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Sentenza

E’ il curatore fallimentare di una SRL che risponde, con una sanzione pecuniaria...
E’ il curatore fallimentare di una SRL che risponde, con una sanzione pecuniaria, nel caso presenti una dichiarazione dei redditi infedele o non risponda a dei questionari inviati dall’amministrazione finanziaria.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 19 gennaio – 18 marzo 2015, n. 5393
Presidente Adamo – Relatore Olivieri

Svolgimento del processo

Gli atti di contestazione ed irrogazione di sanzioni pecuniarie emessi dall'Ufficio di Legnano della Agenzia delle Entrate nei confronti di T.V., quale curatore del Fallimento di C.R. s.r.l., per infedele dichiarazione presentata in via telematica per l'anno d'imposta 2004 -nel corso del quale era stato dichiarato il fallimento-, per omessa presentazione della apposita dichiarazione da trasmettersi all'Ufficio finanziario ai fini della insinuazione al passivo della procedura concorsuale, nonché per omessa risposta al questionario inviato dall'Ufficio in data 23.7.2005, venivano annullati dalla CTP di Milano,  adita dal T. limitatamente alle sanzioni concernenti le dichiarazioni fiscali.
Gli appelli principale dell'Ufficio di lagnano ed incidentale del curatore fallimentare erano entrambi rigettati dalla Commissione tributaria della regione Lombardia, con sentenza 10.12.2007 n. 100.
I Giudici territoriali, ritenuta infondata la eccezione dell'Ufficio di difetto di rappresentanza del curatore fallimentare, rilevavano, da un lato, la mancanza di colpa del curatore in quanto, al tempo della presentazione delle dichiarazioni, non disponeva ancora della documentazione contabile della società -rinvenuta  successivamente in seguito alle indagini svolte dalla Guardia di Finanza c trasmessa al curatore, in allegato al FVC redatto il 26.5.3003, soltanto in data 9.11.2005,  dall'altro la insussistenza di convincenti argomenti addotti dall'appellante incidentale per escludere l'illecito contestato per la omessa risposta al questionario.
Avverso la sentenza di appello, notificata in data 24.1.2008, ha proposto rituale ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, deducendo due mezzi.
Resiste con controricorso il curatore fallimentare, che ha depositato anche memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo l'Agenzia fiscale deduce la violazione degli artt. 10 Dlgs n. 546/1992, 81,99 e 100 c.p.c., in relazione all'art. 360 co l n. 4) c.p.c..
La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la CTR ha rigettato la eccezione dell'Ufficio con la quale veniva contestato che la parte ricorrente, costituita in giudizio, e dunque la società fallita C.R. s.r.l. rappresentata in giudizio dal curatore fallimentare, fosse legittimata a proporre opposizione avverso fatto irrogativo della sanzioni.
Afferma la Agenzia fiscale che il giudizio tributario era stato promosso dalla società fallita e non dal dott. T.V., quale autore degli illeciti contestati ed unico destinatario del provvedimento irrogativo delle sanzioni, tanto desumendosi anche dalla procura ad litem (recte dall'incarico di assistenza tecnica, ai sensi dell'art. 12 Dlgs n. 546/1992) "a rappresentare e difendere il fallimento" rilasciata dal curatore al dott. C.Z. ed apposta a margine del ricorso introduttivo.
