La violazione che comporta obbligo di denuncia penale giustifica il raddoppio dei termini di accertamento
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 6 aprile – 8 maggio 2017, n. 11207
Presidente Iacobellis – Relatore Iofrida
Fatti di causa
L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di A.M. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5493/15/2015, depositata in data 17/12/2015, con la quale - in controversia concernente l'impugnazione di un avviso di accertamento emesso per IRPEF ed addizionali regionali e comunali dovute in relazione all'anno d'imposta 2007, stante i rilievo dell'utilizzazione di fatture relative ad operazioni inesistenti, - è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d'appello, nell'accogliere il gravame dei contribuente, hanno sostenuto che l'Amministrazione finanziaria era decaduta dalla potestà accertativa, essendo inoperante il raddoppio dei termini stabilito per le violazioni aventi rilevanza penale dall'art. 43 DPR n. 600/1973, in difetto di presentazione di una denuncia penale prima del decorso del termine ordinario per l'esercizio dei poteri impositivi.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; i controricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell'art. 43 DPR 600/1973 e del DL 128/2015, essendo pacifica la contestazione di una violazione (art. 2 d.lgs. 74/2000, utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti) che comporta obbligo di denuncia penale ex art. 331 c.p.p., non assumendo rilievo che la denuncia sia stata presentata ed eventualmente quando.§
2. La censura è fondata.
Invero, sussiste la denunciata violazione dell'art. 43 DPR 600/1973 e della disciplina sul raddoppio dei termini di decadenza per l'accertamento, in presenza di una notitia criminis di natura fiscale.
L'art. 37 d.l. 223/2006, al comma 24, ha modificato art. 43 d.p.r. 600/1973, in base alla previsione che "in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, termini di cui ai commi precedenti [cioè gli ordinari termini di decadenza per l'accertamento] sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione".
Richiamato quanto precisato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 247/2011, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità del combinato disposto dell'art. 57, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell'art. 37, comma 26, del d.l. n. 223 del 2006 (convertito nella legge n. 248 del 2006), è stato ritenuto da questa Corte che, ai fini del solo raddoppio dei termini per l'esercizio dell'azione accertatrice, rileva l'astratta configurabilità di un'ipotesi di reato e non rileva né l'esercizio dell'azione penale da parte del p.m., ai sensi dell'articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell'imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, atteso anche il regime di «doppio binario» tra giudizio penale e procedimento processo tributario (Cass. 9974/2015; Cass. 20043/2015; Cass. nn. 7805, 9725, 9727, 11181 e 27392 del 2016).
Questa Corte, poi, in recente pronuncia (Cass. n. 26037/2016), ha così statuito, chiarendo come devono essere correlati tra loro i successivi interventi legislativi di cui al dlgs. 128/2015 ed alla I. 208/2015: "In tema di termini per l'accertamento tributario stabiliti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 (per le imposte sui redditi) e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 (per l'IVA): a) il regime transitorio introdotto dal comma 3 dell'art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 (in vigore dal 2 settembre 2015) non è abrogato dal successivo regime transitorio previsto dal comma 132 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 (in vigore dal 10 gennaio 2016); b) il primo regime transitorio (d.lgs. n. 128 del 2015) stabilisce che i commi 1 e 2 dell'art. 2 del dlgs. n. 128 del 2015 non si applicano né in relazione agli avvisi di accertamento, ai provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie ed agli altri atti impugnabili con quali l'Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione agli inviti a comparire di cui all'articolo 5 del dlgs. n. 218 del 1997, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione ai processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell'art. 24 della legge n. 4 del 1929, dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro il 2 settembre 2015 sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015; e) secondo regime transitorio (legge n. 208 del 2015) disciplina diversamente il regime ordinario del raddoppio dei termini di accertamento previsto dai commi 1 e 2 dell'art. 2 del dlgs. 128 del 2015, disponendo che i commi 130 e 131 dell'art. della legge n. 208 del 2015 non si applicano agli avvisi relativi al periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 e introducendo per tali periodi d'imposta anteriori una specifica normativa transitoria per le sole ipotesi in cui a detti periodi non sia applicabile il precedente regime transitorio dettato dal d.lgs. n. 128 del 2015" (cfr. Cass.16728/2016).
Nella specie, i giudici d'appello hanno ritenuto non documentata l'effettività dell'inoltro di una idonea denuncia penale, circostanza questa non necessaria ai fini che qui interessano, e la decisione non risulta conforme ai suddetti principi di diritto.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione. Il giudice dei rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata rinvia alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese dei presente giudizio di legittimità.
12-05-2017 23:50
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