del più volte citato art. 30, comma 4 bis.
7. Contro la sentenza d'appello il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi (lett. A e B), sostenuti da memorie con le quali controdeduce al controricorso, e l'A.E. si difende con controricorso, deducendo profili di inammissibilità di taluna delle doglianze oltre che l'infondatezza dei motivi di ricorso.
Con la memoria di cui innanzi il ricorrente produce la sentenza n. 135/02/2012 pronunciata (nei confronti delle parti di cui al presente processo) dalla CTP di Terni il 02/07/2012 e depositata il 17/10/2012.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente deve dichiararsi, ex art. 372 c.p.c., l'inammissibilità della produzione documentale effettuata con le memorie depositate dal ricorrente e consistente nella sentenza n. 135/02/2012 pronunciata (nei confronti delle parti di cui al presente processo) dalla CTP di Terni il 02/07/2012 e depositata il 17/10/2012.
Tale produzione, difatti, anche nella stessa prospettazione del ricorrente, non ha ad oggetto documenti riguardanti la nullità della sentenza impugnata nè l'ammissibilità del ricorso o del controricorso (non risultando peraltro neanche notificata, mediante elenco, all'altra parte processuale, differentemente da quanto previsto con riferimento ai documenti relativi all'ammissibilità).
La detta sentenza, peraltro non munita di attestazione di irrevocabilità, non è depositata neanche al fine di invocare, in sede di legittimità, un eventuale giudicato esterno e con riferimento ad essa il ricorrente, nelle memorie, si limita ad affermare che trattasi di sentenza "a quanto consta non impugnata dall'Ufficio".
2. Il ricorso è infondato, per le ragioni e nei termini di seguito evidenziati.
3. I due motivi di ricorso, indicati rispettivamente con le lettere A) e B), possono trattarsi congiuntamente per la connessione delle questioni che ne costituiscono l'oggetto.
Con il primo motivo, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce "violazione e falsa applicazione delle norme di cui alla L.R. Umbria 14 aprile 1995, n. 64".
Con esso, sostanzialmente, si prospetta come erronea la considerazione, da parte della CTR, dell'attività agrituristica come a se stante e non prettamente complementare a quella agraria, in assenza della quale la prima non potrebbe "neanche esistere". Sicchè, essendo stata intrapresa sin dal 2002 l'attività agraria di coltivazione dell'olivo (con la piantagione di circa 10.000 piante), necessitante di tempi lunghi per la sua naturale efficienza (7/8 anni), non sarebbe stato possibile attribuire alla contribuente la connotazione di "società di comodo".
Con il secondo motivo, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono "violazione e falsa applicazione della L.R. Umbria n. 28 del 1997, art. 9,.. in correlazione alla violazione e falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis".
Il ricorrente sostanzialmente deduce l'erroneità della sentenza impugnata laddove la stessa avrebbe ritenuto non sussumibile nella previsione di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis, la fattispecie concretamente accertata.
La CTR in particolare non avrebbe ritenuto integrante oggettiva situazione tale da rendere impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi, nonchè del reddito (determinati ai sensi del detto art. 30), l'assenza (per il 2006) delle autorizzazioni prescritte per l'esercizio dell'attività di agriturismo. La detta assenza sarebbe stata in particolare erroneamente addebitata all'inerzia del contribuente o, comunque, all'intempestiva attivazione dei relativi procedimenti amministrativi.
Nel prospettare quanto innanzi il ricorrente argomenta dalla circostanza per la quale, pur avendo ottenuto il 30 maggio 2006 la certificazione di agibilità dei locali destinati ad agriturismo, non sarebbe stato per lui possibile chiedere l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività (presentata solo il 20 febbraio 2007) in assenza della preventiva autorizzazione sanitaria (ottenuta il 16 luglio 2007 ma richiesta solo il 9 marzo 2007) oltre che in assenza della certificazione di prevenzione incendi (L.R. n. 28 del 2007, ex art. 9). L'autorizzazione sanitaria, a sua volta, aggiunge il contribuente, necessitava, della preventiva certificazione di prevenzione incendi richiesta (con riferimento a cisterne GPL) sin dal 29 dicembre 2005, come dichiarato dal ricorrente nel ricorso, ed ottenuta solo in data 27 dicembre 2006, cioè ormai alla fine del periodo d'imposta in contestazione. Il ricorrente in merito chiarisce altresì che la documentazione inerente la richiesta certificazione di prevenzione incendi, inserita nell'attuale ricorso per ragioni di autosufficienza, è stata prodotta "in giudizio e segnatamente dinanzi la Commissione tributaria provinciale di Terni sotto la voce "Allegati plico autorizzazioni esercizio attività agrituristica"".
