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Sentenza

Omesso versamento nei termini delle ritenute certificate. Questione rimessa alle...
Omesso versamento nei termini delle ritenute certificate. Questione rimessa alle Sezioni Unite: occorre la prova del rilascio al contribuente/sostituito della certificazione sulle ritenute operate?
Corte di Cassazione, sez. III Penale, ordinanza 29 aprile – 25 maggio 2015, n. 21629
Presidente Teresi – Relatore Grillo

Ritenuto in fatto

1.1 Con sentenza del 14 marzo 2014 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di detta città del 28 gennaio 2011 pronunciata nei confronti di M.C. , imputata del reato di cui all'art. 10 bis D. Lgs. 74/00 (omesso versamento nei termini delle ritenute certificate per l'anno di imposta 2005 - reato accertato il 30 settembre 2006) e condannata, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi cinque di reclusione oltre alle pene accessorie di legge.
1.2 Per l'annullamento di detta sentenza ricorre M.C. a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo un unico, articolato motivo con il quale lamenta la manifesta illogicità della motivazione in punto di valutazione della prova a carico dell'imputata. Rileva, in proposito, la difesa che la Corte territoriale, pur avendo dato atto del fatto che la certificazione da rilasciare ai sostituiti rappresentasse l'elemento costitutivo del reato in parola, aveva del tutto illogicamente, ed in contrasto con le prescrizioni codicistiche in tema di prova indiziaria, ritenuto che il mod. 770 acquisito in atti fosse indizio grave, preciso ed univoco dell'omesso versamento delle ritenute, tralasciando di acquisire, di ufficio, la documentazione fiscale esistente presso l'Agenzia delle Entrate (le certificazioni rilasciate ai sostituiti) ed omettendo, anche, di procedere alla parziale rinnovazione dell'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soci lavoratori dell'impresa di cui era titolare la M. . Rileva ulteriormente la difesa che da parte della Corte nessuna prova era stata raggiunta in ordine all'avvenuta emissione delle certificazioni prima del 30 settembre 2006 (termine fissato per la dichiarazione dei redditi relativa all'anno fiscale 2005) e evidenzia che da parte della Corte territoriale è stata anche ignorata la differenza esistente tra le certificazioni delle ritenute regolate dall'art. 4 comma 6 ter del D.P.R. 322/98 e la dichiarazione resa dal sostituto di imposta sul mod. 770, disciplinata dall'art. 4 comma 1 dello stesso D.P.R., che, proprio per tale ragione, non poteva assumere il valore indiziario risolutivo attribuitogli dalla Corte distrettuale. La difesa lamenta, sul punto, la violazione dell'art. 192 comma 2 cod. proc. pen. ed insta, quindi, per l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso, nei termini in cui risulta formulato, non può dirsi manifestamente infondato, in correlazione con la questione di diritto denunciata incentrata sul valore probatorio esclusivo, o meno, del cd. "Mod. 770" in materia di omesso versamento delle ritenute certificate da parte del datore di lavoro..
1.1 Per meglio comprendere la portata del ricorso va ricordato, in punto di fatto, che alla M. viene contestato il reato p. e p. dall'art. 10 bis del D. Lgs. 74/00 "perché non versava entro il termine previsto per la presentazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per l'ammontare di Euro 117.137,00 (importo superiore a 50.000 Euro) per il periodo di imposta 2005" (Reato commesso in Milano il 30 giugno 2006 - termine previsto per la dichiarazione annuale relativa al 2005),
1.2 La materia in esame, come è noto, è disciplinata dall'art. 4 del D.P.R. 322 del 22 luglio 1998, il cui primo comma testualmente recita: i soggetti indicati nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, obbligati ad operare ritenute alla fonte, che corrispondono compensi, sotto qualsiasi forma, soggetti a ritenute alla fonte secondo le disposizioni dello stesso titolo, nonché gli intermediari e gli altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti tenuti alla comunicazione di dati ai sensi di specifiche disposizioni normative, presentano annualmente una dichiarazione unica, anche ai fini dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) e dei premi dovuti all'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.), relativa a tutti i percipienti, redatta in conformità ai modelli approvati con i provvedimenti di cui all'articolo 1, comma 1.
