Emissione di fatture per operazioni inesistenti: sequestro per equivalente.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 settembre – 17 ottobre 2013, n. 42641
Presidente Teresi – Relatore Amoresano
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Pistoia, con ordinanza in data 16.4.2013, in parziale accoglimento dell'appello proposto da A.A. avverso il provvedimento del Giudice del dibattimento del Tribunale di Pistoia del 25.3.2013, disponeva il mantenimento del sequestro preventivo sulla quota del 50% dell'unità immobiliare sita in (omissis) , nella disponibilità del medesimo A. , soltanto fino alla concorrenza del valore di Euro 113.658,72.
Assumeva il Tribunale che il GIP in data 25.8.2010 aveva emesso decreto di sequestro preventivo ipotizzandosi a carico dell'A. il reato di cui all'art.8 D.L.vo 74/2000 per avere, quale legale rappresentante della "Finestre e Finestre srl", emesso fatture per operazioni inesistenti a favore della PB Group srl., e che il Giudice del dibattimento, in data 25.3.2013, aveva rigettato l'istanza di revoca di detto sequestro.
Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, riteneva il Tribunale che, in applicazione del principio solidaristico, il sequestro potesse riguardare, anche per l'intero profitto accertato, ciascuno dei concorrenti nel reato. E che tale principio fosse applicabile anche alla fattispecie in esame, trattandosi di reati strettamente connessi.
Il sequestro era stato, pertanto, legittimamente disposto dal GIP in relazione a beni nella disponibilità dell'A. a garanzia del credito vantato dall'Erario per evasione dell'iva da parte della BP Group srl sulla base proprio dell'utilizzazione di false fatture emesse dal ricorrente quale legale rappresentante della società Finestre e Finestre srl.
Peraltro l'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 2 cit. costituito dal dolo specifico di favorire l'evasione di terzi non escludeva che la società cartiera potesse direttamente trarre un indebito profitto dall'operazione (collegato alla omessa iva dovuta).
Pur dovendosi mantenere il sequestro preventivo sui beni del ricorrente, esso andava limitato fino alla concorrenza della residua imposta dovuta.
2. Ricorre per cassazione A.A. , a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 321 e ss. C.p.p., 11 L. 146/2006, 322 ter c.p., 9 D.L.vo 74/2000.
I principi affermati dalla Suprema Corte in relazione alla possibilità di disporre il sequestro, anche per l'intero, nei confronti di ciascuno dei concorrenti nel reato, non possono trovare applicazione nel caso di specie. Non si verte, invero, in una ipotesi di concorso nel medesimo reato ex art. 110 c.p.: il ricorrente risponde del reato di cui all'art.8 D.L.vo n.74/2000, mentre il V. , che, secondo l'ipotesi accusatoria, ha conseguito l'ingiusto profitto per effetto dell'utilizzazione delle fatture emesse dall'A. , risponde del reato di cui all'art. 2 D.L.vo cit. Anzi l'ipotizzabilità del concorso tra l'emittente le fatture e l'utilizzatore delle stesse è espressamente esclusa dall'art.9 stesso D.L.vo.
Non potendo l'A. essere punito a titolo di concorso per il reato di cui all'art.2 non potrà subire alcuna conseguenza sanzionatoria in relazione a tale reato. Il sequestro disposto nei suoi confronti è pertanto illegittimo.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte "di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l'individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato (entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso), non essendo esso ricollegato, per quello che emerge allo stato degli atti, all'arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi (cfr. Cass. sez. 2, 14/6/2006 n. 31989, Troso; 20/9/2007 n. 38599, Angelucci; tra i correi del profitto conseguito. Sul punto si registra un orientamento giurisprudenziale solo apparentemente contrastante, secondo cui, in caso di pluralità di indagati, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non puo' eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di profitto del reato a lui attribuibile, sempre che tale quota sia individuata o risulti chiaramente individuabile (cfr. Cass. sez. 6, 23/6/2006 n 25877-sez 6, 5/6/2007 n. 31690; sez. 6, 14/6/2007 n. 30966). È chiaro quindi che, ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d'individuare allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, li sequestro preventivo deve essere disposto per l'intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti".
2.1. È altrettanto vero, però, che l'art.9 D.L.vo 74/2000 stabilisce che "In deroga all'art. 110 del codice penale: a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 2; b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 8". La condotta posta in essere dai soggetto che emette le fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lvo 74/2000) e quella di chi si avvale di dette fatture (art. 2 D.Lvo 74/2000) sono "autonome" e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo (il concorso nel reato è anzi espressamente escluso dal legislatore). Sicché non può trovare applicazione il principio solidaristico (con conseguente irrilevanza del riparto tra i correi del profitto conseguito) affermato dalle Sezioni Unite.
3. Dalla motivazione dell'ordinanza impugnata non risulta ben chiaro a quale titolo ed in relazione a quale condotta illecita sia stato emesso il provvedimento di sequestro nei confronti dell'A. .
Dopo aver fatto riferimento al profitto conseguito dal soggetto (PB Group srl) che ha utilizzato le fatture per operazioni inesistenti, il Tribunale ipotizza anche che la "società cartiera possa direttamente ed in via autonoma trarre un indebito profitto dall'operazione, quale ad esempio, quello collegato alla omessa Iva dovuta".
Inoltre, il provvedimento del Tribunale, in composizione monocratica, emesso in data 25.3.2013 (impugnato davanti al Tribunale della libertà), nel dare atto che già con provvedimento dei 10-12 novembre 2012 era stato ridotto il sequestro "fino alla concorrenza della somma di Euro 113.685,72, rigettava la richiesta di revoca assumendo che “all'imputato A. , però, è stata contestata anche l'emissione di fatture per operazioni inesistenti utilizzate da soggetti diversi da P.B. Group srl, che hanno generato un debito tributario ulteriore e diverso rispetto a quello garantito dai beni di V.A. , estraneo alla commissione di questa parte di reato".
4. L'ordinanza impugnata va, pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Pistola.
19-10-2013 11:16
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