L’onere di provare la frode fiscale e la connivenza del cessionario con il cedente incombe all’amministrazione finanziaria.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 27 febbraio - 2 maggio 2013, n. 10252
Presidente Cicala – Relatore Cosentino
Fatto e diritto
rilevato che, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
« L'Agenzia delle entrate ricorre contro gli eredi del defunto sig. B. T., in epigrafe nominati, per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Centrale, confermando la sentenza di secondo grado, ha annullato gli avvisi di accertamento IRPEF-ILOR con cui si rideterminavano i redditi d'impresa del suddetto B. T. per gli anni 1982, 1983 e 1984.
Il ricorso si fonda su 5 motivi, di seguito elencati:
- con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 39, comma 1, lett. b), d.p.r. 600/73, dell'articolo 75 Tuir e dell'articolo 2697 c.c.. in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa addossando all'Ufficio l'onere di provare la fondatezza della pretesa fiscale derivante dalla contestazione in ordine alla deducibilità dì elementi negativi di reddito;
- con il secondo motivo si censura l'insufficiente motivazione della sentenza sul fatto decisivo della fittizietà delle operazioni in relazione alle quali l'Ufficio ha disconosciuto la detrazione dell'Iva;
- con il terzo motivo sì denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 42 d.p.r. 600/73 in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa ritenendo gli avvisi impugnati privi di adeguata motivazione perché privi di ulteriori approfondimenti rispetto al verbale della Guardia di Finanza;
- con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 23 d.p.r. 739/81, nonché l'insufficiente motivazione della sentenza, per avere questa, per un verso, ritenuto inutilizzabili le testimonianze acquisite nel corso della verifica della Guardia di Finanza e, per altro verso, ritenuto che la pretesa erariale si fondasse esclusivamente su tali testimonianze e non anche sulla documentazione acquisita dai verificatori;
- con il quinto motivo si censura l'insufficiente motivazione sul fatto controverso decisivo che la merce oggetto delle fatture ritenute dell'ufficio soggettivamente inesistenti non fosse stata consegnata alla contribuente dall'apparente cedente, Sider-Le S.r.l., ma direttamente dai vettori incaricati dall'originario fornitore.
Esame del primo motivo.
Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Secondo la difesa erariale, la Commissione Tributaria Centrale avrebbe errato nell'affermare - con riferimento ad una ripresa fiscale fondata sul disconoscimento della deduzione dei costicontabilizzati dalla contribuente e ritenuti dall'Ufficio meramente apparenti, o comunque privi dei requisiti certezza ed inerenza - che l'onere di dimostrare la fondatezza della ripresa fiscale gravi sull'Ufficio, ignorando il principio giurisprudenziale per cui la prova dell'esistenza di componenti negativi di reddito grava sul contribuente interessato a farli valere. Il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, nella parte in cui fa riferimento alla statuizione di annullamento delle riprese fiscali relative alla deduzione di oneri asseritamente privi di inerenza (omaggi a clienti, spese promozionali, conti di alberghi e ristoranti, valori bollati); nel ricorso, infatti, non si dà conto né delle ragioni poste dall'Ufficio a fondamento di dette riprese, né delle contestazioni mosse dal contribuente, né delle doglianze al riguardo proposte dall'Ufficio nell'impugnazione della sentenza dì secondo grado davanti alla Commissione Tributaria Centrale, cosicché l'apprezzamento della concreta portata della censura risulta impossibile.
Il motivo è invece infondato nella parte in cui fa riferimento alla statuizione di annullamento delle riprese fiscali relative alla detrazione dell'Iva su operazioni soggettivamente inesistenti. Questa Corte, infatti, si è di recente soffermata specificamente sul riparto dell'onere probatorio tra Fisco e contribuente in ordine al coinvolgimento dell'acquirente nelle frodi "carosello" poste in essere dal fornitore, enunciando, nella sentenza 10414/11, i seguenti principi;
"nel caso, come il presente, di apparente regolarità contabile della fattura, dotata dei requisiti di legge, t'onere della prova grava sull'Ufficio, net senso che questi deve provare 1) gli elementi dì fatto della frode, attinenti il cedente, ovvero la sua natura di "cartiera", la inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell'IVA come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e simili; 2) la connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente però con prova "certa" ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purché dotati del requisito di gra\'ità precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di elementi obiettivi - che possono coincidere con quelli sub) 1 - tali da porre sull'avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sulla inesistenza sostanziale del contraente, il quale non può non rilevarla e peraltro deve coglierla, per il dovere di accortezza e diligenza insito nell'esercizio di una attività imprenditoriale e commerciale qualificata.