1.3 A sua volta il comma 6 ter del medesimo D.P.R. dispone che: "i soggetti indicati nel comma 1 rilasciano un'apposita certificazione unica anche ai fini dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) attestante l'ammontare complessivo delle dette somme e valori, l'ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché gli altri dati stabiliti con il provvedimento amministrativo di approvazione dello schema di certificazione unica. La certificazione è unica anche ai fini dei contributi dovuti agli altri enti e casse previdenziali. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le relative modalità di attuazione. La certificazione unica sostituisce quelle previste ai fini contributivi".
1.4 Le modalità e tempi di consegna delle certificazioni ai sostituiti e di trasmissione all'Organo fiscale sono partitamente regolamentate dai successivi commi 6 quater e 6 quinquies del medesimo art. 4.
1.5 La norma incriminatrice speciale è costituita - come noto - dall'art. 10 bis del D. Lgs. 74/00 come introdotto dall'art. 1 comma 414 della L. 30.12.2004 n. 311 (cd. Finanziaria 2005") a tenore del quale "È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo d'imposta.
2. Fin qui i dati normativi di riferimento, cui è seguita una cospicua elaborazione giurisprudenziale in tema di prova da raccogliere per dimostrare l'omesso versamento delle ritenute, prova che - come noto - incombe sulla Pubblica Accusa.
3. Prima di esporre le linee guida sulla base le quali si sono sviluppati gli orientamenti giurisprudenziali in materia, è bene precisare che uno dei dati tradizionalmente utilizzati dalla Pubblica Accusa per dimostrare l'omesso versamento delle ritenute certificate è rappresentato dal cd. "Mod. 770".
3.1 Tale documento, che si distingue in semplificato ed ordinario, altro non è che la dichiarazione dei sostituti di imposta, ossia dei datori di lavoro o enti di previdenza che, per legge, sostituiscono il contribuente nei rapporti con il fisco, trattenendo le tasse relative a compensi, salari, pensioni. I sostituti di imposta sono tenuti a comunicare all'Agenzia delle Entrate, mediante apposita dichiarazione annuale, i dati relativi alle ritenute operate.
3.2 Per quanto qui rileva, nel modello semplificato vanno indicati, secondo i casi, i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai contribuenti ai quali sono stati corrisposti nell'anno di riferimento redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati; le indennità di fine rapporto; i redditi di lavoro autonomo; le provvigioni e redditi diversi; altri redditi. Il modello 770 va presentato in via telematica direttamente, o a mezzo di intermediario abilitato, all'Ufficio Finanziario competente. La dichiarazione si intende presentata nel giorno in cui è conclusa la ricezione dei dati da parte dell'Agenzia delle Entrate la quale è tenuta a rilasciare la comunicazione di avvenuta ricezione della dichiarazione.
4. L'orientamento prevalente di questa Sezione si è sviluppato nel senso di considerare sufficiente a dimostrare l'omesso versamento delle ritenute o la produzione di tale modello fiscale, ovvero la prova testimoniale costituita dalle dichiarazioni rese dal funzionario dell'Agenzia delle Entrate sulla presentazione da parte del soggetto obbligato alla emissione delle certificazioni attestanti le ritenute indicate nel mod. 770.
4.1 Il percorso argomentativo seguito per pervenire a tale conclusione si è sviluppato attraverso i seguenti passaggi che possono così sintetizzarsi.
4.2 Punto di partenza è la sentenza delle S.U. F. (S.U. 28.3.2013 n. 37425, F. , Rv. 255759) la quale, premessa la differenza tra l'illecito amministrativo di cui all'art. 13 comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e quello penale conseguente al mancato versamento nei termini delle ritenute risultanti dalle certificazioni indicate nella dichiarazione annuale (mod. 770) enunciato nell'art. 10 bis del D. Lgs. 74/00, si è soffermata sulle caratteristiche del meccanismo di riscossione dell'imposta. L'Amministrazione Finanziaria, anziché riscuotere direttamente l'imposta dal percettore del reddito, incassa il tributo da un altro soggetto (quello che eroga gli emolumenti) il quale assume la qualifica di "sostituto" d'imposta ed è tenuto al pagamento del tributo in luogo dell'altro (normale soggetto passivo, cd. "sostituito"), previo l'obbligatorio prelievo di una percentuale (cd. "ritenuta alla fonte"), da versare all'Erario (generalmente entro i primi sedici giorni del mese successivo a quello di effettuazione delle ritenute così come prevede l'art. 8 del D.P.R. 600/73) della somma oggetto di erogazione (costituente il reddito). Il procedimento di sostituzione d'imposta implica l'adempimento di alcuni obblighi strumentali a carico del sostituto, il quale deve, anzitutto, rilasciare al sostituito una certificazione attestante l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate in modo da permettere al soggetto passivo di documentare e di dimostrare il prelievo subito (art. 4 commi 6 ter e 6 quater del D.P.R. 322/98); ancora, presentare annualmente una dichiarazione unica di sostituto d'imposta dalla quale risultino tutte le somme pagate e le ritenute operate nell'anno precedente (il cd. mod. 770).