Il resistente, nel controricorso, afferma la correttezza della statuizione impugnata, assumendo che il soggetto legittimato a resistere alla pretesa sanzionatola non può che essere la "Curatela del Fallimento C.R. essendo stati contestati inadempimenti di obblighi inerenti al rapporto tributario, riferendosi inequivocamente l'art. 8 del Dpr n. 322/1998 "ad un'obbligazione del contribuente e per la quale, in caso di fallimento del contribuente stesso, le sole modalità dì adempimento sono dettagliate e poste in capo al Curatore....nel comma 4 della norma in commento, non vi è traccia di una disposizione che prevede il mutamento soggettivo di colui che è tenuto ad adempiere all'obbligazione in discussione per cui tale adempimenti non graverebbero più sul soggetto originario -il contribuente e poi il suo fallimento- ma l'onere sarebbe traslato in capo al solo curatore" (controric. pag. 9-10). In tal senso, aggiunge il resistente, depongono sia la giurisprudenza di legittimità, che richiede la notifica dell'accertamento tributario non solo al curatore ma anche al contribuente fallito, sia la disciplina della rappresentanza processuale delle persone giuridiche e dei centri di imputazione non personificati cui è riconosciuta la capacità di essere parte nel giudizio (art. 75 c.p.c.), dovendosi distinguere la "legitimatio ad causam" che richiede la coincidenza tra il soggetto che agisce o resiste nel processo ed il titolare del rapporto sostanziale, dalla "legitimatio ad processum" che nel caso di società e centri di imputazioni non personificati viene esercitata e attraverso persone fisiche, senza tuttavia che quest'ultime vengano anche a "subentrare" nella titolarità dei rapporto controverso. Ne segue, secondo la parte resistente, che "è la Curatela del fallimento il soggetto che rimane unico e solo obbligato quanto alle sanzioni che sono derivate dalle omissioni in contestazione" (controric. pag. 12) e dunque correttamente il curatore, quale organo per legge investito della legittimazione processuale del soggetto fallito, ha impegnato la Curatela del fallimento di C.R. s.r.l., previa autorizzazione del Giudice delegato, proponendo opposizione agli atti di contestazione illeciti, e così consentendo al soggetto non persona fisica di agire in giudizio.
La CTR che ha rigettato la eccezione pregiudiziale, aderendo pedissequamente agli argomenti difensivi svolti dal curatore fallimentare, è incorsa in palese errore di diritto.
Non vi è dubbio che nel giudizio di opposizione all'atto irrogativo di sanzioni pecuniarie per violazioni di norma tributarie si sia costituito il Fallimento di C.R. s.r.l., a mezzo del curatore e non anche TV in proprio.
Come riferito dalla Agenzia fiscale (ricorso pag. 5) e non contestato dal resistente, l'atto introduttivo del giudizio riportava espressamente nella intestazione che il provvedimento irrogativo di sanzioni "veniva impugnato dal dott. V.T. nella qualità di curatore del fallimento della C.R. s.r.l., autorizzato con provvedimento del Giudice delegato..." e la procura (recte l'incarico della difesa tecnica) rilasciata a margine del medesimo atto riportava che il dott. T., nella qualità di curatore, autorizzava il dott. C.Z. "a rappresentare e difendere il fallimento".
Che i Giudici tributari abbiano inteso riferirsi alla società fallita, quale unica parte processuale (ovvero quale "giusta parte"), trova conferma, tanto nella intestazione della sentenza di appello, che indica la parte appellata in "C.R. quanto  nella relata di notifica della sentenza di appello da cui emerge che "a richiesta del Dott. C.Z. nella qualità di difensore e procuratore della C.R. s.r.l. rappresentata dal sig. T.V ..ho notificato...
A fugare qualsiasi dubbio in ordine alla individuazione, nel Fallimento della società e non nel dott. T.V. in proprio, del soggetto giuridico che ha proposto il ricorso introduttivo ed è stato parte processuale nei precedenti gradi di giudizio, vi è la procura speciale alle liti rilasciata a margine del controricorso, da cui risulta che il dott. V.A.T. "nella qualità di curatore del Fallimento C.R. s.r.l., debitamente autorizzato con decreti del Giudice delegato..." ha conferito all'avv. M.G. il potere di assisterlo e rappresentarlo in giudizio per l'annullamento della sentenza n. 100/2007 pronunciata dalla CTR nel giudizio "promosso nei confronti del Fallimento C.R. s.r.I. ", ed ancora la memoria illustrativa di cui all'art. 378 c.p.c. anch'essa depositata "nell'interesse del Fallimento C.R. s.r.l.
