Ufficiale dell'Aeronautica militare in quiescenza con diritto all'indennità di fine servizio chiede rimborso dell'Irpef, trattenuta all'atto di erogazione del trattamento di fine servizio da parte dell'INPDAP.
Cassazione civile sez. trib. Data: 10/04/2013 ( ud. 27/02/2013 , dep.10/04/2013 ) numero: 8726
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Presidente -
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. - Consigliere -
Dott. CIGNA Mario - Consigliere -
Dott. FERRO Massimo - Consigliere -
Dott. CRUCITTI Roberta - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in Roma, via Silvio
Pellico n. 44 (studio Avv. Antonio Ferdinando De Simone) e
rappresentato e difeso per procura in calce al ricorso dall'Avv.
GUELFI Vera;
- ricorrente -
contro
AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 presso
gli uffici dell'Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è
rappresentata e difesa;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 117/22/11 della Commissione Tributaria
Regionale della Puglia - sezione staccata di Lecce, depositata il
13.5.2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27.2.2013 dal Consigliere Dott. Roberta Crucitti;
udito per il ricorrente l'Avv. Ferdinando De Simone per delega;
udito per la controricorrente l'Avv. Eugenio De Bonis;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A.A., ufficiale dell'Aeronautica militare in quiescenza con diritto all'indennità di fine servizio a norma del D.P.R. n. 1032 del 1973, impugnava il silenzio rifiuto opposto dall'Ufficio all'istanza di rimborso dell'Irpef, trattenuta all'atto di erogazione del trattamento di fine servizio da parte dell'INPDAP, lamentando che l'ente previdenziale aveva operato una ritenuta superiore al dovuto per non avere detratto dall'imponibile del t.f.s. l'ammontare dei contributi versati, a integrale carico del lavoratore, imputabili agli anni di anzianità riscattati.
La Commissione Tributaria di Brindisi accoglieva il ricorso del contribuente ma detta sentenza, in accoglimento dell'appello proposto da Agenzia delle Entrate, veniva integralmente riformata, con rigetto del ricorso introduttivo, dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia - sezione staccata di Lecce con la sentenza indicata in epigrafe.
I Giudici territoriali rilevavano che la fattispecie, caratterizzata da contribuzione versata volontariamente dal lavoratore era diversa da quella di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 178/1986, sulla quale la Commissione Tributaria di prima istanza aveva fondato la sua decisione, trattandosi di imposizione della parte dell'indennità di fine servizio che conseguiva all'esercizio della facoltà di riscatto ex D.P.R. n. 1032 del 1973, la quale - come precisato dalla stessa Corte Costituzionale con successiva sentenza n. 42 del 1992 - ha una propria fisionomia denotata dalla mancanza di riferimento all'effettiva prestazione di servizio e sulla base della mera determinazione volitiva del riscattante sul quale, quindi, gravava, nella sua totalità, la contribuzione in parola.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a tre motivi. Agenzia dell'Entrate si è costituita in giudizio.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo intestato "omessa ed incomprensibile motivazione" si censura la sentenza impugnata di "mancanza di chiarezza" per avere applicato un principio fissato da questa Corte con riguardo alla contribuzione figurativa relativa agli anni di studio e, quindi, in una fattispecie diversa da quella oggetto di ricorso nella quale, invece, il contribuente aveva lavorato alle dipendenze dello stesso datore di lavoro (Aeronautica Militare) ma in servizio pre-ruolo (ovvero prima dell'assunzione a tempo indeterminato).
1.1. Il motivo è infondato.
La pronuncia è chiaramente intelligibile laddove riporta del tutto correttamente i dati identificativi e della sentenza della Corte Costituzionale e di sentenza di questa Corte (n. 10584/97) pronunciatesi in materia e, peraltro, anche ove vi fosse stato l'errore denunciato questo non ha impedito, proprio per i suoi esatti termini identificativi, alla parte di riconoscere e, quindi, disquisire sul precedente citato. D'altra parte, la dedotta circostanza secondo cui la sentenza citata dalla C.T.R. riguarderebbe una fattispecie diversa da quella oggetto di giudizio non integra, certamente, il vizio motivazionale dedotto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5.
2. Con il secondo motivo intitolato "evidente violazione di norme di legge" il ricorrente prospetta come l'interpretazione data dalla Commissione Tributaria Regionale alla normativa di riferimento violerebbe la normativa costituzionale che "tutela la parità dei cittadini davanti alla legge e la tutela dalle differenti posizioni oggettive dei cittadini davanti all'imposizione fiscale".
2.1. Il motivo, al limite dell'inammissibilità per la sua genericità, è, comunque, infondato. La Commissione tributaria regionale pugliese ha argomentato la sua decisione proprio alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 42/1992 che, come si illustrerà più diffusamente infra, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale del citato art. 2 della L. n. 482 del 1985, nella parte in cui non prevede, per la quota di indennità di buonuscita Enpas relativa a servizi o periodi volontariamente riscattati dall'interessato, una detrazione dall'imponibile che tanga conto dei contributi versati per esercitare il riscatto.
