mposte e tasse - Accertamento delle imposte sui redditi - Prelievi ingiustificati da conti correnti bancari - Previsione che i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito delle operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti, e sono assoggettati a tassazione, se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili - Applicabilità della disciplina anche ai lavoratori autonomi, quali percettori di “compensi” - Difetto delle correlazioni logico - Presuntive tra costi e ricavi tipiche del reddito di impresa
Imposte e tasse - Accertamento delle imposte sui redditi - Prelievi ingiustificati da conti correnti bancari - Previsione che i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito delle operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti, e sono assoggettati a tassazione, se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili - Applicabilità della disciplina anche ai lavoratori autonomi, quali percettori di “compensi” - Difetto delle correlazioni logico - Presuntive tra costi e ricavi tipiche del reddito di impresa - Presunzione lesiva del principio di ragionevolezza e del principio di capacità contributiva - Necessità di espungere dalla disposizione censurata le parole “o compensi” - Illegittimità costituzionale parziale - Assorbimento di ulteriori censure
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., l'art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall'articolo 1, comma 402, lett. a ), n. 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, limitatamente alle parole «o compensi». La norma - oltre a disporre che i dati ed elementi trasmessi su richiesta, rilevati direttamente ovvero nei controlli relativi alle imposte sulla produzione o consumo, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 del medesimo d.P.R. n. 600 del 1973, salvo che il contribuente dimostri che ne ha tenuto conto nella determinazione dei redditi o che essi non hanno rilevanza a tal fine - prevede che i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito delle predette operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti (e sono quindi assoggettabili a tassazione), se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili. L'ambito operativo di tale presunzione, originariamente limitato unicamente agli imprenditori, è stato poi esteso ai lavoratori autonomi dall'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (inserendo anche i «compensi»). Proprio tale ultima estensione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Infatti la figure del lavoratore autonomo, pur essendo per molti versi affine a quella dell'imprenditore sia nel diritto interno sia nel diritto comunitario, presenta specificità tali da far ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento. In particolare, l'attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo, che è quasi del tutto assente nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell'attività svolta, come per le professioni liberali. Inoltre, la non ragionevolezza della presunzione è avvalorata dal fatto che gli eventuali prelevamenti vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria. Infine, la norma non può trovare giustificazione nell'esigenza di combattere l'evasione fiscale rilevante nel settore in quanto essa trova una risposta nella recente produzione normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari che oltre ad essere uno strumento di lotta al riciclaggio di capitali di provenienza illecita, persegue il dichiarato fine di contrastare l'evasione o l'elusione fiscale attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti che si possono prestare ad operazioni “in nero”. (Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura) - Sull'inammissibilità di una censura alla luce del carattere alternativo e ancipite della sua formulazione, v., ex multis , sentenze nn. 280/2011 e 355/2010. - Sulla congruità del fondamento economico-contabile del meccanismo delineato dall'art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prima della sua estensione anche ai lavoratori autonomi, v. la citata sentenza n. 225/2005.
• Corte Costituzionale, sentenza 6 ottobre 2014 n. 228
02-09-2018 21:25
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