E non è altrettanto dubbio che la eccezione svolta dall' Ufficio fin dal primo grado, indipendentemente dal generico riferimento contenuto in sentenza ad un vizio del mandato difensivo va inquadrato nella contestazione della mancanza di titolarità dell'azione in capo al curatore quale organo della procedura concorsuale, in tal senso dovendo correttamente intendersi l'argomento difensivo dell'Ufficio secondo cui "il difensore avrebbe dovuto rappresentare direttamente il dott. T. intestatario dell'atto di contestazione e non già il fallimento della C.R. s.r.I." (di sentenza CTR)
Orbene, non essendovi contestazione e comunque essendo rimasto accertato che il soggetto che ha agito promuovendo e costituendosi nel giudizio avanti il Giudice tributario è la società fallita che sta in giudizio attraverso il curatore fallimentare, deve ritenersi errata in diritto la pronuncia della CTR, atteso che parte sostanziale del rapporto obbligatorio avente ad oggetto la pretesa sanzionatoria è esclusivamente l'autore dell'illecito, nella specie il dott. T. cui sono state personalmente contestate le infrazioni tributarie e notificati gli atti irrogativi delle sanzioni.
La sanzione pecuniaria per illecito tributano è, infatti, riferibile esclusivamente alla persona fisica che ha commesso la violazione (art. 2, comma 2; art. 4, comma 1; art, 5; art. IX, comma 2, del Dlgs n. 472/1997), non trovando deroga il principio della responsabilità personale per l'illecito tributario commesso -al di fuori dei tassativi casi di connessione con un reato previsti dal Dlgs 8.6.2001 n. 231- nel caso in cui l'autore dell'illecito abbia agito nell'ambito di un rapporto di rappresentanza legale o negoziale, di un mandato, di una preposizione institoria, o di un rapporto di lavoro dipendente od autonomo che lo legava ad altro soggetto persona fisica, persona giuridica, società, associazione od altri centri di imputazione privi di personalità giuridica: in tal caso, infatti, non rimane affatto esclusa la responsabilità della persona fisica che ha realizzato la condotta violativa, ma, nelle ipotesi in cui l'illecito "abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo" (ossia nelle Ipotesi in cui l'ente, soggetto passivo d'imposta, abbia conseguito un vantaggio diretto od indiretto dalla condotta del soggetto che agiva per suo conto: arg, ex arti. 5 co 2 e 11 co 1 e 5 DIgs n, 472/1997) insorge una autonoma obbligazione -strutturala secondo lo schema della responsabilità per fatto altrui  nei confronti dell'ente nell'interesse del quale ha agito l'autore dell'illecito, tenuto in via solidale (e non più sussidiaria, giusta la modifica introdotta dall'art. 2 col, lett. d) , del Dlgs 5.6.1998 n. 203) al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, fatto salvo il diritto dì regresso (art. 11, comma 1, Dlgs n. 472/1997),
Pertanto in applicazione dei criteri propri della disciplina delle obbligazioni solidali, l'Amministrazione finanziaria può azionare la pretesa sanzionatela nei confronti dell'autore dell'illecito (persona fisica "che ha sottoscritto ratto ovvero compiuto gli atti illegittimi": art. 11, comma 2, Dlgs n. 472/1997)» ovvero anche -ricorrendone i presupposti di legge- agire per l'adempimento della obbligazione patrimoniale (di pari importo a quello della sanzione pecuniaria) gravante sulle ente clic ha tratto comunque vantaggio dall'illecito tributario.
Tanto premesso, nel caso di specie è incontestato che l'atto di contestazione degli illeciti e di irrogazione delle sanzioni pecuniarie è stato notificato al dott. T.V. , quale autore materiale delle condotte omissive violative dell'art. 8, comma 4, secondo e terzo periodo del Dpr n. 322/1998, nonché degli artt.32 Dpr n. 600/73 e 51 Dpr n. 633/72, e non anche al soggetto dichiarato fallito, scelta della Amministrazione finanziaria del tutto coerente con lo status della società obbligata in via solidale, assoggettata alla procedura concorsuale, e quindi al divieto, posto a garanzia della "par condicio creditorum", di azioni individuali e di riscossione di crediti al di fuori del procedimento di accertamento del passivo demandato esclusivamente agli organi del fallimento (artt. 51 e 52 r.d. n. 267/1942 e succ. mod. Legge Fall.).
