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Sentenza

Il Comune puo' locare lo stadio comunale per manifestazioni sportive, ma non puo...
Il Comune puo' locare lo stadio comunale per manifestazioni sportive, ma non puo' detrarre l'IVA
Corte di Cassazione Sez. Tributaria - Sent. del 07.03.2012, n. 3513
Presidente Adamo - Relatore Virgilio

Ritenuto in fatto

1. Il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione, basato su due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Umbria indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l'appello dell'Ufficio, è stata confermata l'illegittimità dell'avviso di rettifica che era stato notificato al Comune di Perugia a titolo di IVA per l'anno 1997, avendo l'Ufficio disconosciuto, ai sensi dell'art. 19 ter del d.p.r. n. 633 del 1972, l'esercizio di attività commerciale da parte del Comune, con conseguente indetraibilità dell'imposta, in relazione alla costruzione e manutenzione di parcheggi (anche tramite una società di servizi a partecipazione comunale), nonché dello stadio comunale, e alla locazione dello stadio comunale alla società calcistica cittadina. la Corte ha affermato che: a) le distorsioni di concorrenza di una certa importanza che sarebbero provocate dal non assoggettamento degli enti di diritto pubblico operanti in quanto autorità pubbliche devono essere valutate con riferimento all'attività in questione, in quanto tale, senza che tale valutazione abbia per oggetto un mercato locale in particolare; b) il termine “provocherebbe”, ai sensi dell'art. 4, n. 5, secondo comma, cit. deve essere interpretato nel senso che prende in considerazione non soltanto la concorrenza attuale, ma anche la concorrenza potenziale, purché la possibilità per un operatore privato di entrare sul mercato rilevante sia effettiva e non meramente ipotetica (cioè non corroborata da alcun elemento di fatto, alcun indizio obiettivo o alcuna analisi del mercato); c) l'espressione “di una certa importanza”, di cui alla norma in esame, deve essere intesa nel senso che le distorsioni di concorrenza attuali o potenziali devono essere più che trascurabili (sentenza 16 settembre 2008, in causa C-288/07, cit.).
Alla stregua di detti principi, la sentenza impugnata si rivela immune da censure, dovendosi ritenere che il giudice a quo, nell'affermare che il Comune svolge le attività in questione in “posizione dominante e praticamente di monopolio”, “tale da indurre disturbo alla libera concorrenza”, abbia accertato l'effetto di storsi vo della concorrenza, attuale e potenziale (e non meramente ipotetica), provocato da tale situazione, e ne abbia tratto correttamente la conseguenza dell'assoggettamento ad IVA delle attività medesime, non assumendo di per sé rilievo in contrario il fatto che il risultato della distorsione della concorrenza non si presenti nella fattispecie come futuro ed eventuale, ma si sia già di fatto prodotto (perché ciò è proprio quel che la normativa comunitaria intende evitare).
2. Con il secondo motivo, l'Agenzia, denunciando ulteriore violazione degli artt. 4 e 19 ter del d.p.r. n. 633 del 1972 e dell'art. 4 della sesta direttiva, chiede, con riguardo alla locazione dello stadio comunale alla società calcistica cittadina, se da tali norme “discenda che l'attività di locazione svolta da un ente pubblico territoriale impiegando beni del proprio patrimonio non costituisce attività d'impresa rilevante agli effetti dell'applicazione dell'IVA (anche per quanto riguarda la detrazione dell'IVA scontata sugli acquisti ad essa inerenti), a meno che tale attività non sia svolta avvalendosi di un'organizzazione in forma di impresa; forma di organizzazione che non sussiste allorché l'ente si avvalga a tal fine dei propri normali uffici amministrativi”.
Premesso che dalla sentenza impugnata risulta che l'attività in questione non è svolta dal Comune in veste di pubblica autorità, il motivo è fondato.
Ai sensi dell'art. 4, primo comma, del d.p.r. n. 633 del 1972, nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica operata - con effetto dal 1 gennaio 1998 - dal d.lgs. n. 313 del 1997, per “esercizio di imprese” si intende “l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva”, delle attività commerciali di cui all'art. 2195 cod. civ., anche se non organizzate in forma d'impresa.
In merito al presupposto soggettivo di applicazione dell'imposta, il successivo quarto comma dell'art. 4 stabilisce che per gli enti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, tra i quali rientrano gli enti locali, si considerano effettuate nell'esercizio di imprese, e come tali sono incluse nel campo di applicazione dell'IVA, soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali.
Per quanto concerne, poi, la normativa comunitaria, è pur vero che essa prevede per l'IVA una sfera di applicazione molto ampia (l'art. 4 della citata sesta direttiva stabilisce, al n. 1, che si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al n. 2 e la nozione di “attività economica” è definita al detto n. 2 come comprendente “tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi”, con l'ulteriore precisazione che si considera in particolare attività economica “un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità”); tuttavia, l'art. 13, parte B, lettera b), della medesima direttiva prevede l'esenzione dall'IVA per le attività di “affitto e locazione di beni immobili” (con alcune eccezioni che qui non interessano) (per la normativa interna, v. l'art. 10, n. 8, del d.p.r. n. 633 del 1972).
3. In conclusione, va accolto il secondo motivo e rigettato il primo; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del Comune limitatamente alla parte in cui l'atto impugnato si riferisce all'IVA relativa alla locazione dello stadio comunale.
4. Sussistono giusti motivi, anche per la sostanziale novità della questione, per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio.

