Giudice di Pace viene investito di una questione riguardante una cartella esattoriale comprendente sanzioni amministrative e crediti tributari ed in sentenza non dichiara il proprio difetto di giurisdizione. Necessita l'appello sul punto.
Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 22 - 30 ottobre 2013, n. 24473
Presidente Santacroce – Relatore Botta
Svolgimento del processo
La controversia concerne l'impugnazione innanzi al Giudice di pace di Nico-sia di una cartella di pagamento recante in parte una pretesa tributaria relativa ad IRPEF conseguente a controllo automatico ex art. 36-fcis, D.P.R. n. 600 del 1973 e in parte ingiunzione di pagamento in relazione a violazioni del codice della strada. Il contribuente contestava la non debenza della somma dovuta a titolo di IRPEF, per difetto di motivazione sulla rettifica della dichiarazione e per omesso invio dell'avviso di cui all'art. 6, comma 3, L. n. 212 del 2000, l'omessa notifica dei verbali concernenti le violazioni al codice della strada, nonché la decadenza del potere impositivo in ragione dell'omessa notifica della cartella nel termine di cinque mesi dalla consegna del ruolo, ai sensi dell'art. 1, comma 148, L. n. 244 del 2007.
Nel giudizio si costituivano l'Agenzia delle entrate, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per quanto atteneva alla pretesa tributaria azionata con la cartella; il Comune di Nicosia, che contestava la denunciata omessa notifica dei verbali concernenti le violazioni del codice della strada e la Serit Sicilia, che eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, già eccepito dall'Agenzia delle entrate, e il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alle contestazioni relative all'imposizione, sviluppate dal contribuente.
Il Giudice adito dichiarava inammissibile il ricorso del contribuente per essere stata impugnata la contestata cartella oltre i 30 giorni dalla notifica.
Promuoveva appello il contribuente, anche reiterando le proprie censure alla cartella impugnata. Si costituivano la Serit Sicilia - che, senza proporre appello incidentale, riproponeva l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla pretesa tributaria fatta valere con la contestata cartella - e il Comune di Nicosia. Non si costituiva l'Agenzia delle entrate.
Il Tribunale adito, ritenuta l'ammissibilità del ricorso originario, declinava la propria giurisdizione a favore del giudice tributario in ordine alla pretesa tributaria azionata con la cartella in questione, confermava nel resto la sentenza di primo grado e condannava l'appellante alle spese del giudizio.
Avverso tale sentenza, il contribuente propone ricorso per cassazione con sei motivi. Resiste con controricorso la Serit Sicilia S.p.A., mentre non si è costituito il Comune di Nicosia. L'Agenzia delle entrate non è stata evocata in giudizio.
Motivazione
Preliminare è l'esame del sesto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denuncia la formazione del giudicato sulla questione di giurisdizione, avendo il giudice di prime cure (con il ritenere inammissibile per tardività il ricorso originario) affermato implicitamente la propria giurisdizione senza che la sentenza fosse sul punto appellata, in via incidentale, dalla costituita Serit Sicilia.
Il motivo è fondato alla luce dell'orientamento di questa Corte secondo cui “allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trattandosi di parte vittoriosa; diversamente, l'esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione” (Cass. SU n. 2067 del 2011; nello stesso senso Cass. SU n. 5704 del 2012). Quindi, la sentenza impugnata sul punto deve essere cassata.
Ritenuto formatosi il giudicato implicito sulla giurisdizione, possono essere esaminati gli ulteriori motivi di ricorso a partire dal secondo, che riguarda indistintamente la pretesa tributaria e quella connessa alle violazioni del codice della strada. Con tale censura il ricorrente deduce la decadenza del potere di riscossione, in quanto la cartella non sarebbe stata notificata, come avrebbe imposto l'art. 1, comma 148, L. n. 244 del 2007, nei cinque mesi successivi alla consegna dei ruoli. La consegna di quest'ultimi sarebbe avvenuta il 20 novembre 2006, per la pretesa tributaria, e il 27 novembre 2006, per la pretesa connessa alle violazioni del codice della strada.
Il motivo non è fondato. Vero è che l'art. 1, comma 146, L. n. 244 del 2007 ha disposto la riduzione a "cinque mesi dalla consegna del ruolo" del termine per la notifica della cartella, ma tale disposizione, ai sensi dell'art. 1, comma 148 della medesima legge, trova applicazione solo per i “ruoli consegnati all'agente per la riscossione a decorrere dal 1 aprile 2008”, fattispecie, quindi estranea al caso in esame, per il quale la consegna dei ruoli è avvenuta pacificamente nell'anno 2006.
Successivamente devono essere esaminati due motivi di ricorso, il quarto e il quinto, che concernono, rispettivamente, la contestazione della pretesa tributaria e la contestazione della pretesa connessa alle violazioni del codice della strada.
Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia una supposta violazione dell'art. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973 in relazione al mancato previo invito al pagamento previsto dall'art. 6, comma 5, L. n. 212 del 2000, che il ricorrente medesimo assume essere presupposto di legittimità dell'iscrizione a ruolo.
Il motivo non è fondato. Questa Corte ha affermato che “in tema di riscossione delle imposte, l'art. 6, comma quinto, della legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l'obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest'ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso” (Cass. n. 8342 del 2012). È erronea, pertanto, la prospettiva esegetica sostenuta dal ricorrente, il quale - peraltro, senza nemmeno indicare quali "incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione" sussistessero nel caso di specie - vede nell'invito al pagamento ai sensi del citato art. 6 un elemento necessario ed imprescindibile della procedura.
Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia una supposta violazione dell'art. 139 c.p.c. e vizio di motivazione in ordine alla mancata notifica di sedici dei verbali di contravvenzioni a regole del codice della strada elencati nell'impugnata cartella.
Il motivo non è fondato. Lo stesso ricorrente afferma che la maggior parte delle notifiche è stata eseguita a mani della sig.ra Giuseppa Spallina, qualificatasi moglie "convivente". Orbene questa Corte ha già avuto modo di precisare che “in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, la consegna del piego a persona di famiglia, convivente con il destinatario nel luogo indicato sulla busta contenente l'atto da notificare, fa presumere che in quel luogo si trovino la residenza effettiva, la dimora o il domicilio del destinatario, con la conseguenza che quest'ultimo, qualora intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di ottenere la dichiarazione di nullità della notifica, ha l'onere di fornire idonea prova contraria. Tale prova, peraltro, non può essere fornita mediante la produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza diversa dal luogo in cui è stata effettuata la notifica, in quanto siffatte risultanze, aventi valore meramente dichiarativo, offrono a loro volta una mera presunzione, superabile alla stregua di altri elementi idonei ad evidenziare, in concreto, una diversa ubicazione della residenza effettiva del destinatario, presso la quale, pertanto, la notificazione è validamente eseguita, ed il cui accertamento da parte del giudice di merito non è censurabile in sede di legittimità, se non per vizi della relativa motivazione” (Cass. n. 24852 del 2006).
Nessuna prova il ricorrente ha offerto e dedotto in ordine alla cessata convivenza con la moglie e alla decorrenza della supposta cessazione: né la certificazione anagrafica di residenza, né le bollette relative alle forniture di servizi, né, come correttamente osserva la sentenza impugnata, la eventuale testimonianza dell'amministratore di condominio in ordine alla residenza del ricorrente, possono costituire idonea prova della cessazione della convivenza e, quindi, della inidoneità della notifica eseguita a determinare la conoscenza dell'atto notificato da parte del destinatario. A quest'ultimo, peraltro, come rileva il giudice d'appello, nello stesso luogo risultano notificati direttamente quattro dei contestati verbali, a riprova della assoluta insufficienza degli e-lementi probatori addotti per confutare la sussistenza del requisito della convivenza con la moglie che aveva ricevuto gli altri verbali. Restano da valutare il primo ed il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione logica, in quanto attengono entrambi, sebbene sotto profili diversi, alla questione relativa alla mancata qualificazione della domanda.
Premesso che la sentenza, come si ricava dall'analitica motivazione, risponde a tutte le domanda proposte dalle parti, deve esser rilevato che le censure sono inammissibili per genericità e carenza di interesse. La qualificazione dell'azione come opposizione all'esecuzione non poteva avere alcuna conseguenza in ordine alla declinatoria di giurisdizione, in quanto, relativamente ai debiti tributari, l'opposizione alle cartelle esattoriali (che non sono atti dell'esecuzione tributaria per espressa previsione degli artt. 2 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992) appartiene alla competenza del giudice tributario. La medesima qualificazione non avrebbe modificato, per quanto concerne il debito per le violazioni del codice della strada, la situazione in ordine al termine per proporre l'opposizione, avendo il Tribunale già ritenuto, su altre basi, l'ammissibilità del ricorso originario. Quanto alla questione della ripartizione di competenza tra Giudice di Pace e Tribunale è questione del tutto nuova, adombrata per la prima volta in sede di legittimità e, pertanto, del pari inammissibile.
Deve essere, quindi, accolto il sesto motivo di ricorso, rigettati i restanti. La sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente al capo concernente la declinatoria di giurisdizione a favore del giudice tributario, stante l'intervenuto giudicato sulla questione di giurisdizione. L'ancipite conclusione del giudizio giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il sesto motivo di ricorso, rigettati i restanti. Cassa la sentenza impugnata limitatamente alla affermata giurisdizione del giudice tributario. Compensa le spese.
01-11-2013 09:10
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