4.3 Tale essendo il meccanismo di riscossione dell'imposta, nella ricordata sentenza F. vengono delineati i tratti essenziali della fattispecie penale, la quale è caratterizzata da una condotta omissiva che si realizza con il mancato versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore ad Euro 50.000,00 per ciascun periodo d'imposta. Trattasi, come precisato dalla sentenza in parola, di una ipotesi di reato omissivo proprio, istantaneo e di mera condotta, integrato dal mancato compimento di un'azione dovuta. L'erogazione di somme comportanti l'obbligo di effettuazione delle ritenute alla fonte (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23 e ss.) e di versamento delle stesse all'Erario con le modalità stabilite (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 3) ed il successivo rilascio al soggetto sostituito di una certificazione attestante l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate nell'anno precedente si pongono quali presupposti della condotta omissiva vera e propria la quale si concretizza nel mancato versamento, per un ammontare superiore ad Euro 50.000,00 delle ritenute complessivamente operate nell'anno di imposta e risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti nel termine fissato per l'adempimento, coincidente - come si è visto - con quello previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta relativa all'anno precedente. Ne consegue che il rilascio della certificazione non è elemento costitutivo del reato, ma mero presupposto della condotta omissiva.
4.5 Diversamente opinando, il rilascio della certificazione dovrebbe costituire il fatto tipico, la cui materialità risulterebbe costituita da una condotta mista (omissiva, quanto al mancato versamento, ed attiva, quanto alla circostanza che deve essere rilasciata una certificazione).
4.6 Ricostruita nei termini di cui sopra la fattispecie in esame, può dirsi acclarata la necessità del rilascio della certificazione per poter dirsi integrato il delitto di cui all'art. 10 bis del D. Lgs. 74/00.
5. Correlata a ciò è la questione della prova dell'avvenuto rilascio della certificazione in parola: sul punto, come anticipato, si è formato un primo orientamento di questa Corte secondo il quale il rilascio delle certificazioni da parte del sostituto ai sostituiti può dirsi provato o dalla dichiarazione fiscale acquisita agli atti (il mod. 770), ovvero dalla testimonianza del funzionario erariale che ha svolto le indagini sul contenuto delle dichiarazioni annuali attribuendone espressamente la paternità all'imputato.
5.1 Come già visto in tale modello sono comunicati in via telematica all'Agenzia delle Entrate i dati fiscali relativi alle ritenute operate nell'anno precedente nonché gli altri dati contributivi ed assicurativi richiesti, tra i quali quelli inerenti alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti in tale anno redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati o indennità di fine rapporto.
5.2 Secondo l'orientamento di cui sopra è stato così affermato - con riferimento a fattispecie nelle quali è stata ritenuta sufficiente la allegazione dei mod. 770 provenienti dallo stesso datore di lavoro, ovvero la testimonianza del funzionario dell'Agenzia delle Entrate che le abbia esaminate riferendone oralmente il contenuto - che la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d'imposta, sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal pubblico ministero anche mediante prove documentali, testimoniali o indiziarie (v. da ultimo, Sez. 3^ 6.3.2014 n. 20778, L. , Rv. 259182; idem n. 12.6.2013 n. 33187, Buzi, Rv. 256429; idem 15.11.2102 n. 1443, Salmistrano, Rv. 254152).
5.3 Incombe alla Pubblica Accusa provare i fatti costitutivi dell'addebito contestato, tra cui, per quanto qui interessa, il rilascio delle certificazioni (onere che può ben essere assolto per via documentale, testimoniale o indiziaria); grava, invece, sull'imputato l'onere di provare, nel caso in cui il Pubblico Ministero abbia assolto le proprie incombenze, i fatti (estintivi o modificativi) che paralizzino la "pretesa punitiva", con la conseguenza che la semplice affermazione di non avere rilasciato le certificazioni ai sostituiti o di non aver retribuito i dipendenti (e di conseguenza neppure operato le ritenute) non è sufficiente a rendere assolto l'onere probatorio e dunque non l'imputato non è esonerato dalle responsabilità di fronte a prove documentali provenienti dallo stesso imputato (o testimoniali, che a queste si riferiscano) che comprovino l'esatto il contrario.
