Professionisti e indagini bancarie da parte del fisco.
Corte di cassazione, sentenza 9 agosto 2017, n. 19806
L'incostituzionalità sancita nel 2014 dalla Consulta delle presunzioni nei confronti dei professionisti a seguito di accertamenti bancari riguarda i soli prelevamenti e non anche i versamenti. A precisarlo è la Corte di cassazione con la sentenza 19806/2017depositata ieri che chiarisce un aspetto abbastanza discusso a proposito delle indagini finanziarie nei confronti dei professionisti.
La pronuncia 228/2014 della Corte costituzionale aveva ritenuto illegittima la norma sugli accertamenti bancari che prevedeva una presunzione legale a favore del fisco di maggiori compensi nei confronti del professionista non in grado di fornire indicazioni su prelevamenti. Con la legge 311/2004 era stata infatti modificata la normativa sulle indagini finanziarie. Tra l'altro, erano state estese anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo le presunzioni sui prelevamenti in caso di mancata indicazione del beneficiario. In sostanza se il professionista non fosse stato in grado di fornire tali indicazioni sugli importi riscossi, l'amministrazione li riteneva automaticamente maggiori compensi, in analogia a quanto sion ad allora avvenuto con i titolari di reddito di impresa.
La Consulta ha ritenuto incostituzionale la norma (articolo 32 comma 1, numero 2, secondo periodo, del Dpr 600/73) nella parte in cui estendeva la presunzione, ai maggiori «compensi». Secondo la Corte, anche se le figure dell'imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest'ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento prevista dal predetto articolo 32, in base al quale il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo. L'attività dei lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo. Inoltre in caso di contabilità semplificata - di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria - vi è una fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali. Successivamente a tale pronuncia, oltre alla recente modifica normativa, secondo alcuni autori e talune sentenza dei giudici di legittimità in realtà la Corte costituzionale intendeva riferirsi non soli ai prelevamenti ma anche ai versamenti
La Cassazione ora dà atto dell'effettiva esistenza di tale orientamento determinato da una discrasia tra motivazione e dispositivo della sentenza della Consulta. Mentre infatti nella motivazione si fa riferimento ai soli prelevamenti, nel dispositivo (sancendo l'incostituzionalità dell'articolo 32 comma 1, numero 2 secondo periodo, del Dpr 600/73), si poteva dedurre che la dichiarata incostituzionalità fosse riferibile anche ai versamenti dei lavoratori autonomi e non solo ai prelevamenti.
I giudici di legittimità chiariscono ora che la presunzione è venuta meno solo per i prelevamenti e non anche per i versamenti per i quali resta sempre in vigore la predetta norma.
Sempre in tema di indagini finanziarie va poi segnalata che la Cassazione, con un'altra sentenza sempre depositata ieri (19810/2017) ha ribadito la necessità per i titolari di reddito d'impresa di dover provare con riferimento ai prelevamenti i beneficiari di tali somme onde evitare l'operatività della presunzione di maggiori ricavi Nel caso specifico non è stata ritenuta sufficiente la giustificazione adotta dal contribuente secondo cui i prelevamenti erano stati utilizzati per il pagamento per contanti di fatture ricevute. Secondo i giudici di legittimità infatti non vi era per nulla corrispondenza tra le somme prelevate e quelle asseritamente utilizzate per il pagamento indicato nelle fatture dei fornitori che risultavano essere di importo ben superiore. Da qui il rinvio alla Ctr che, invece, aveva ritenuto infondata la presunzione applicata dall'ufficio stante la giustificazione addotta dal contribuente.
20-08-2017 14:05
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