Il giudice di merito ha ritenuto, per quanto ancora qui rileva, che, ai sensi sia dell'art. 4 del d.p.r. n. 633 del 1972, sia dell'art. 4 della sesta direttiva CEE, l'attività di locazione di immobili, presupponendo l'esistenza di una organizzazione di mezzi e di uffici finalizzati allo svolgimento di una attività economica, realizza il presupposto soggettivo e da ciò consegue che i canoni di locazione debbono essere assoggettati ad IVA e ne seguono il regime ordinario; inoltre, in ordine alla gestione dei parcheggi e dei parcometri e alla gestione dello stadio, non esiste l'equivalenza “pubblica autorità uguale pubblico servizio”, poiché, secondo la citata sesta direttiva, gli enti pubblici, anche quando esplicano funzioni riconducibili a quelle esercitate da pubbliche autorità, qualora - come nella specie - assumono nel territorio una posizione dominante, e praticamente di monopolio, tale da indurre disturbo alla libera concorrenza, realizzano operazioni comunque configurabili come commerciali e quindi assoggettabili ad IVA.
2. Il Comune di Perugia resiste con controricorso, illustrato con memoria.

Considerato in diritto

1. Premesso che, contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, il ricorso è ammissibile sia sotto il profilo dell'autosufficienza che quanto alla formulazione dei quesiti di diritto, con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 19 ter del d.P.R. n, 633 del 1972 e degli artt. 4 e 5 (recte, 4, n. 5) della direttiva 77/388/CEE (sesta direttiva).
Formulano al riguardo il quesito di diritto se dal combinato disposto delle norme indicate “discenda che, allorquando un ente pubblico territoriale (come un comune) svolga propri compiti istituzionali, come la costruzione e gestione dei parcheggi sul suolo pubblico cittadino o dello stadio comunale, in condizione di monopolio di fatto poiché non vi è al riguardo alcuna concorrenza di imprenditori privati, esso non possa essere considerato soggetto passivo ai fini dell'IVA e pertanto non abbia diritto a detrarre l'imposta scontata sugli acquisti inerenti allo svolgimento di tali compiti”.
Il motivo è infondato.
La sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, 77/388/CEE (in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme), applicabile ratione temporis, prevede, all'art. 4, contenuto nel capo IV intitolato “Soggetti passivi”, al n. 5, che: “Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.
Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'allegato D quando esse non sono trascurabili.
Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma degli articoli 13 o 28″.
La giurisprudenza della Corte di giustizia ha, in proposito, espresso i seguenti principi.
Premesso che l'art. 4, n, 1 e n. 2, della sesta direttiva prevede per l'IVA una sfera di applicazione molto ampia, il n. 5 contempla una deroga per le attività esercitate da un ente di diritto pubblico in veste di autorità pubblica e concerne principalmente le attività che, pur essendo di natura economica, sono strettamente connesse all'uso di prerogative di pubblico potere; il non assoggettamento all'IVA per tali attività non ha, quindi, potenzialmente effetti anticoncorrenziali, in quanto esse sono generalmente esercitate in via esclusiva o quasi esclusiva. Tuttavia, può accadere che quelle stesse attività possono del pari essere parallelamente esercitate da operatori privati, per cui il non assoggettamento all'imposta dell'ente pubblico può avere come risultato il verificarsi di distorsioni della concorrenza di una certa importanza (a parte quelle elencate nel'allegato D, per le quali vi è una presunzione di tale effetto distorsivo, a meno che non siano “trascurabili”) (cfr. sentenza 17 ottobre 1989, in cause riunite 231/87 e 129/88, Comune di Carpaneto Piacentino e a.; sentenza 16 settembre 2008, in causa C-288/07, Isle of Wight Council e a.).
Ciò premesso la Corte ha affermato che: a) le distorsioni di concorrenza di una certa importanza che sarebbero provocate dal non assoggettamento degli enti di diritto pubblico operanti in quanto autorità pubbliche devono essere valutate con riferimento all'attività in questione, in quanto tale, senza che tale valutazione abbia per oggetto un mercato locale in particolare; b) il termine “provocherebbe”, ai sensi dell'art. 4, n. 5, secondo comma, cit. deve essere interpretato nel senso che prende in considerazione non soltanto la concorrenza attuale, ma anche la concorrenza potenziale, purché la possibilità per un operatore privato di entrare sul mercato rilevante sia effettiva e non meramente ipotetica (cioè non corroborata da alcun elemento di fatto, alcun indizio obiettivo o alcuna analisi del mercato); c) l'espressione “di una certa importanza”, di cui alla norma in esame, deve essere intesa nel senso che le distorsioni di concorrenza attuali o potenziali devono essere più che trascurabili (sentenza 16 settembre 2008, in causa C-288/07, cit.).