Qualora, con giudizio di fatto rimesso al giudice del merito, la Amministrazione abbia fornito una prova nei termini di cui sopra, l'onere a carico della medesima si intende assolto e grava sul contribuente l'onere della prova contraria.
L'onere di provare gli elementi di fatto della frode e la connivenza del cessionario con il cedente grava dunque sull'Amministrazione (che può fornire tale prova anche mediante presunzioni semplici, le quali possono derivare anche dalle medesime risultanze di fatto attinenti al cedente); nella specie la sentenza gravata si è attenuta a tale principio di diritto, perché ha annullato gli avvisi di accertamento sulla base del giudizio di fatto che l'Ufficio non avesse provato la fittizietà delle operazioni di acquisto.
Si propone il rigetto del motivo.
Esame del secondo e quinto motivo.
Il secondo motivo ed il quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente e appaiono fondati, perché la motivazione della sentenza gravata sul fatto decisivo della fittizietà delle operazioni in relazione alle quali l'Ufficio ha disconosciuto la detrazione dell'Iva è palesemente apodittica (pappare dal contesto della controversia che l'Ufficio non abbia mai provato la fittizietà delle operazioni d'acquisto") e gravemente insufficiente laddove non dà alcun conto - nemmeno per confutarne l'attendibilità o la concludenza induttiva - delle risultanze relative alle modalità di consegna della merce di cui alle fatture in questione; risultanze - illustrate nel ricorso dell'Ufficio alla Commissione Tributaria Centrale e riepilogate a pagina 2 del ricorso per cassazione della difesa erariale - secondo cui la merce veniva spedita dall'originario fornitore alla Sider-Le con bolla di accompagnamento a questa indirizzata ma, di fatto, veniva consegnata direttamente agli acquirenti finali, nei cui confronti la Sider-Le emetteva una bolla di accompagnamento in variazione della prima ed una fattura di vendita.
Si propone l'accoglimento di detti motivi. Esame del terzo motivo.
Il terzo motivo appare fondato, perché la statuizione della sentenza gravata secondo cui l'onere di motivazione provvedimenti impositivo non sarebbe soddisfarlo in caso di generico richiamo dell'Ufficio al processo verbale della Guardia di Finanza contrasta con l'insegnamento di questa Corte secondo cui "In tema di avviso dì rettifica da parte dell'amministrazione finanziaria di dichiarazione IVA, la motivazione degli atti di accertamento "per relationem", con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell'esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l'ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (sent. 10205/03; conformi, sentt. 25146/05, 21119/11). Esame del quarto motivo.
Il quarto motivo appare fondato in riferimento alta censura di violazione dell'articolo 23 d.p.r. 739/81 (che assorbe la censura di insufficiente motivazione), in quanto è costante insegnamento dì questa Corte che "Il divieto di ammissione della prova testimoniale nel giudizio davanti alle commissioni tributarie, sancito dall'art. 4, comma quarto, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, si riferisce alla prova testimoniale da assumere nel processo - che è necessariamente orale, di solito ad iniziativa dì parte, richiede la formulazione di specifici capitoli, comporta il giuramento dei testi, e riveste, conseguentemente, un particolare valore probatorio -, e non implica, pertanto, l'inutilizzabilità, ai fini della decisione, delle dichiarazioni raccolte dall'Amministrazione nella fase procedimentale e rese da "terzi", e cioèda soggetti terzi rispetto al rapporto tra il contribuente - parte e l'Erario. Tali informazioni testimoniali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari, e devono pertanto essere necessariamente supportale da riscontri oggettivi" (cosi, tra le varie, Cass. 903/02).
Si propone il rigetto del primo motivo di ricorso, l'accogli mento degli altri, e la cassazione con rinvio della sentenza gravata..»
che i contribuenti non sono costituiti;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla ricorrente;
che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide la proposta del relatore;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va accolto e la sentenza gravata va cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Centrale, in altra composizione, perché motivi sulle circostanze menzionate e si attenga ai principi di diritto enunciati.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza gravata e rinvia alla Commissione Tributaria Centrale, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
10-05-2013 12:46
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