Reddito di partecipazione nella srl.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
COMM. TRIB. PROV. TORINO
PRIMA SEZIONE
IN FATTO
Con ricorso rg 491/14 la srl X impugnava avanti questa Commissione l'avviso di accertamento di cui ante concernente imposte anno 2007.
Con ricorso rg 1197/14 Y impugnava avanti questa Commissione l'avviso di accertamento di cui ante concernente il reddito di partecipazione nella srl X per le imposte anno 2007.
Con ricorso rg 1198/14 Z impugnava avanti questa Commissione l'avviso di accertamento di cui ante concernente il reddito di partecipazione nella srl X per le imposte anno 2007.
Con detti ricorsi i ricorrenti chiedevano la sospensione dell'esecutività degli atti impugnati; la Commissione con Provv. 19 giugno 2010 e Provv. 27 giugno 2014 respingeva l'istanza.
L'atto impugnato scaturisce dal controllo incrociato degli elenchi clienti fornitori dal quale è risultato che la Sepi avrebbe utilizzato fatture emesse da ditta che non presentò la dichiarazione dei redditi ed aveva praticamente cessato l'attività già all'inizio dell'anno.
La ricorrente preliminarmente eccepiva la decadenza dall'azione accertatrice. Nel merito eccepiva la carenza di motivazione, l'omessa allegazione della denunzia di reato, l'infondatezza nel merito, l'inesistenza della responsabilità solidale dei soci, vizi della sottoscrizione.
Si costituiva l'Ufficio convenuto contestando punto per punte le attoree deduzioni e sostenendo la correttezza del proprio operato soprattutto alla luce della previsione di raddoppio dei termini per la decadenza dall'azione accertatrice in presenza di una notizia di reato tributario.
All'udienza del 26.11.2015, fissata nella forma della pubblica udienza, il relatore esponeva i termini dei ricorsi, venivano sentiti i rappresentanti delle Parti. Quindi la Commissione contestualmente disponeva la riunione dei ricorsi stante la loro connessione oggettiva e soggettiva e decideva nel seguente modo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Pacificamente l'atto impugnato è stato notificato il 4.9.2013, ossia dopo il decorso del normale termine per la decadenza dall'azione accertatrice, la presentazione dell'informativa contenente la notizia di reato non è pacificamente avvenuta in data anteriore alla scadenza del predetto termine. L'Ufficio convenuto sostiene la correttezza del proprio operato alla luce della previsione di raddoppio dei termini per la decadenza dall'azione accertatrice in presenza di una notizia di reato tributario. La disciplina del raddoppio dei termini di decadenza per l'accertamento, in presenza di una notizia di reato tributario, è stata introdotta dall'articolo 37, commi 24, 25 e 26, del D.L. n. 223 del 2006. In particolare, il comma 24 ha integrato l'articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, tramite l'inserimento del terzo comma, in base al quale "In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione". Tale disposizione entra in vigore a partire dal periodo d'imposta per il quale, alla data dell'entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006 (4 luglio 2006), i termini per i'accertamento siano ancora pendenti.
in virtù delle citate norme, gli ordinari termini di decadenza per l'accertamento sono raddoppiati qualora il pubblico ufficiale, nell'esercizio delle sue funzioni, constati una violazione per la quale sussiste l'obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000. Ciò vuol dire che il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione dei redditi, ovvero del quinto anno in caso dì omessa presentazione della dichiarazione, diviene, pertanto, 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione dei redditi ovvero del decimo anno in caso di omessa presentazione della dichiarazione.
L'ordinanza della Corte costituzionale 247/2011 ha confermato la legittimità, in presenza di reato, del raddoppio del termine di decadenza. La stessa Consulta, con l'ordinanza 247/2011, ha precisato inoltre che il raddoppio si realizza anche se il reato viene scoperto dai verificatori dopo il termine di decadenza ordinario, laddove ha avuto modo di sancire come in seguito all'entrata in vigore della norma del 2006, sia stato introdotto nel nostro ordinamento una sorta di "doppio binario" relativamente ai termini di accertamento, distinguendosi tra termine breve e termine raddoppiato: il "breve" si applicherebbe ogni qualvolta non sussista l'obbligo di presentare una denuncia penale per uno dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000; il "raddoppiato" sarebbe anch'esso un termine fissato dalla legge, operante automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva, qual è la sussistenza dell'obbligo di denuncia penale.
Alla luce di quanto esposto si potrebbe ritenere che il predetto termine lungo operi semplicemente in presenza di un obbligo di denunzia, a prescindere dalla presenza o meno della prova che questa sia effettivamente presentata, non essendo previsto un obbligo di produzione della denuncia all'Autorità giudiziaria.
Tuttavia con il D.Lgs. n. 128 del 2015 del 5 agosto 2015 é entrata in vigore la modifica dell'art. 43, comma 111, del D.P.R. n. 600 del 1973 la cui nuova formulazione dispone testualmente che "In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui é stata commessa la violazione. Il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell 'Amministrazione Finanziaria, in cui é ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti". Peraltro la riforma ha fatto salvi gli effetti degli avvisi di accertamento già notificati alla data di entrata in vigore del decreto. La Commissione ritiene tuttavia che la "clausola di salvaguardia" prevista dalla nuova normativa sia inapplicabile poiché presenta, oltre all'evidente ed unico fine di tutela della casse erariali, gravi profili di incostituzionalità in quanto configura un'ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti assoggettati a diversi termini di accertamento ed a diverse modalità di raddoppio degli stessi solo in conseguenza del momento in cui viene formulata la notizia di reato e/o de(///) momento in cui hanno subito la notifica dell'avviso di accertamento.
Peraltro già prima dell'entrata in vigore delle citata norma era sorto un filone giurisprudenziale che ha sancito il principio secondo cui "Il presupposto che dovrebbe far scattare il termine raddoppiato in luogo di quello breve ordinario, ex art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, ossia ia presentazione dell'informativa contenente la notizia di reato ai sensi dell 'art. 331 c.p.p., deve realizzarsi prima che il termine breve si sia consumato e con esso si sia realizzata la decadenza dell'azione accertatrice da parte dell'Amministrazione Finanziaria".
L'eccezione preliminare di decadenza dall'azione accertatrice va quindi accolta; tale accoglimento (in quanto assorbente) esime dall'esame di ogni altra questione prospettata.
La novità della materia induce alla compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Ogni altra istanza, eccezione e domanda respinte;
La Commissione accoglie i ricorsi riuniti. Compensa le spese.
Così deciso in Torino il 26 novembre 2015.
23-01-2016 18:46
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