Conclude infine il secondo motivo nel senso di una motivazione (della sentenza impugnata) per relationem, con riferimento a quanto sostenuto dall'A.E., oltre che in termini di radicale omesso esame di documenti esistenti in atti fin dal primo grado di giudizio, laddove il riferimento deve intendersi alla documentazione inerente la certificazione di prevenzione incendi.
3.1. I due motivi di ricorso sono infondati, oltre che inammissibili sotto plurimi profili.
3.2. Preliminarmente, limitatamente a quanto rileva nel presente giudizio, occorre inquadrare la disciplina antielusiva in oggetto, inerente le c.d. "società non operative" (o "di comodo"), ed in particolare la L. n. 724 del 1994, art. 30, nella sua formulazione ratione temporis applicabile al periodo d'imposta 2006 (di cui all'avviso di accertamento impugnato).
Sempre limitando il riferimento a quanto rileva nel presente giudizio, all'esito della modifica apportata dal D.L. 11 marzo 1997, n. 50, art. 4 (conv., con modif., dalla L. 9 maggio 1997, n. 122), ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 1, prima parte, ai fini dell'applicazione della relativa disciplina, le società ivi indicate (tra le quali anche le s.r.l.) "si considerano, salva la prova contraria, non operative se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano" applicando percentuali indicate dalla stessa norma.
La formulazione di cui innanzi (art. 30, comma 1, prima parte), ivi compreso il riferimento alla prova contraria, è rimasta tale anche all'esito della successiva modifica apportata dal D.L. n. 233 del 2006, art. 35, comma 15 (convertito, con modificazioni anche relative alla stessa L. 4 agosto 2006, n. 248, art. 30).
Il citato D.L. n. 233 del 2006, però, (tra le varie modifiche apportate all'articolo in esame) ha aggiungo il comma 4 bis all'art. 30, contemplando il c.d. "interpello disapplicativo".
Ai sensi del detto nuovo comma (il 4 bis), in particolare, "in presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonchè del reddito determinati ai sensi del detto articolo" (ovvero che non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell'IVA di cui al precedente comma 4), "la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive, ai sensi del D.P.R. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 8". Il detto art. 37 bis è stato successivamente abrogato dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, art. 1, comma 2, ma le disposizioni che lo richiamano devono intendersi riferite alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 bis.
Le modifiche apportate al D.L. n. 233 del 2006, art. 30, compresa la disposizione di cui al comma 4 bis, si applicano dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del detto D.L. n. 233 del 2006, quindi dal periodo d'imposta 2006, al quale si riferisce l'avviso di accertamento impugnato dal contribuente (ciò per espressa disposizione dello stesso D.L. n. 233 del 2006, art. 35, comma 16).
Con la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 109, il legislatore è nuovamente intervenuto sul D.L. n. 724 del 1995, art. 30, sopprimendo (anche), nella prima parte del comma 1, il riferimento alla prova contraria (in forza del comma 109, lett. a). Con il medesimo intervento è stato altresì modificato il comma 4 bis, sopprimendo il riferimento al "carattere straordinario" (in forza dello stesso comma 109, lett. h). Per l'operatività del c.d. "interpello disapplicativo", difatti, non necessità più la presenza di "oggettive situazioni di carattere straordinario" ("che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricevi...") bensì solo la presenza di "oggettive situazioni" ("che hanno reso impossibile...").
