Irap. Liberi professioni operano con autonoma organizzazione struttura propria anche di modesta entità l’Irap si paga
Corte di Cassazione Sez. Tributaria - Sent. del 27.09.2011, n. 19688
Svolgimento del processo
L'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio n. 27/38/05, depositata l'11 aprile 2005, con la quale, accogliendo l'appello dei contribuenti contro quella di primo grado, veniva riconosciuta la pretesa di B.A., Bi.An. ed B.E., circa il rimborso dell'Irap pagata per gli anni 1998 e 2000, per le rispettive libere professioni di ragioniere economista d'azienda, avvocato e ragioniere commercialista, e per le quali avevano presentato istanza di rimborso dell'Irap pagata, i primi due per il 1999 e 2000, e la terza per tale secondo anno. In particolare il giudice di appello affermava che nel caso in specie non era dato riscontrare un'attività autonoma svolta con organizzazione da parte di ciascun contribuente. Essi resistono con separati controricorsi.
Motivi della decisione
1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che A. ed An. avevano lamentato soltanto l'incostituzionalità delle norme relative alla disciplina dell'imposta in questione nei ricorsi introduttivi per l'anno 1999, mentre avevano ampliato il “thema decidendum” in un secondo tempo mediante la produzione di memoria, sicché giustamente la CTP non aveva preso in considerazione la relativa questione, trattandosi di motivo nuovo, con la conseguenza che il giudice di appello doveva rilevarne l'inammissibilità.
Il motivo è inammissibile, giacche la ricorrente non ha indicato se, dove, come e quando avrebbe dedotto la questione al giudice di secondo grado, e in caso positivo senza averne riprodotto il contenuto, sicché essa appare si all'evidenza affetta contestualmente da genericità e novità.
2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione dell'art. 52 D.lgs. n. 546/92, giacché la CTR non considerava che Bi.An. ed B.E. censuravano le sentenze del primo giudice col solo ribadire le doglianze indicate nei rispettivi ricorsi introduttivi, senza tuttavia criticare espressamente i punti precisi delle decisioni gravate.
Anche tale censura è affetta da genericità, poiché la ricorrente non ha riprodotto i tratti salienti dei ricorsi in appello di tali contribuenti, con la conseguenza perciò che pure tale motivo è inammissibile.
3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poiché il giudice di appello non considerava che i contribuenti sono dei liberi professionisti, che perciò operano con autonoma organizzazione, e quindi non in maniera subordinata o di collaborazione, né saltuaria od occasionale, bensì con struttura propria, ancorché di modesta entità, tale da costituire la base reale dell'imposizione specifica, e ciò anche prescindendo dal reddito finale.
La doglianza va condivisa. La CTR osservava che non era dato riscontrare la presenza di un'autonoma organizzazione nei confronti dei professionisti di che trattasi, posto che invece si trattava di attività svolta con un assetto organizzativo di rilievo minimale, che quindi non consentiva di ravvisare gli elementi sufficienti per farne scaturire la tassazione, anche perché “l'elemento organizzativo di regola non è riscontrabile nell'attività di lavoro autonomo”.
L'assunto non è esatto, se si considera che in realtà per l'Irap è necessaria la presenza di una struttura che costituisca un di più rispetto agli elementi minimi richiesti per l'esercizio dell'attività professionale, la quale, in mancanza di essi, costituisce l'unico dato che è fonte del reddito derivatone. Ciò posto, tuttavia va osservato che in tema di IRAP l'applicazione dell'imposta è esclusa soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Infatti il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b)impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni, e che tuttavia non era stato assolto nel caso in esame dai B. (Cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenza n. 12108 del 26/05/2009, Sent. n. 3673 del 2007).
4) Col quarto motivo la ricorrente denunzia violazione di legge, in quanto il giudice di secondo grado, pur riconoscendo la sussistenza di un'organizzazione sia pur modesta, tuttavia negava la imponibilità ai fini Irap.
Il motivo rimane assorbito dal precedente.
5) Col quinto motivo la ricorrente denunzia vizi di motivazione, giacche la CTR non considerava che i contribuenti non avevano fornito alcuna prova del loro assunto, nemmeno per iscritto; non avevano descritto gli studi professionali gestiti; inoltre An. poteva anche condurre una struttura durante il tirocinio forense nel 1999.
La censura sostanzialmente ricalca le doglianze dei motivi precedenti, da cui perciò rimane assorbita, dovendosi piuttosto comunque dare rilevo all'aspetto organizzativo dell'attività ai fini dell'imposta in argomento, che nella specie doveva ravvisarsi, trattando di lavoro autonomo svolto contestualmente dai tre professionisti.
Alla luce delle suindicate considerazioni, la sentenza impugnata non appare motivata in modo corretto, con la conseguenza che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al terzo motivo, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384, comma 2 cpc., e rigetto dei ricorsi introduttivi.
Quanto alle spese dell'intero giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle.
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta i ricorsi introduttivi, e compensa le spese dell'intero giudizio.
Depositata in Cancelleria il 27.09.2011
04-10-2011 00:00
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