6. Di recente, in contrapposizione a tale orientamento che poteva definirsi stabilizzato, si è formato un indirizzo del tutto diverso che non attribuisce alla prova documentale (o anche testimoniale) siffatto valore probatorio assoluto, ma mero indizio abbisognevole di ulteriori riscontri che, se mancanti, rendono inidonea la prova del rilascio delle certificazione e, di riflesso, la prova dell'omesso versamento.
6.1 Il percorso argomentativo seguito per giungere a tale conclusione è particolarmente elaborato e merita, dunque, un esame approfondito.
6.2 Il principio di diritto espresso da questo recente indirizzo è quello in forza del quale nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova dell'elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, il cui onere incombe sull'accusa, non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro (Sez. 3A 8.4.2014 n. 40256, G. , Rv. 260090).
6.3 In tale decisione, che prende comunque spunto dalla richiamata sentenza F. delle S.U., l'elemento specializzante (che vale a distinguere l'illecito amministrativo da quello penale) viene individuato, diversamente da quanto affermato delle decisioni dianzi citate, nel rilascio delle certificazioni da parte del sostituto di imposta al sostituito, con la conseguenza che il reato non può configurarsi non soltanto quando non siano state operate le ritenute, ma anche quando il datore di lavoro non abbia rilasciato la certificazione, ovvero quando la abbia rilasciata in un momento successivo alla scadenza del termine per effettuare il versamento (il 28 febbraio dell'anno successivo).
6.4 Gli elementi costitutivi sarebbero rappresentati dunque, per un verso, dall'erogazione di somme comportanti l'obbligo di effettuazione delle ritenute alla fonte e di versamento delle stesse all'Erario con le modalità stabilite e, per altro verso, dal rilascio al soggetto sostituito di una certificazione attestante l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate nell'anno precedente.
6.5 Il segmento passivo della condotta si concretizzerebbe nel mancato versamento, per un ammontare superiore ad Euro 50.000,00 delle ritenute complessivamente operate nell'anno di imposta e risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta relativa all'anno precedente.
7. La sentenza G. trae spunto dalla sentenza F. per ribadire il concetto ivi espresso secondo il quale "la condotta penalmente rilevante non è l'omesso versamento delle ritenute nel termine previsto dalla normativa tributaria, ma il mancato versamento delle ritenute certificate nel maggiore termine stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta dell'anno precedente". (S.U. F. , cit.)
7.1 Prosegue la sentenza in parola, affermando che gli elementi costitutivi della fattispecie sono costituiti dalle porzioni di condotta (attiva) comprendenti tanto l'effettuazione della ritenuta, quanto la successiva emissione della certificazione. Se così è, per ritenere sussistente il delitto occorre che la Pubblica Accusa fornisca la prova di tali elementi e, in particolare la prova che il sostituto abbia rilasciato ai sostituiti la certificazione (o le certificazioni) da cui risultino le ritenute il cui versamento è stato poi omesso.
7.2 Secondo quanto affermato nella sentenza G. , il delitto de quo sarà ravvisabile solo a seguito del materiale rilascio della certificazione, mentre nessun illecito penale può sussistere se il soggetto che ha effettuato le ritenute non le abbia poi versate al fisco e non abbia rilasciato ai sostituiti la relativa certificazione, ovvero l'abbia rilasciata in ritardo.
8. L'opposta conclusione secondo la quale sarebbe sufficiente ad integrare il reato la sola effettuazione delle ritenute seguita dal loro mancato versamento al fisco, senza che venga acquisita la prova del rilascio della certificazione, condurrebbe, secondo la sentenza G. - in contrasto con la lettera e la ratio del nuovo sistema normativo che ha previsto l'applicazione sia di sanzioni amministrative sia di sanzioni penali - ad una inammissibile interpretazione parzialmente abrogatrice della disposizione.
9. Chiamata ad affrontare la questione della prova necessaria per dimostrare l'avvenuto versamento delle ritenute, la S.C., nella sentenza G. la risolve in termini diversi rispetto a quelli utilizzati in precedenza.
