Classamento dell’immobile: il Fisco ha l’onere della prova.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 21 marzo - 20 giugno 2013, n. 15495
Presidente Iacobellis – Relatore Caracciolo
Fatto e diritto
Ritenuto che:
- Che la CTR di Aosta ha respinto l'appello di M.P.P. -appello proposto contro la sentenza n.49-03-2008 della CTP di Aosta che aveva già respinto il ricorso del contribuente- ed ha cosi confermato l'avviso di accertamento per rettifica del classamento di una unità immobiliare sita in Aosta, in variazione della proposta fatta dalla parte contribuente a mezzo della procedura DOCFA a seguito dell'effettuazione di lavori di ristrutturazione: a fronte della proposta del seguente classamento: cat.A/2; cl.2; cons.6,5 l'Agenzia aveva accertato il classamento nei termini che seguono: cat. A/1; cl.2 cons.6,5;
- che la predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che un siffatto avviso trova "sufficiente motivazione nell'indicazione da parte dell'Ufficio degli elementi tecnici relativi alla categoria ed alla classe conseguentemente assegnata", così che il contribuente aveva avuto la possibilità di verificare la correttezza della procedura di classamento; quest'ultimo, al contrario non aveva "prodotto elementi concreti idonei a giustificare eventuali deroghe al principio secondo il quale una diversa applicazione della categoria e della classe può essere ritenuta legittima solo nel caso che si dimostri che nella stessa zona censuaria siano presenti unità immobiliari della stessa tipologia dell'immobile in questione, collocate in una categoria o in una classe diversa";
- che il contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, mentre l'Agenzia del territorio si è difesa con controricorso;
- che il ricorso - ai sensi dell'art.380 bis cpc assegnato predetto relatore, componente della sezione di cui all'art.376 cpc- è idoneo ad essere definito ai sensi dell'art.375 cpc;
- che con il primo motivo di censura (improntato alla violazione e falsa applicazione di norme di legge, che nel corpo del motivo risultano identificate con l'art.7 comma 1 della legge n.212/2000) la parte ricorrente si duole del fatto che la sentenza impugnata ha attribuito sufficiente idoneità alla motivazione del provvedimento di rettifica della proposta di classamento consistente nella mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall'Ufficio e della classe conseguentemente attribuita all'immobile (per quanto questi siano elementi inidonei a consentire di intendere le ragioni della classificazione);
- che con il secondo motivo di censura (improntato al vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante, con la sua perplessa motivazione ("non sembra che il contribuente abbia prodotto elementi concreti idonei a giustificare eventuali deroghe....") abbia omesso di effettuare qualsivoglia valutazione degli elementi concreti addotti in giudizio in riferimento all'onere che compete all'Ufficio di dare adeguatamente conto (nel contesto di un provvedimento di natura valutativa quale quello di classamento) delle ragioni che lo hanno indotto ad effettuare la rettifica della proposta;
- che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti e che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
tanto premesso e ritenuto, la Corte osserva quanto di seguito:
Il primo motivo per ricorso per Cassazione, così come evidenziato dal relatore, non può ritenersi fondato.
La questione della adeguata motivazione del provvedimento di classamento ed attribuzione della rendita è stata molteplici volte risolta da questa Corte nel senso che essa può ritenersi correttamente esplicitata anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall'ufficio tecnico erariale e della classe conseguentemente attribuita all'immobile, trattandosi di dati idonei (specie allorquando il provvedimento costituisca l'atto terminale di una procedura di tipo fortemente partecipativo quale è la cd. DOCFA, che implica l'indicazione degli elementi fattuali rilevanti da parte dello stesso contribuente, dati che nella specie di causa costituiscono la base oggettiva dello stesso provvedimento di classamento, che si è limitato a farne difforme valutazione rispetto alla proposta) a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere il "petitum provvedimentale", sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie.
Ed infatti: "In tema di classamento di immobili, qualora l'attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dall'art. 2 del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75, e del d.m. 19 aprile 1994, n. 701 (cd. procedura DOCFA) ed in base ad una stima diretta eseguita dall'Ufficio (come accade per gl'immobili classificati nel gruppo catastale D), tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell'avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l'adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell'attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e comunque prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell'ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa....v. (Sez. 5, Sentenza n. 16824 del 21/07/2006; più di recente, in termini analoghi, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5404 del 04/04/2012).
Ciò detto, va posto convenientemente in risalto che il principio di diritto dianzi richiamato non può trovare contraddizione nella recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9629 del 13/06/2012; Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19820 del 13/11/2012) che fa precipuo riferimento alla procedura di "riclassamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria" (attivata per le specifiche ipotesi contemplate dai commi 335 e 336 della legge n.311 del 2004 ovvero dal comma 58 dell'art.3 della L. n. 662 del 1996, art. 3), nelle quali pronunce è stata appunto messa in risalto la specificità del procedimento volto ad attribuire un nuovo classamento per un immobile che ne sia già provvisto e per il quale si prospetti una sopravvenuta inadeguatezza, procedimento caratterizzato dall'impulso eminentemente officioso e connotato da peculiari presupposti e dettagliate procedure (differenziati per ciascuna delle varie causali "tipiche" normativamente previste) di cui non è possibile che non sia dato esplicito conto nel provvedimento terminale della procedura, onde consentire alla parte contribuente (che non vi ha preso parte attiva) "di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l'opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonché per impedire all'Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate".