Alla stregua di detti principi, la sentenza impugnata si rivela immune da censure, dovendosi ritenere che il giudice a quo, nell'affermare che il Comune svolge le attività in questione in “posizione dominante e praticamente di monopolio”, “tale da indurre disturbo alla libera concorrenza”, abbia accertato l'effetto di storsi vo della concorrenza, attuale e potenziale (e non meramente ipotetica), provocato da tale situazione, e ne abbia tratto correttamente la conseguenza dell'assoggettamento ad IVA delle attività medesime, non assumendo di per sé rilievo in contrario il fatto che il risultato della distorsione della concorrenza non si presenti nella fattispecie come futuro ed eventuale, ma si sia già di fatto prodotto (perché ciò è proprio quel che la normativa comunitaria intende evitare).
2. Con il secondo motivo, l'Agenzia, denunciando ulteriore violazione degli artt. 4 e 19 ter del d.p.r. n. 633 del 1972 e dell'art. 4 della sesta direttiva, chiede, con riguardo alla locazione dello stadio comunale alla società calcistica cittadina, se da tali norme “discenda che l'attività di locazione svolta da un ente pubblico territoriale impiegando beni del proprio patrimonio non costituisce attività d'impresa rilevante agli effetti dell'applicazione dell'IVA (anche per quanto riguarda la detrazione dell'IVA scontata sugli acquisti ad essa inerenti), a meno che tale attività non sia svolta avvalendosi di un'organizzazione in forma di impresa; forma di organizzazione che non sussiste allorché l'ente si avvalga a tal fine dei propri normali uffici amministrativi”.
Premesso che dalla sentenza impugnata risulta che l'attività in questione non è svolta dal Comune in veste di pubblica autorità, il motivo è fondato.
Ai sensi dell'art. 4, primo comma, del d.p.r. n. 633 del 1972, nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica operata - con effetto dal 1 gennaio 1998 - dal d.lgs. n. 313 del 1997, per “esercizio di imprese” si intende “l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva”, delle attività commerciali di cui all'art. 2195 cod. civ., anche se non organizzate in forma d'impresa.
In merito al presupposto soggettivo di applicazione dell'imposta, il successivo quarto comma dell'art. 4 stabilisce che per gli enti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, tra i quali rientrano gli enti locali, si considerano effettuate nell'esercizio di imprese, e come tali sono incluse nel campo di applicazione dell'IVA, soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali.
Per quanto concerne, poi, la normativa comunitaria, è pur vero che essa prevede per l'IVA una sfera di applicazione molto ampia (l'art. 4 della citata sesta direttiva stabilisce, al n. 1, che si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al n. 2 e la nozione di “attività economica” è definita al detto n. 2 come comprendente “tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi”, con l'ulteriore precisazione che si considera in particolare attività economica “un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità”); tuttavia, l'art. 13, parte B, lettera b), della medesima direttiva prevede l'esenzione dall'IVA per le attività di “affitto e locazione di beni immobili” (con alcune eccezioni che qui non interessano) (per la normativa interna, v. l'art. 10, n. 8, del d.p.r. n. 633 del 1972).
3. In conclusione, va accolto il secondo motivo e rigettato il primo; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del Comune limitatamente alla parte in cui l'atto impugnato si riferisce all'IVA relativa alla locazione dello stadio comunale.
4. Sussistono giusti motivi, anche per la sostanziale novità della questione, per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del Comune avverso l'atto di rettifica nella parte in cui si riferisce all'IVA sulla locazione dello stadio comunale.
Compensa le spese dell'intero giudizio.

 

Depositata in Cancelleria il 07.03.2012
Avv. Antonino Sugamele

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