3. Con il terzo motivo rubricato "falsa applicazione di norma di legge" il ricorrente censura la sentenza della Commissione Tributaria Regionale pugliese per avere applicato alla fattispecie la L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 2, malgrado l'illegittimità costituzionale di detta norma (come dichiarata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 178 del 1986 nella parte in cui non prevedeva una detrazione dall'imponibile dei contributi versati dal prestatore di lavoro).
In particolare, il ricorrente, nell'invocare l'applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, anche al caso del lavoratore che versi contributi negli anni di lavoro precario, deduce l'errore commesso dai Giudici di secondo grado nel parificare la contribuzione volontaria relativa ad anni di studio a quella versata dal lavoratore in relazione ad anni in cui, invece, prestava sia pure a titolo precario, attività lavorativa per il medesimo datore di lavoro.
3.2. il motivo è infondato.
Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, come integrato dal D.L. n. 70 del 1988, art. 4, convertito nella L. n. 154 del 1998, stabilisce che "l'ammontare netto delle indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti ed assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data di collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l'aliquota del contributo posto a carico dei lavoratori dipendenti ed assimilati e l'aliquota complessiva del contributo stesso versato all'ente, cassa o fondo previdenza".
La norma, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 12486/1997), crea un meccanismo che presuppone una indennità di buonuscita corrisposta per periodi in cui vi è stata una contribuzione ripartita fra datore di lavoro e lavoratore; ed, in applicazione della giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 178/1986) stabilisce che la non tassabilità venga determinata in base al rapporto, alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l'aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e quella complessiva del contributo medesimo.
Pertanto, sul presupposto che la predetta disposizione non appare applicabile nelle ipotesi di contribuzione volontaria totalmente a carico del lavoratore si è affermato il principio, cui il Collegio, ritiene dare continuità secondo cui "dall'imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta sull'indennità di buonuscita, che è erogata al dipendente dello Stato cessato dal servizio, non deve essere esclusa la quota di detta indennità correlata ai versamenti volontari effettuati dal dipendente" non solo in fattispecie relative al riscatto, con versamenti volontari, del periodo di studi universitari (Cass. n. 10730/92 e Cass. n. 10584/1997 richiamata dalla C.T.R. pugliese nella sentenza impugnata) ma anche in fattispecie relative alla contribuzione volontaria versata con riguardo ad altra anzianità convenzionale (Cass. 12486/1997) ed al riscatto del c.d. servizio preruolo (Cass. n. 150/1996). E ciò sul comune presupposto che - ritenuto l'ambito applicativo dell'art. 17 citato come sopra illustrato - la non tassabilità viene determinata in base al rapporto, alla data in cui è maturato il diritto alla percezione fra l'aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e quella complessiva del contributo medesimo onde la stessa è limitata alle ipotesi di indennità di buonuscita corrisposta per periodi in cui vi è stata una contribuzione ripartita fra datore di lavoro e lavoratore con esclusione, quindi, delle ipotesi di contribuzione volontaria totalmente a carico del lavoratore ed irrilevanza della "causale" di detta contribuzione essendo ininfluente che la stessa sia stata versata per il riscatto di periodi in cui vi sia stata o non vi sia stata effettiva prestazione di attività lavorativa.
Del resto, la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 42/1992, - nel ritenere non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 482 del 1985, art. 2, nella parte in cui non prevede, per la quota di indennità di buonuscita Enpas relativa a servizi o periodi volontariamente riscattati dall'interessato, una detrazione dall'imponibile che tenga conto dei contributi versati per esercitare il riscatto - ha rilevato che la quota di indennità di buonuscita afferente a periodi e servizi riscattati a domanda assume "una propria fisionomia che la differenzia dalla parte di indennità connessa ai periodi di effettiva prestazione del servizio...e non è correlata ad un rapporto previdenziale automatico ed a un meccanismo contributivo istituzionalmente e cumulativamente riferibile al datore di lavoro".
E da altra parte, si è già constatato (cfr. Cass. n. 150/1996; id.
12486/1997), che ove si accedesse alla tesi propugnata dal ricorrente si perverrebbe "ad una disparità di trattamento tra dipendenti con pari anzianità contributiva, attribuendo un imponibile minore (e quindi, un minor carico tributario) al dipendente che abbia cumulato al servizio un'anzianità convenzionale" fermo restando che il maggior onere contributivo "trova il suo corrispettivo nel beneficio che il dipendente riceve ottenendo la valutazione di periodi altrimenti non valutabili".
Alla luce delle superiori considerazioni, la sentenza impugnata, la quale ha correttamente applicato la normativa di riferimento, va esente da censura con conseguente rigetto del ricorso.
In ossequio al principio di soccombenza il ricorrente va condannato ai compensi di lite, liquidati in dispositivo ai sensi dei parametri del D.M. 20 luglio 2012, n. 140.
PQM
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione in favore dell'Agenzia delle Entrate dei compensi di lite che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2013
27-04-2013 12:41
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