Per i debiti delle società di persone e per i soci accomandatari i soci sono sempre responsabili dei debiti tributari.
CORTE DI CASSAZIONE – ORDINANZA DEL 3 AGOSTO 2012, N. 14002
La Corte, ritenuto che, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. La CTR della Campania, con sentenza n. 293/5/06, depositata l'11.12.2006, confermando la decisione di primo grado, ha accolto l'impugnazione del Curatore del fallimento di (..), dichiarato con sentenza del Tribunale di ……… del 1988, avverso la cartella di pagamento recante l'iscrizione a ruolo per IVA, interessi ed accessori, per gli anni 1989-1992, relativa all'attività svolta dalla “(X) s.a.s. di (..)”, emessa nei confronti del (..), quale socio accomandatario e coobbligato di tale Società, poi dichiarata fallita con sentenza del 1994 del Tribunale di ……..
La CTR ha evidenziato che, a norma dell'art. 2382 c.c., il contribuente, a seguito del suo personale fallimento, era automaticamente decaduto dall'incarico ricoperto in ambito societario, circostanza che precludeva la nascita di alcun obbligo a suo carico.
L'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza nei confronti di (..), ritornato in bonis.
L'intimato non ha depositato controricorso.
2. Con l'unico motivo dedotto, la ricorrente denuncia: violazione e falsa applicazione dell'art. 2313 c.c., anche in relazione agli artt. 2288, 2290 e 2300 in riferimento all'art. 360, 1° co., n. 3 c.p.c., sottoponendo alla Corte il seguente quesito “dica la Suprema Corte se l'art. 2313 c.c. che prevede la responsabilità illimitata e solidale del socio accomandatario per le obbligazioni sociali, possa applicarsi anche nell'ipotesi in cui si sia verificata una causa di esclusione di diritto ex art. 2288 c.c., allorché lo scioglimento del rapporto associativo non sia in concreto verificato (per avere il socio continuato ad operare nella qualità di amministratore) e lo stesso non sia stato, comunque, portato a conoscenza dei terzi mediante l'iscrizione nel registro delle imprese o con altro mezzo”.
Il ricorso appare fondato.
Questa Corte ha affermato il condivisibile principio secondo cui la perdita della qualità di socio nella società di persone (in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della partecipazione) integrando modificazione dell'atto costitutivo della società (cfr. per la società in nome collettivo: art. 2295 c.c. ), è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese a pena di inopponibilità ai terzi, a meno che si provi che questi ne fossero a conoscenza (art. 2300 c.c. ).
Tale regime, applicabile alle società in accomandita in forza del richiamo di cui all'art. 2315 c.c., in forza del quale il socio di una società illimitatamente responsabile che (anteriore) in cui il terzo sia venuto a conoscenza della medesima, è di generale applicazione, non riscontrandosi alcuna disposizione di legge che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di origine negoziale con esclusione di quelle che trovano la loro fonte nella legge, quale, nella specie, l'obbligazione di versamento dell'IVA (cfr. Cass. n. 20447 del 2011; n. 2215 del 2006, in riferimento alle obbligazioni sociali sorte dopo la cessione della quota, da parte del socio illimitatamente responsabile, con la precisazione che l'adempimento dell'onere pubblicitario, quale fatto impeditivo di tale responsabilità, deve essere allegato e provato dal socio che opponga la cessione).
A tanto, va aggiunto che la responsabilità solidale ed illimitata del socio, prevista dall'art. 2291, co. 1, c.c., per i debiti delle società di persone, e per i soci accomandatari dall'art. 2313 c.c., opera, in assenza di espressa previsione derogativa, anche per i rapporti tributari, cosicché il socio, dopo l'iscrizione a ruolo a carico della società per un'imposta su di essa gravante, resta sottoposto all'esazione del debito (ancorché estraneo agli atti impositivi rivolti alla formazione del ruolo, cfr. Cass. n. 10093/03, 12022/06; 11228/2007).
3. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio;
- che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alla ricorrente;
- che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
- considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, sicché il ricorso va accolto e la sentenza va cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può esser decisa nel merito, col rigetto del ricorso del contribuente.
Considerato che le spese del giudizio di merito vanno compensate tra le parti, mentre quelle del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico dell'intimato, soccombente, e vanno liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa e decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente. Compensa tra le parti le spese del giudizio di merito e condanna l'intimato a pagare alla ricorrente quelle del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.000,00, oltre a spese prenotate a debito.
29-08-2012 23:52
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