Avviso di accertamento
Comm. trib. prov. Piemonte Vercelli Sez. II, Sent., 02-07-2019, n. 61
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI VERCELLI
SECONDA SEZIONE
riunita con l'intervento dei Signori:
CATANIA ANTONIO - Presidente
CAVALLARI GIUSEPPE - Relatore
MONOLO ANGELO - Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sul ricorso n. 27/2018
spedito il 22/02/2018
- avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (...) IVA-OP.IMPONIB. 2012
- avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (...) IRAP 2012
contro:
AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE VERCELLI
CORSO DE GASPERI, 14
proposto dal ricorrente:
R.R.
VIA P. G. X. N.25 13040 C. V.
difeso da:
CAZZANIGA DANIELE GIULIO
VIA AMERO CAGNONI, N.10 20147 MILANO MI
Con l'assistenza del segretario: N.L.
IN PUBBLICA UDIENZA
Sono comparsi:
il rappresentante di " Agenzia Entrate Direzione Provinciale Ufficio Controlli di Vercelli" - M. dott.ssa B.
e per la parte: assente
LETTI GLI ATTI ED ESAMINATA LA DOCUMENTAZIONE
Udito il relatore CAVALLARI Giuseppe
Svolgimento del processo
Con AVVISO DI ACCERTAMENTO (...) da parte dell'Agenzia delle Entrate si è proceduto al recupero a tassazione di maggiori ricavi, da reddito d'impresa, a carico della contribuente R.R. -
Via P. G. X. n. 25 - C., relativamente all'anno d'imposta 2012, da un dichiarato di Euro 37.472,00 ad un accertato di Euro 68.073,00 (di cui Euro 26.499,00 per maggiori ricavi ed Euro 4.102,35 per costi non inerenti l'esercizio dell'attività) quantificando la maggior imposta ( IRPEF ) in Euro 12.402,00 - (Add.le Regionale) in Euro 530,00, nonché rideterminazione del valore della produzione netta ai fini IRAP in Euro 64.934,00 e conseguente maggiore imposta accertata di Euro 1.193,00 ed infine rideterminazione del volume d'affari ai fini IVA con conseguente maggiore imposta I.V.A. dovuta per Euro 3.230,00, oltre ad interessi ed irrogazione di sanzione pecuniaria unica di Euro 16.742,70.
Gli addebiti confluiti nell'avviso di accertamento, derivano dalle risultanze della verifica delle scritture contabili afferenti l'attività esercitata di "farmacia", comportanti la quantificazione della percentuale di ricarico medio ponderato, sulla vendita di prodotti farmaceutici, pari al 48,048 rispetto a quella dichiarata del 33,43% oltre al recupero dei seguenti costi:
- Euro 2,367,10 imputato al conto (...) "minusvalenze" - non documentato;
- Euro 140,90 per n. 2 capi di abbigliamento sportivo - non inerente l'attività;
- Euro 423,00 imputato al conto (...) "abbonamenti e pubblicazioni" n. 3 scontrini C.C. sas - assenza di certezza del destinatario;
- Euro 38,47 acquisto prodotti editoriali (assenza specificazione argomento pubblicazione) - non inerente;
- Euro 30,17 acquisto libri "Istant English" - "Un diamante da Tiffany" che non trattano argomenti farmaceutici - non inerente;
- Euro 1.102,71 acquisto prodotti alimentari per uso personale.
Rilevata l'omessa presentazione dello studio di settore, giustificata in contraddittorio dalla parte con la non quadratura dello stesso con il quadro RG della dichiarazione e il non possesso di un prospetto esaustivo delle rimanenze, l'Ufficio, pertanto, provvedeva a calcolare la percentuale di ricarico media ponderata applicata in vendita dalla farmacia della dott.ssa R., attraverso la comparazione certosina e minuziosa del prezzo d'acquisto al netto IVA e del prezzo di vendita al netto IVA di tutti i prodotti presenti sulle fatture d'acquisto esibite, controllo sfociato in ben 308 pagine del prospetto n. 1 allegato all'avviso di accertamento notificato: tale prospetto contiene la rilevazione del ricarico applicato a 13.848 prodotti venduti, esame che ha consentito di rilevare la percentuale di ricarico medio ponderato del 48,048%, nettamente superiore a quella dichiarata del 33,43%.
La mediazione tributaria non si è conclusa positivamente avendo parte ricorrente rifiutato la proposta della sola riduzione delle sanzioni, formulata dall'Agenzia delle Entrate.
Si è ritualmente costituita in giudizio parte ricorrente le cui richieste vengono, di seguito, integralmente trascritte:
nel merito annullare l'atto n. (...) in oggetto in quanto mancante di fondatezza.
In subordine dichiarare dovute solo le imposte rivenienti dalle riprese fiscali riconosciute dal contribuente.
Con ripetizione delle somme che fossero comunque e coattivamente riscosse in pendenza di giudizio.
Con vittoria di spese competenze ed onorari di giudizio.