9.1 Muovendo dalla considerazione che la dichiarazione rilasciata dal sostituto di imposta (il Mod. 770) non può costituire di per sé la sola prova dell'avvenuto rilascio e della effettiva consegna agli interessati della certificazione, che, come già affermato nella citata sentenza L. , costituiscono elemento costitutivo (o presupposto) del reato, con conseguente onere della prova a carico della Pubblica Accusa, anche nella sentenza G. si sottolinea che il PM non deve necessariamente fornire la prova del rilascio delle certificazioni documentalmente, ma può fornirla anche mediante altri documenti, testimoni o indizi (vds. Sez. 3A, n. 1443/12 Salmistrano). Deve, ovviamente, trattarsi - secondo quanto stabilito dall'art. 192 comma 2 cod. proc. pen. - di indizi plurimi, gravi, precisi e concordanti.
9.2 La sentenza G. , a tale proposito, ritiene che la sola presentazione, da parte del datore di lavoro, del modello 770 non può ritenersi indizio sufficiente come richiesto dall'art. 192 cod. proc. pen. (grave, preciso e concordante), perché il modello fiscale non contiene anche la dichiarazione di avere tempestivamente emesso le certificazioni: in altri termini, il mod. 770 contiene una dichiarazione non vincolante per il sottoscrittore che, se non integrata dall'elemento della avvenuta consegna delle certificazioni, non vale a costituire prova del delitto.
10. Secondo l'orientamento opposto, il modello 770 costituirebbe indizio sufficiente (quanto meno in termini di gravità e precisione) a dimostrare che le ritenute sono state certificate in quanto non avrebbe alcun senso "dichiarare quello che non è stato corrisposto e, perciò stesso, certificato".
11. La sentenza G. si discosta da tale orientamento ritenendo, invece, che la base fondante delle decisioni sopra richiamate riposa su un presupposto, ritenuto fallace, che fa leva sul fatto che tutto quello che è stato dichiarato, sarebbe stato per ciò stesso necessariamente anche certificato.
11.1 Riprendendo la natura giuridica del reato in esame qualificato come delitto a condotta mista in cui alla componente omissiva (mancato versamento nel termine delle ritenute effettuate) si affianca una precedente componente commissiva (versamento della retribuzione con l'effettuazione delle ritenute e rilascio ai sostituiti delle certificazioni prima dello spirare del termine previsto per la presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta), la decisione G. definisce tali dati come elementi costitutivi del reato, ribadendo che è preciso onere dell'accusa fornire la prova della loro sussistenza.
11.2 Senonchè la presentazione del modello 770 può costituire un mero indizio dell'avvenuto versamento delle retribuzioni e della effettuazione delle ritenute, in quanto con tale modello il datore di lavoro dichiara di averle appunto effettuate, ma non può costituire indizio sufficiente (o prova) dell'avvenuto rilascio delle certificazioni ai sostituiti prima del termine previsto per presentare la dichiarazione, "dal momento che tale modello non contiene anche la dichiarazione di avere tempestivamente emesso le certificazioni".
11.3 Tale conclusione viene giustificata attraverso una analisi mirata del mod. 770 (sia nella versione ordinaria che in quella semplificata) dalla quale emerge con certezza che il sostituto dichiara le somme versate soggette a ritenuta; l'aliquota applicata; le ritenute operate; e le somme versate al Fisco. E tuttavia si è osservato che da nessuna casella o dichiarazione contenuta nei modelli 770 emerge che il sostituto attesti anche (sia pure indirettamente o implicitamente) di avere rilasciato ai sostituiti le relative certificazioni.
11.4 Proseguendo in tale analisi, la sentenza G. sottolinea le differenze sostanziali che intercorrono tra la dichiarazione mod. 770 e la certificazione rilasciata ai sostituiti): differenze, si afferma "tali da non consentire di ritenere, automaticamente, che l'uno non possa risultare indipendente dall'altro", ribadendo che si tratta di documenti disciplinati da fonti distinte, rispondenti a finalità tra loro non coincidenti e che non devono essere consegnati o presentati contestualmente.