Le modifiche di cui innanzi, apportate dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 109, non trovano però applicazione con riferimento al periodo d'imposta relativo al 2006 (cioè quello di cui all'avviso di accertamento impugnato), in ragione dello stesso art. 1, successivo comma 110 (contenente una "clausola di salvaguardia"). Esso, difatti, prevede che solo alcune delle modifiche apportate (alla L. n. 724 del 1997, art. 30) dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 109, debbano trovare applicazione a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. n. 233 del 2006 (cioè dal 2006), e tra esse non sono ricomprese quelle comportanti l'eliminazione dei riferimenti alla prova contraria circa l'essere "società non operativa" (art. 30, comma 1, prima parte) ed al carattere straordinario delle circostanze oggettive di cui al comma 4 bis.
Sicchè, la formulazione della L. n. 724 del 1997, art. 30, ratioine temporis applicabile nella specie (periodo d'imposta 2006) è quella risultante all'esito delle modifiche apportate dal D.L. n. 233 del 2006, quanto a prova contraria ed al c.d. "interpello disapplicativo". Ne consegue, sempre limitatamente a quanto rileva nel presente giudizio, l'operatività del riferimento alla prova contraria circa l'inoperatività della società (art. 30, comma 1, prima parte) oltre che il riferimento, quale presupposto della richiesta di disapplicazione e comma 4 bis, alla presenza di "oggettive situazioni di carattere straordinario" ("che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricevi...").
In merito alla norma di cui innanzi questa Corte ha chiarito che in tema di società di comodo, la L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 1, prevede una presunzione legale relativa, in base alla quale una società si considera "non operativa" se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati nel conto economico è inferiore a un ricavo presunto, calcolato applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli "asset" patrimoniali intestati alla società (cd. "test di operatività dei ricavi"), senza che abbiano rilievo le intenzioni e il comportamento dei soci. Al successivo comma 4-bis, la detta norma consente la presentazione dell'istanza di interpello (chiedendo la disapplicazione delle "disposizioni antielusive"), in presenza di situazioni oggettive (ossia non dipendenti da una scelta consapevole dell'imprenditore), che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito di cui al precedente comma 1, così rispondendo all'esigenza di dare piena attuazione al principio di capacità contributiva, di cui la disciplina antielusiva è espressione, lasciando nel contempo spazio al diritto di difesa del contribuente, sufficientemente garantito dagli strumenti del contraddittorio e dalla necessità di una motivazione puntuale della condotta elusiva nell'avviso di accertamento (Cass. sez. 5, 20/04/2018, n. 9852, Rv. 647962-01).
Con particolare riferimento poi alla fattispecie in considerazione, deve aggiungersi che la funzione antielusiva della norma in esame ed il riferimento alla natura oggettiva delle circostanze impedienti di cui al citato comma 4 bis (già a prescindere dalla loro straordinarietà, successivamente non più richiesta dalla norma), porta infine ad interpretare il disposto in esame nel senso di ritenere integrato l'impedimento oggettivo, cioè derivante da situazioni specifiche ed indipendenti dalla volontà del contribuente, anche nel caso in cui l'inoperatività sia derivata dalla mancanza di autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell'attività, a condizione, però, che i relativo procedimenti siano stati tempestivamente attivati nonchè coltivati dal ricorrente.
3.3. La ricostruzione di cui innanzi rende ragione dell'inconferenza delle doglianze.
3.4. Il primo motivo è invero inammissibile per plurimi profili.
In primo luogo con esso si deducono, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "violazione e falsa applicazione della norme di cui alla L.R. Umbria 14 aprile 1995, n. 64", laddove, invece, il parametro normativo di riferimento, in quanto considerato in entrambi i giudizi di merito, sarebbe dovuto essere la disciplina relativa alle c.d. "società non operative" di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30.
Il ricorrente, poi, nei termini già evidenziati al precedente punto 3, mira a sindacare la statuizione impugnata con riferimento sostanzialmente alla riconducibilità della società contribuente nel novero di quelle "non operative" ai sensi del citato art. 30.