Viene, in particolare, contestato il calcolo della percentuale di ricarico medio ponderato rimarcando che le percentuali di ricarico per i singoli anni d'imposta dal 2007 al 2011, peraltro riportate a pag. 3 dell'avviso di accertamento, oscillano tra il 29% ed il 42 % (percentuale massima dell'anno 2007 antecedente al periodo della crisi, tant'è che negli anni successivi la percentuale si abbatte fortemente), per poi far lievitare abnormemente quella percentuale a ben il 48% nell'anno 2012 in questione.
Viene poi evidenziato che, avendo riguardo alle percentuali di ricarico dell'ultimo quadriennio antecedente al periodo d'imposta in questione, si riscontra la percentuale media del 34%, perfettamente in linea con quella risultante nel 2012, pari al 33,43%.
Da ultimo viene poi rimarcata l'impossibilità dell'omissione di scontrini in quanto il cliente può portare in detrazione dalla propria dichiarazione dei redditi il costo dei farmaci.
Quanto al recupero dei costi:
1. la minusvalenza è dovuta al reso di farmaci scaduti, e quindi inerente
2. ha ragione l'Ufficio nel recupero di 140,90 Euro per capi di abbigliamento
3. Euro 423,00 sono inerenti all'attività in quanto il farmacista di deve aggiornare professionalmente
4. Euro 38,47 come sopra
5. ha ragione l'Ufficio nel recupero di 30,17 Euro per pubblicazioni non inerenti
6. ha ragione l'Ufficio nel recupero di I. I 02,71 Euro per spese personali.
Costituitasi in giudizio l'Agenzia delle Entrate si oppone all'accoglimento del ricorso rimarcando che l'avviso di accertamento non è stato assolutamente emesso sulla base dello studio di settore ma che la ricostruzione e la determinazione dei maggiori ricavi è avvenuta attraverso la disamina dei prezzi netti di acquisto e di vendita di ben 13.848 prodotti, che ha condotto alla rilevazione di un ricarico medio ponderato di oltre il 48%, notevolmente superiore a quello dichiarato del 33, 43%, inferiore al range delle farmacie (37%-80%), solo questo emergente dagli studi di settore della stessa categoria e citato orientativamente come riferimento ulteriormente confermativo dell'inverosimiglianza del ricarico dichiarato.
Prosegue evidenziando che l'affermato non possesso di un prospetto esaustivo delle rimanenze è rafforzativo del fondamento dell'accertamento dei maggiori ricavi. In più parti del ricorso viene evidenziato che la battitura degli scontrini influisce direttamente sulla rilevazione delle merci in giacenza, quindi l'affermata mancanza di un prospetto esaustivo delle rimanenze stesse e l'affermata mancanza di quadratura sono circostanze da ascriversi esclusivamente a una non veritiera dichiarazione dei ricavi conseguiti, con evidente ulteriore conferma della validità e fondatezza della loro ricostruzione e determinazione così come operata dall'Ufficio.
Viene, da ultimo, sottolineato che le ditte U. Spa, U. Spa e C. sono i principali fornitori della farmacia e, insieme, costituiscono il 91,75% degli acquisti effettuati dalla farmacia della dott.ssa R.: come evidenziato nell'accertamento, le relative fatture emesse da questi tre fornitori esponevano sia il prezzo di acquisto al netto IVA che il prezzo di vendita imposto: tanto si precisa al fine di fugare i "seri dubbi" insinuati dalla difesa avversa, l'Ufficio nulla ha immaginato, la gran parte (91,75%) dei prezzi di acquisto e di vendita risultano dalle fatture acquisto prodotte dalla contribuente stessa.
Infine, riguardo ai recuperi effettivamente contestati dei costi, quello al n. 1) della minusvalenza di Euro 2.367,10 è da confermare in quanto non documentato ancora in questa sede, e anche in quella amministrativa sebbene espressamente richiesto, essendo insufficiente la semplice affermazione che si tratti di resi; da confermare il recupero n. 3) di Euro 423,00 in quanto scontrini di cartolibreria senza riferimento alcuno alla farmacia e il recupero n. 4) di Euro 38,47 in quanto acquisto di pubblicazione non di argomento farmaceutico.
Conclude con la richiesta di rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese di giudizio, maggiorate del diritto del cinquanta per cento per la rifusione delle spese del procedimento di mediazione, ai sensi dell'art. 15, comma 2-septies, D.Lgs. n. 546 del 1992.
Con memorie illustrative, ritualmente depositate, parte ricorrente ulteriormente contesta:
1. l'assenza di contraddittorio obbligatorio trattandosi di accertamento riguardante un tributo armonizzato;
2. la non omogeneità dei dati utilizzati dall'Ufficio;
3. l'emissione di accertamento induttivo senza che sia stata provata né ipotizzata l'inattendibilità della contabilità e senza la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti. Il tabulato porta errori di calcolo ed il totale rifatto da controparte non coincide con quello dell'Ufficio, inoltre è formulato con ipotesi di ricarico non documentate;
4. la mancata presentazione degli Studi di Settore non giustifica di per sé l'induttivo, in quanto ogni ripresa fiscale deve essere comunque provata e documentata non con dati generici o statistici;
5. notoriamente non si verifica mai che in farmacia non venga emesso lo scontrino fiscale;
6. il 5/12/2018 veniva formulata una proposta di conciliazione, e non si otteneva alcun parere da parte dell'ufficio.