11.5 Ed invero, mentre la certificazione delle ritenute (che va consegnata entro il 28 febbraio di ogni anno successivo a quello in cui sono state operate le ritenute) è disciplinata dall'art. 4 comma 6 ter del D.P.R. n. 322/98 ed ha la funzione di attestare l'importo delle somme corrisposte dal sostituto di imposta e delle ritenute da lui operate, il cd. mod. 770 è regolato dal dall'art. 4 comma 1 e ss. del medesimo D.P.R. ed assolve alla funzione di informare l'Agenzia delle Entrate delle somme corrisposte ai sostituiti, delle ritenute operate sulle stesse e del loro versamento all'erario, dovendosi inoltrare nel rispetto di termini di volta in volta fissati dal legislatore (secondo che si tratti di mod. 770 normale o semplificato).
11.6 Prosegue la sentenza in parola, ricordando che la differenza tra i due documenti non è solo di ordine formale ma anche sostanziale, e precisando che, mentre le certificazioni devono essere emesse soltanto quando il datore ha provveduto a versare le ritenute, la dichiarazione mod. 770 va, invece, obbligatoriamente presentata entro il termine stabilito per legge (salvo, in caso contrario, l'applicazione di sanzioni amministrative). Corollario di tale affermazione è che risulterebbe impossibile, a causa del differente contenuto e funzione dei due atti, desumere dai dati riportati nel modello 770, il concreto rilascio, ad uno o più sostituiti di imposta, del relativo certificato.
12. Altra ragione che militerebbe a favore della opzione interpretativa contraria alla sentenza L. risiederebbe, secondo la sentenza G. , nel fatto che se davvero fosse possibile effettuare sempre ed in ogni caso l'equiparazione fra presentazione del modello 770 e rilascio delle certificazioni - nel senso che l'inoltro del modello 770 sarebbe ex sé dimostrativo dell'avvenuto rilascio delle certificazioni - diverrebbe irrazionale e privo di senso lo stesso sistema normativo delineato dal legislatore con l'introduzione dell'art. 10 bis del D.Lgs.74/00.
12.1 Invero, con l'introduzione di tale norma, il legislatore del 2000 ha reintrodotto la distinzione tra illecito amministrativo ed illecito penale, mantenendo ferma la punizione con una sanzione amministrativa per il mancato versamento di qualsiasi tipo di ritenuta, e punendo (oltre che con la sanzione amministrativa) anche con la sanzione penale il mancato versamento di ritenute certificate che superino una certa soglia.
12.2 Tutto l'impianto normativo (così come riconosce la stessa sentenza F. ) si basa sul presupposto che ben possono esistere (e di solito esistono) omessi versamenti di ritenute per le quali non è stata rilasciata certificazione ed omessi versamenti di ritenute per le quali essa è stata rilasciata.
13. L'orientamento seguito, da ultimo, con la sentenza L. comporterebbe, invece, la conseguenza di eliminare qualsiasi distinzione fra le due ipotesi, presupponendo che ogni ritenuta effettuata deve necessariamente essere stata certificata. Ma così facendo - afferma la sentenza G. - l'illecito amministrativo e quello penale avrebbero ad oggetto sostanzialmente il medesimo fatto e sarebbe più difficile ritenere possibile la duplicità di sanzioni in caso di ritenute che superino la soglia.
13.1 Proseguendo in tale ragionamento, nella sentenza G. si esclude che possa esservi una regola (o massima) di esperienza nel senso che le ritenute risultanti dal modello 770 "devono ritenersi per ciò stesso certificate, dal momento che non avrebbe senso dichiarare quello che non è stato corrisposto e, perciò stesso, certificato". Se così fosse "ossia, se davvero la presentazione della dichiarazione di sostituto presupponesse, secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit, sempre e comunque la formazione e consegna dei certificati ai sostituiti, il legislatore ne avrebbe certamente tenuto conto ed avrebbe, con notevole semplificazione probatoria, punito unicamente il mancato versamento delle ritenute riportate nella dichiarazione modello 770". E se ciò è avvenuto vuoi dire che il legislatore era ben consapevole delle differenze strutturali e della radicale autonomia dei due distinti documenti, sicché non era possibile desumere automaticamente dall'esistenza dell'uno la sussistenza dell'altro.
14. Una ulteriore ragione per escludere che la presentazione del modello 770 possa costituire prova o indizio sufficiente dell'avvenuto rilascio delle certificazioni viene individuata nel fatto che, per potersi parlare di prova di un fatto-reato, occorre una pluralità di indizi, gravi, precisi e concordanti, così come prescrive l'art. 192 comma 2 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 40061 del 21/06/2012, Tritella, Rv. 253723; Sez. 1A, n. 702 del 08/03/2000, Di Telia, Rv. 216181; Sez. 6, n. 736 del 23/02/1995, Doria, Rv. 201109).