Sotto tale profili il ricorso già pecca di autosufficienza, con conseguente inammissibilità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non riportando gli atti dai quali argomentare la prospettazione del detto profilo di doglianza in sede di merito (per l'inammissibilità dovuta a difetto si autosufficienza per mancata riproduzione del documento, si vedano, ex plurimis: Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv. 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).
A quanto innanzi deve comunque aggiungersi che sul punto si è formato giudicato interno implicito, con conseguente inammissibilità del motivo.
Dagli atti delle parti, riproducenti anche le sentenze di merito (oltre che il contenuto della richiesta di disapplicazione e le motivazioni del relativo diniego), emerge difatti che la riconducibilità della società ricorrente al novero delle società non operative non è stata oggetto di contestazione con l'impugnazione dell'avviso di accertamento. Con essa (come fatto già in sede di c.d. "interpello disapplicativo") il contribuente si è difatti limitato a prospettare la sussistenza di circostanze oggettive tali da aver determinato la detta inoperatività (ex art. 30, comma 4 bis). Con riferimento allo specifico punto dell'assenza delle circostanze oggettive di cui innanzi è poi stata accolta l'impugnazione dell'atto impositivo dalla CTP, la cui decisione ha necessariamente avuto quale antecedente logico-giuridico l'accertamento che trattavasi di società non operativa (circostanza comunque non controversa in termini fattuali). La sentenza di primo grado è stata appellata solo dall'A.E. e con riferimento alla ritenuta sussistenza di circostanze oggettive causa dell'inoperatività. Per converso il contribuente non ha proposto appello incidentale (in ipotesi condizionato) tale da sindacare la statuizione implicita circa il la natura di società non operativa, quale presupposto dell'operatività o meno della L. n. 724 del 1997, art. 30, comma 4 bis. La sentenza di secondo grado, parimenti, proprio nel rispetto del giudicato interno come innanzi formatosi, si è pronunciata sul motivo di appello inerente la sussistenza delle circostanze oggettive tali da giustificare la non operatività della società.
Sicchè, sul punto si è formato giudicato interno con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione.
La doglianza è comunque infondata.
La stessa normazione regionale umbra evidenzia che l'attività di agriturismo è differente da quella agraria, per la quale, difatti, necessitano autorizzazioni differenti basate su differenti presupposti (si veda la stessa L.R. Umbria n. 28 del 1997, in materia della disciplina delle attività agrituristiche richiamata dal contribuente).
Rispetto a quanto innanzi argomentato risultano non pertinenti le deduzioni di cui alla memoria depositata dal ricorrente.
Con essa, difatti, si mira a sostenere la tesi di cui al primo motivo di ricorso, come detto inammissibile ancor prima che infondato.
Peraltro, a fondamento della detta tesi dell'inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 30 cit. alla società contribuente e con riferimento all'attività agrituristica, il ricorrente, con la memoria, pone il provvedimento del Direttore dell'A.E. n. 87956 del 2012, in materia di individuazione di determinate situazioni oggettive in presenza delle quali è consentito disapplicare le disposizioni sulle società in perdita sistematica (di cui al D.Lgs. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, commi da 36 decies a 36 duodecies, conv. con modif. dalla L. 14 settembre 2011, n. 148). Tale provvedimento, al punto n. 3, ha integrato il precedente provvedimento dirigenziale n. 23681 del 2008, con il quale sono state individuate determinate situazioni soggettive in presenza delle quali è consentito disapplicare le disposizioni sulle società di comodo, di cui al più volte citato art. 30, senza dover assolvere all'onere di dover presentare istanza di interpello disapplicativo, nella specie comunque proposto e con esito negativo.
In forza della detta integrazione, in particolare, possono disapplicare la disciplina delle società di comodo, senza dover assolvere all'onere di presentare istanza di interpello, (anche) le società che esercitano esclusivamente attività agricola ai sensi dell'art. 2135 c.c. e sempre che rispettino le condizioni previste dal D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 2.