E d'altronde, i necessari "distinguo" che precedono costituiscono il precipitato applicativo del generale principio secondo cui l'obbligo di motivazione degli atti tributari si atteggia diversamente a seconda della natura e della funzione che gli stessi hanno in base alle norme loro proprie: giacché, mentre in alcuni atti la funzione di prelievo fiscale viene esercitata in forme estremamente semplici e contratte, talvolta risolvendosi nella mera imposizione di una determinata disciplina, altri atti costituiscono, invece, l'espressione di una funzione di prelievo fiscale, articolata e complessa, per cui assumono una veste formale ed un contenuto specificamente regolato dalla legge (si veda, a tale proposito, Sez. 5, Sentenza n. 27758 del 16/12/2005).
Fondato deve ritenersi invece, in conformità alla proposta del relatore, il secondo motivo di ricorso.
Proprio in ragione delle premesse ricostruttive che sono state poste nel corso della disamina del motivo che precede (e perciò dell'attribuzione alla sede contenziosa della funzione di verifica dell'attendibilità concreta del cennato giudizio sintetico contenuto nel provvedimento di classamento, con la conseguente convalida della bontà delle ragioni oggetto della pretesa) va senz'altro condivisa la doglianza della parte contribuente che censura la pronuncia di secondo grado per avere il giudicante omesso di effettuare qualsivoglia valutazione degli elementi concreti addotti in giudizio, in riferimento all'onere che compete all'Ufficio di dare adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad effettuare la rettifica della proposta. Ed invero, l'indirizzo costantemente espresso da questa Corte, in riferimento alle controversie similari a quella qui in considerazione, attribuisce all'Ufficio l'onere di provare nel contraddittorio giurisdizionale con il contribuente gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto, salva comunque la facoltà del contribuente di assumere su di sé l'onere di dimostrare l'infondatezza della pretesa stessa avvalendosi dei criteri astratti utilizzabili per l'accertamento del classamento o del concreto raffronto con le unità immobiliari presenti nella stessa zona censuaria in cui è collocato l'immobile. In termini si vedano, per quanto il principio non sia esplicitato nelle massime, Sez. 5, Sentenza n. 5404 del 04/04/2012; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14379 del 30/06/2011; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4507 del 2009; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 333 del 11/01/2006; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12068 del 01/07/2004; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5717 del 05/05/2000; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4085 del 03/04/1992 (maggiore precisione si rinviene -invece- nelle massime che concernono altro genere di imposte, come l'INVIM o la tassa di registro, ma sempre in applicazione di principio del tutto omogeneo; per tutte Sez. 5, Sentenza n. 25624 del 01/12/2006). Sarebbe perciò spettato al giudice del merito, in sede di valutazione della fondatezza del provvedimento di accertamento impugnato, soffermarsi a verificare se la categoria e la classe attribuite all'immobile -con consequenziale fissazione della rendita- risultino adeguatamente sostenute dai dati indicati nella motivazione dell'atto, della cui sussistenza l'Ufficio era onerato di dare prova in giudizio, nel contraddittorio con il contribuente. Il giudicante invece ha inammissibilmente sovvertito i termini della ripartizione dell'onus probandi, finendo per attribuire al fallimento dell'onere liberamente assunto dal contribuente, di fornire la prova contraria a quella spettante sull'Ufficio, la chiave di volta del processo, così omettendo di rivolgere il proprio necessario apprezzamento in ordine agli elementi di fatto caratterizzanti la fattispecie processuale e cioè gli elementi fattuali propedeutici all'attribuzione della rendita e della classe accertate dall'Ufficio.
Né conta che l'Agenzia -nel proprio controricorso- abbia indicato (senza dettagliare modo e tempo di produzione della fonte di prova, in violazione del canone di autosufficienza) gli elementi fattuali ai quali assume che si sia ispirata nell'apprezzamento dei coefficienti catastali attribuiti, poiché -se questi elementi realmente siano stati in qualche modo acquisiti al processo- essi stessi sono -al contrario- indizio ulteriore dell'inidoneo esame effettuato dal giudicante delle fonti di prova offerte dalle parti.
Non resta che concludere che è da cassare la pronuncia del giudice di appello che non si è attenuto ai predetti principi, con la conseguente necessità di restituire la causa al medesimo giudice, in funzione di giudice del rinvio, affinchè riesamini la materia alla luce della corretta disciplina applicabile.
Le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Valle D'Aosta che, in diversa composizione, provvedere anche sulle spese di lite del presente grado.
26-06-2013 14:19
Richiedi una Consulenza