14.1 Tale principio urta contro la conclusione cui è pervenuto l'orientamento compendiato nella sentenza L. in cui la prova viene desunta da un solo indizio (l'avvenuta presentazione del modello 770). E, a tutto voler concedere, si tratterebbe in ogni caso di un indizio non avente il carattere della gravità e della precisione in quanto suscettibile di diversa interpretazione, altrettanto o più verosimile, con la conseguenza inevitabile che la sola presentazione del modello 770 non sarebbe di per sé in grado di escludere il ragionevole dubbio che le certificazioni, invece, non siano mai state date ai dipendenti.
14.2 Considerato che il delitto di cui all'art. 10 bis del D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 sanziona penalmente, non già l'omesso versamento delle ritenute risultanti dal modello 770, bensì l'omesso versamento delle ritenute risultanti dalle certificazioni (ossia dai CUD) rilasciati ai sostituiti, viene, così, ribadito che la valenza indiziaria della sola presentazione del modello 770, ai fini della prova del rilascio delle certificazioni "non solo non è sorretta da alcuna massima di esperienza e dall'id quod plerumque accidit, ma è anche implicitamente, ma indiscutibilmente, esclusa dal legislatore, che altrimenti avrebbe molto più semplicemente punito con la sanzione penale l'omesso versamento (oltre una certa soglia) di ritenute risultanti dal modello 770 e non già di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti". (Sez. 3A 40526/14 cit.).
14.3 Nel solco di tale decisione si collocano le successive pronunce di questa Sezione 29.10.2014 n. 6203, Rispoli, Rv. 262365; 21.1.2015 n. 5736, Patti, non massimata).
15. Così riepilogati i due contrapposti indirizzi, vanno ulteriormente svolte alcune brevi considerazioni sulla valenza probatoria della dichiarazione mod. 770.
15.1 È indiscutibilmente vero che il delitto di cui al D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 bis, non punisce l'omesso versamento delle ritenute risultanti dal modello 770, ma l'omesso versamento delle ritenute risultanti dalle certificazioni (ossia dai CUD) rilasciate ai sostituiti.
15.2 Tuttavia nessuno dei due orientamenti si sofferma analiticamente sulla natura della dichiarazione contenuta nel mod. 770 e, in ipotesi, sulla assoggettabilità di tale dichiarazione, una volta sottoscritta e inviata all'Ente finanziario alla disciplina prevista dal combinato disposto degli artt. 46 e 76 del D.P.R. 445/00.
15.3 In particolare non si è esaminato se la dichiarazione in parola possa eventualmente rientrare nella categoria delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni di cui alla lettera p) dell'art. 46 del citato D.P.R. inerenti all'assolvimento di specifici obblighi contributivi con la indicazione dell'ammontare corrisposto. Una eventuale dichiarazione infedele nel mod. 770 contenente l'asserzione di avere operato ritenute in realtà mai effettuate potrebbe essere qualificata come dichiarazione non veritiera assoggettabile - ove ne ricorrano le condizioni - alle sanzioni penali previste dall'art. 76 del predetto D.P.R..
15.4 D'altro canto nelle avvertenze contenute nella prima pagina del mod. 770 sono riportate nella apposita casella intitolata "conferimento dati" le seguenti indicazioni: "I dati richiesti devono essere forniti obbligatoriamente al fine di potersi avvalere degli effetti delle disposizioni in materia di dichiarazione dei redditi. L'indicazione di dati non veritieri può fare incorrere in sanzioni amministrative o, in alcuni casi, penali....omissis".
15.5 Si tratta, ad evidenza, di avvertenze che intendono attribuire un significato formale ad una dichiarazione destinata, oltretutto, ad un soggetto pubblico e suscettibile di controlli, sicché a parte la considerazione empirica che non avrebbe senso dichiarare quello che non è stato corrisposto e, perciò stesso, certificato, va chiarito quale responsabilità incomba sul soggetto autore della dichiarazione mod. 770, indipendentemente dal profilo concernente il delitto di cui all'art. 10 bis del D. Lgs. 74/00: altro è affermare che si tratta di una dichiarazione non avente alcun carattere di solennità (e dunque abbisognevole di riscontri), altro è dire che si tratta di una dichiarazione formale, di tenore sostanzialmente confessorio, non scevra di conseguenze sul piano contenutistico.