Il riferimento di cui innanzi è inconferente per plurimi motivi, ai quali devono aggiungersi l'assenza anche della mera prospettazione, da parte del ricorrente, di aver rispettato le condizioni previste dall'art. 2 innanzi citato (entrato in vigore successivamente alla costituzione di GRANCIARE s.r.l.), nonchè la circostanza per la quale, comunque, nella specie il contribuente ha presentato interpello disapplicativo con esito negativo, impugnando il successivo avviso di accertamento.
In primo luogo il richiamato provvedimento dirigenziale del 2012 (integrativo di quello del 2008), prevede, al punto 5, per la disposizione integrativa di cui al precedente punto n. 3, l'efficacia a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di adozione dello stesso provvedimento (cioè con riferimento al periodo d'imposta 2012, successivo a quello in contestazione).
Il provvedimento integrato (il n. 23681 del 2008), in secondo luogo, non ha efficacia con riferimento al caso di specie, essendo dallo stesso provvedimento prevista l'efficacia a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007 (mentre quello oggetto di accertamento è il periodo d'imposta 2006).
Il provvedimento integrato (n. 23681 del 2008), poi, è esplicitamente emesso in attuazione del comma 4 ter inserito nella L. n. 724 del 1994, art. 30, dalla L. finanziaria per il 2008, art. 128, lett. f), quindi inapplicabile alla fattispecie in esame, inerente il periodo d'imposta 2006.
3.5. Infondato è il secondo motivo di ricorso con il quale si deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis, per non aver, la CTR, ritenuto integrata l'ipotesi di impedimento oggettivo (di cui al comma 4 bis) dalla situazione causata da lungaggini amministrative inerenti il procedimento di autorizzazione. Ciò anche in considerazione della L.R. Umbria n. 28 del 1997, art. 9, inerente il procedimento amministrativo preordinato all'autorizzazione all'esercizio dell'attività agrituristica.
Come innanzi argomentato in diritto, infatti, la funzione antielusiva della norma in esame ed il riferimento alla natura oggettiva delle circostanze impedienti di cui al citato comma 4 bis (già a prescindere dalla loro straordinarietà, successivamente non più richiesta dalla norma), porta infine ad interpretare il disposto in esame nel senso di ritenere integrato l'impedimento oggettivo, cioè derivante da situazioni specifiche ed indipendenti dalla volontà del contribuente, anche nel caso in cui l'inoperatività sia derivata dalla mancanza di autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell'attività, a condizione, però, che i relativi procedimenti siano stati tempestivamente attivati nonchè coltivati dal contribuente.
La Commissione territoriale ha fatto buon governo del principio di cui innanzi, ritenendo non connotate da oggettività le situazioni nella specie caratterizzanti l'iter amministrativo per l'autorizzazione all'esercizio dell'attività agrituristica, in quanto addebitabili all'inerzia del contribuente o, comunque, all'intempestiva attivazione dei relativi procedimenti amministrativi.
Il detto profilo è quindi rigettato in applicazione del seguente principio di diritto, formulato ex art. 384 c.p.c. "In tema di "società non operative", la L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis, anche in considerazione della finalità antielusiva della disposizione, deve essere interpretato nel senso di ritenere integrato l'impedimento oggettivo, cioè derivante da situazioni specifiche ed indipendenti dalla volontà del contribuente, anche nel caso in cui l'inoperatività della società sia derivata dalla mancanza di autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell'attività, a condizione, però, che i relativi procedimenti siano stati tempestivamente attivati nonchè coltivati dal contribuente".
Quanto innanzi esclude quindi la dedotta violazione di legge mentre quanto di seguito esplicitato è tale da escludere il prospettato errore di sussunzione (falsa applicazione di legge).
Nel prospettare la doglianza il ricorrente argomenta difatti dalla circostanza per la quale, pur avendo ottenuto il 30 maggio 2006 la certificazione di agibilità dei locali destinati ad agriturismo, non sarebbe stato per lui possibile chiedere l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività, presentata difatti solo il 20 febbraio 2007 (dopo la notificazione del PVC) in assenza della preventiva autorizzazione sanitaria, ottenuta il 16 luglio 2007. Ciò però si scontra con il dato documentale ed esplicitato dallo stesso ricorrente per il quale l'autorizzazione sanitaria è stata richiesta solo il 9 marzo 2007 (anche essa dopo la notificazione del PVC).