Motivi della decisione
In ordine alla fattispecie in trattazione ritiene questo Collegio di dover esaminare, preliminarmente, la sollevata eccezione di parte resistente, con memorie illustrative, in merito l'assenza di contraddittorio obbligatorio trattandosi di accertamento riguardante un tributo armonizzato.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il contenzioso tributario è rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, ed è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso e tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con l'atto impugnato alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati ma entro i limiti delle contestazioni mosse dal contribuente.
Ne discende, conseguentemente, l'effetto maggiormente vincolante posto dall'art.18 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (commi 2 e 4) che implica l'impossibilità di indicare, dopo la proposizione del ricorso, motivi nuovi. Con l'unica eccezione contemplata dal 2 comma dell'art. 24 del succitato D.Lgs. n. 546 del 1992, che consente "l'integrazione dei motivi di ricorso" soltanto quando la stessa sia "resa necessaria" dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione, condizione questa non verificatasi nella fattispecie in trattazione.
Risultano, pertanto, inammissibili le contestazioni introdotte con memorie illustrative, in merito l'assenza di contraddittorio obbligatorio.
Riguardo al merito va osservato, preliminarmente, che, sia in tema di accertamento delle imposte sui redditi che di accertamento ai fini IVA, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell'accertamento analitico-induttivo del reddito d'impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile, in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo dell'antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all'ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell'onere della prova a carico del contribuente medesimo (cfr Corte di Cassazione - nn. 6849/2009; 7871/2012; 27488/2013).
Relativamente poi proprio alla fattispecie in trattazione il consolidato orientamento della Cassazione, ribadito con Ord. Sez. VI n. 26589 del 22/10/2018, sancisce il principio che il riscontro di incongrue percentuali di ricarico sulla merce venduta costituisce legittimo presupposto dell'accertamento induttivo, purché la determinazione della percentuale di ricarico sia coerente con la natura e le caratteristiche dei beni venduti, sicché, qualora il contribuente, in sede di giudizio, contesti il criterio di determinazione della percentuale di ricarico, il giudice di merito è tenuto a verificare la scelta dell'Amministrazione in relazione alle critiche proposte, alla luce dei canoni di coerenza logica e di congruità, tenuto conto della natura, omogenea o disomogenea, dei beni-merce nonché della rilevanza dei campioni selezionati, e la loro rispondenza al criterio di media (aritmetica o ponderale) prescelto.
Pertanto, l'Amministrazione Finanziaria, per sostenere validamente le proprie ragioni, deve dimostrare particolare attenzione nella scelta del campione di referenze da sottoporre a verifica tale da apparire, sotto l'aspetto quali-quantitativo, adeguatamente rappresentativo in rapporto alla specifica realtà economica dell'esercizio commerciale , anche senza estendersi necessariamente alla totalità dei beni.
Sempre sul tema poi la giurisprudenza della Corte di Cassazione è costante nel ritenere che in caso di omessa presentazione del prospetto analitico delle rimanenze iniziali e finali l'Ufficio può procedere ad accertamento anche di tipo induttivo attraverso una determinazione della percentuale di ricarico dei prezzi di vendita rispetto a quelli di acquisto, purché questa sia fondata su un campione di merci rappresentativo ed adeguato.
Ciò posto si ritiene che il campione prescelto (13.848 prodotti venduti) può considerarsi indiscutibilmente rappresentativo, sia sul piano quantitativo, atteso l'ingente numero di prodotti presi in considerazione, in relazione alla notevolissima varietà di merci oggetto dell'attività farmaceutica, che sul piano qualitativo, risultando appropriata la composizione del campione prescelto, non idoneamente contrastato da parte ricorrente che si è limitata ad enunciazioni assolutamente prive di alcun valido supporto documentale.
Da ultimo non può che confermarsi il recupero dei costi per complessivi Euro 4.102,35 non risultando fornita, da parte ricorrente, una qualche prova contraria.
In conclusione, nel caso di specie, gli elementi delle presunzioni sono da ritenersi idonei a giustificare l'accertamento induttivo posto in essere dall'Agenzia delle Entrate e pertanto infondate le doglianze di parte ricorrente con conseguente integrale conferma del provvedimento accertativo impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono quantificate nell'ammontare di Euro 3.307,25.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e, per l'effetto, conferma l'opposto provvedimento accertativo. Spese liquidate a carico della parte soccombente nell'ammontare di Euro 3.307,25.
Vercelli il 24 giugno 2019.
18-07-2019 22:34
Richiedi una Consulenza