La tesi sostenuta dalia parte resistente contrasta palesemente, peraltro, con la netta distinzione tracciata dalla legge fallimentare tra la disciplina della legittimazione processuale del soggetto dichiarato fallito nei caso in cui venga in questione la responsabilità patrimoniale dello stesso, che vede il curatore fallimentare chiamato a stare in giudizio in luogo del fallito (a prescindere dalle diverse ricostruzioni dogmatiche di tale potere; rappresentanza legale; sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c.) in funzione strumentale all'adempimento dell'incarico assunto di amministrare il patrimonio del fallito sotto la direzione (e dopo la riforma del 2006 la vigilanza) del Giudice delegato (e del comitato dei creditori : art. 27 Dlgs n. 5/2006) e dietro autorizzazione scritta di quest'ultimo (art. 31 co 2 Legge Fall.), ed invece la responsabilità "propria" della persona fisica titolare dell'organo della curatela, in quanto tenuto ad adempiere "ai doveri del proprio ufficio imposti dalla legge" (art. 38 co l, Legge Fall.. in relazione agli obblighi di legge, il testo anteriore alla riforma del 2006 non ha subito sostanziali varianti: "// curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio"), che se chiamato a rispondere, per fatto proprio, e quindi con il proprio patrimonio, delle conseguenze connesse alla violazione di doveri inerenti alle funzioni esercitate, è libero di svolgere le difese ed assumere la qualità di parte nel giudizio, al pari di qualsiasi altra persona fisica dotata di capacità di agire (e dunque di capacità processuale), senza evidentemente dover richiedere alcuna autorizzazione al Giudice delegato, atteso che l'eventuale accertamento della propria responsabilità, non potrebbe comunque spiegare alcuna incidenza sul patrimonio del fallito (che è soggetto distinto) e quindi sulla massa fallimentare.
Pertanto, pur considerato che le norme processuali indicate nella rubrica della censura svolta dalla Agenzia fiscale solo in parte appaiono pertinenti al "quesito di diritto" formulato in calce ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., rimanendo inesplicato il richiamo al principio della domanda ex art. 99 c.p.c. nonché il riferimento all'art. 10 Dlgs n.546/1992 -che individua nel "ricorrente", nell'ufficio finanziario, nell'ente locale e nel Concessionario (ora Agente) del servizio di riscossione, le parti del processo tributario-, il motivo di ricorso deve essere accolto quanto alla prospettata violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c., essendo incorsa in errore la CTR laddove ha riconosciuto che la controversia era correttamente instaurata fra le parti del rapporto sostanziale, sebbene la opposizione al provvedimento irrogativo di sanzioni fosse stata proposta dal curatore, non in proprio, quale persona fisica indicata nell'atto di contestazione quale autore dell'illecito, ma quale organo della procedura concorsuale, ai sensi dell'art. 43 Legge Fall., a tutela del patrimonio della società fallita, e dunque essendo presente in giudizio una parte (il soggetto fallito) che non era l'effettivo titolare della posizione passiva del rapporto controverso.
In conclusione il ricorso trova accoglimento quanto al primo motivo, assorbito, il secondo, e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio ex art. 382 c.p.c. in quanto il ricorso introduttivo non poteva essere proposto dal Fallimento di C.R. s.r.l. Segue la condanna della parte resistente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, dichiarate compensate le spese relative ai gradi di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata senza rinvio in quanto il ricorso introduttivo non poteva essere proposto dal Fallimento di C.R. s.r.l.;
 - condanna la parte resistente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 7,000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, dichiarate interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi di merito.
Avv. Antonino Sugamele

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