L'autorizzazione sanitaria, a sua volta, aggiunge il contribuente, necessitava, della preventiva certificazione di prevenzione incendi richiesta (con riferimento a cisterne GPL) sin dal 29 dicembre 2005, come dichiarato dal ricorrente nel ricorso, ed ottenuta solo in data 27 dicembre 2006, cioè ormai alla fine dell'esercizio 2006.
Il ricorrente in merito chiarisce altresì che la documentazione inerente la richiesta certificazione di prevenzione incendi, inserita nel ricorso per ragioni di autosufficienza, è stata prodotta "in giudizio e segnatamente dinanzi alla CTP di Terni sotto la voce "Allegati - plico autorizzazioni esercizio attività agrituristica"".
Sicchè, la deduzione in questa sede, con le modalità di cui innanzi, è inammissibile non indicando neanche il momento processuale dell'avvenuta produzione.
Lo stesso certificato di prevenzione incendi inserito nel corpo del ricorso, comunque, dà ragione dell'inconferenza della doglianza.
Nella prospettazione del motivo difatti si deduce che trattasi di certificazione rilasciata solo il 27 dicembre 2006, quindi al termine dell'anno d'imposta di riferimento (proprio il 2006). A giustificazione della natura oggettiva dell'impedimento, poi, il ricorrente evidenzia che la relativa richiesta (di certificazione prevenzione incendi) è stata presentata dalla società contribuente tempestivamente, ed in particolare il 29 dicembre 2005 (si veda anche pag. 12 del ricorso).
Per converso, dalla documentazione inserita nel ricorso (successivamente alla pag. n. 13), risulta che trattasi di istanza presentata l'11 settembre 2006 (prot. (OMISSIS)) nonostante datata 29.12.2005. Letteralmente: "con riferimento alla istanza datata 29.12.2005 e pervenuta in data 11.09.2006 prot. (OMISSIS) si trasmette in allegato il certificato di prevenzione incendi pari numero e data rilasciato da questo comando ai sensi della normativa vigente con scadenza 12.10.2009".
Non trova riscontro poi neanche nella stessa normativa regionale, richiamata dal ricorrente quale presupposto dell'errore di sussunzione oltre che della violazione di legge, la circostanza per la quale l'autorizzazione sanitaria fosse stata chiesta in ritardo (solo il 9 marzo 2007) in quanto necessitante (la detta autorizzazione) della preventiva certificazione di prevenzione incendi (comunque richiesta, come detto, solo l'11 settembre 2006).
La L.R. Umbria n. 28 del 1997, art. 9, richiamato dal ricorrente, difatti, fa riferimento ai distinti requisiti sanitari, urbanistici e di sicurezza (della normativa vigente in materia). L'autorizzazione sanitaria e la relativa relazione, inserite nel ricorso per ragioni di autosufficienza, fanno poi riferimento al numero ed alla capacità degli ambienti, alle loro condizioni, alla tipologia di approvvigionamento idrico, all'idoneità delle attrezzature da punto di vista igienico-sanitario (ecc. ecc.), con esclusione di qualsivoglia riferimento alla certificazione inerente la prevenzione incendi (di competenze di altra Autorità).
Conclude infine il secondo motivo nel senso di una motivazione (della sentenza impugnata) per relationem con riferimento a quanto sostenuto dall'A.E. Tale doglianza, comunque inammissibile per difetto di autosufficienza in ragione della mancata trasposizione dell'avviso di accertamento, al fine di apprezzarne la portata ed il dedotto vizio motivazionale della sentenza, è infondata.
La CTR ha difatti esplicitato l'iter logico-giuridico della propria decisione nei termini già ampiamente evidenziati al precedente punto n 6. della ricostruzione in fatto.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che si liquidano, in applicazione dei parametri applicabili ratione temporis, in complessivi Euro 7.300,00, oltre alle spese prenotate a debito.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che si liquidano in Euro 7.300,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2019
10-02-2019 13:45
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