16. Un utile riferimento potrebbe farsi alla dichiarazione rilasciata da datore di lavoro all'INPS nei cd. Mod. DM10 comprovanti il pagamento delle retribuzioni ed il versamento delle ritenute previdenziali in quanto, anche in quel caso, tale modello, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema costituisce prova dell'avvenuto pagamento delle retribuzioni e dunque prova del delitto di cui all'art. 2 comma 3 della L. 638/83.
16.1 A conferma della valenza probatoria di tale dichiarazione e del carattere vincolante di essa sotto il profilo penale va ricordato che l'eventuale falsa dichiarazione da parte del datore di lavoro contenuta nel mod. DM10 di aver corrisposto prestazioni previdenziali in realtà mai effettuate e tuttavia detratte contabilmente a conguaglio dei contributi dovuti all'INPS, integra il reato di cui all'art. 37 della L. 689/81 (Sez. 3^ 2.3.2006 n. 15077) ovvero, ancora, il reato di cui all'art. 640 cpv. cod. pen. (Sez. 3A 3.11.2014 n. 45225).
17. Si potrebbe obiettare che manca nella dichiarazione mod. 770 un riferimento inequivoco ad una eventuale sanzione penale correlata alla non veridicità della dichiarazione, al di là di quelle generiche avvertenze sul piano delle conseguenze di cui si è prima fatto cenno; ma una interpretazione autorevole da parte delle Sezioni Unite di questa Corte si impone anche in riferimento alla portata della dichiarazione fiscale. Se infatti essa dovesse assumere una valenza formale di tipo confessorio, le ricadute sul piano probatorio relative al delitto di cui all'art. 10 bis D. Lgs. 74/00 sarebbero particolarmente pregnanti.
18. A riprova della importanza che tale dichiarazione assume nell'economia del reato fiscale di cui si parla, non è superfluo ricordare che il legislatore del 2014, nel predisporre lo schema legislativo del decreto attuativo della delega fiscale di cui alla L. 23/14, all'art. 9 comma 1 del detto schema ha aggiunto dopo l'espressione figurante al primo comma dell'art. 10 bis D. Lgs. 74/00 “È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute" la frase "dovute sulla base della stessa dichiarazione" interpolandola rispetto a alla espressione immediatamente successiva figurante nell'originario testo normativo "risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo di imposta" (centocinquantamila con la eventuale riforma introdotta dalla legge delega n.d.r.), così mostrando di dare valenza probatoria proprio alla dichiarazione mod. 770 e, in ultima analisi, finendo con l'assecondare l'orientamento giurisprudenziale criticato dalla sentenza G. e da quelle che sono poi ad essa seguite.
19. Il caso oggi sottoposto all'attenzione di codeste Sezioni Unite si sviluppa lungo le direttrici in precedenza illustrate mettendo in discussione la portata dimostrativa in termini di assolutezza della mera dichiarazione mod. 770 confinata nel segmento dell'indizio insufficiente perché non grave, né preciso né concordante così come richiesto dall'art. 192 comma 3 cod. proc. pen..
19.1 Il contrasto denunciato, oltre a permanere inalterato, costituisce fonte di grave incertezza interpretativa che finisce con l'alimentare la proposizione di una serie di ricorsi il cui eventuale grado di infondatezza è suscettibile di generare altre conseguenze sul piano processuale meritevoli di particolare attenzione e dunque impone l'adozione di una soluzione risolutiva che dia anche conto della natura della dichiarazione mod. 770 e delle eventuali conseguenze nascenti da una eventuale inveridicità.
20. Sulla base delle considerazioni sin qui espresse appare necessario un intervento risolutore della Suprema Corte nella sua espressione più autorevole al fine di indicare se nella ipotesi delittuosa disciplinata dall'art. 10 bis del D. Lgs. 74/00 possa darsi valore di prova indiziaria decisiva, ai sensi dell'art. 192 comma 2 cod. proc. pen., alla semplice produzione e/o acquisizione al processo della dichiarazione fiscale mod. 770, chiarendone la portata e le conseguenze nascenti da una eventuale inveridicità, ovvero se, in presenza di tale dichiarazione, debba essere indispensabile acquisire altri riscontri ed in particolare la certificazione rilasciata dal sostituto di imposta ai singoli sostituiti per l'anno di riferimento.

P.Q.M.

Dispone la rimessione del ricorso di cui in premessa alle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione.
Avv. Antonino Sugamele

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